Aumento della povertà, dispersione scolastica, povertà educativa. Il panorama italiano visto con gli occhi dei bambini è fatto di tante parti grigie e molte nere. “Il mondo non è a misura di bambino”, osserva Daniela Fatarella, nuova direttrice generale di Save the children in Italia dal prossimo 1 gennaio. La prima volta di una donna al vertice dell’associazione nel nostro Paese. Oggi, per altro, Save the children sarà alla Fondazione Feltrinelli per l’evento “Investire nei diritti dell’infanzia crea valore”, un’iniziativa organizzata nell’ambito delle celebrazioni dei 30 anni della Convenzione sui Diritti dell’infanzia, per riflettere sul ruolo delle aziende nella promozione di uno sviluppo sostenibile, con particolare attenzione ai diritti dei bambini.
Fatarella a gennaio erediterà una situazione complessa in un momento di forti incertezze politiche a livello internazionale ed economiche in Italia. “Abbiamo da poco pubblicato l’Atlante dell’Infanzia a rischio da cui emerge un quadro davvero pesante. Negli ultimi dieci anni il numero dei minori che vivono in povertà assoluta, senza i beni indispensabili per condurre una vita accettabile, è più che triplicato (passando dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018): oggi sono oltre 1,2 milioni, uno ogni 10. Dal 2008 ad oggi la situazione è andata peggiorando anche a causa del taglio trasversale su politiche sociali, che ha avuto un effetto a pioggia sul sistema scolastico e sul welfare” spiega la neo direttrice generale. Solo nel 2018, secondo il report, 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno dovuto beneficiare di pacchi alimentari. La povertà dei minori si riflette anche sulle difficili condizioni abitative in cui molti di loro sono costretti: in un Paese in cui circa 2 milioni di appartamenti rimangono sfitti e inutilizzati, negli anni della crisi il 14% dei minori ha patito condizioni di grave disagio abitativo.
In Italia, circa 500.000 bambini e ragazzi sotto i 15 anni (il 6% della popolazione di riferimento) crescono in famiglie dove non si consuma regolarmente carne, pollo e pesce. E se guardiamo alla classifica dei Paesi europei con la percentuale maggiore di bambini che vivono senza riscaldamento, siamo al terzo posto con quasi 3 bambini ogni 10.
Alla povertà di natura “economica” si somma la povertà di natura educativa. Secondo l’OCSE l’Italia spende per l’istruzione e università circa il 3,6% del PIL quasi un punto e mezzo di PIL in meno della media OCSE pari al 5% (dati 2016).
“Il tempo perso sul fronte delle politiche scolastiche e educative si traduce ogni anno in centinaia di migliaia di bambini persi alla scuola, anni di studio buttati, ritardi scolastici e formativi, sentieri interrotti, capitale umano gettato alle ortiche” si legge nel report e Fatarella conferma: “Abbiamo una dispersione scolastica superiore alla media europea e lontana dall’obiettivo del 10%. In alcune regioni del Sud Italia arriva a superare addirittura il 20%. La dispersione scolastica ha come effetto poi quello di aumentare le disuguaglianze. Difficilmente, infatti, i ragazzi riusciranno con il tempo a recuperare il gap che hanno accumulato rispetto ai loro coetanei”.
Il gap parte però da lontano, fin dall’accesso al nido. Il panorama, fra 0-3 anni, appare molto frammentato e gravemente lacunoso nell’offerta educativa per la prima infanzia: ci sono enormi divari regionali in quanto a bambini presi in carico dai servizi finanziati dai comuni (25 bambini su 100 in Emilia Romagna, 2 su 100 in Calabria). Per altro dal 2012 ad oggi la spesa per i servizi per l’infanzia è andata prograssivamente calando, dopo una crescita nel quinquennio precedente, mettendo quindi uno stop al percorso verso standard europei. “La spinta che vogliamo dare è verso un maggiore accesso agli asili e alla mensa per tutti perché siamo in un Paese in cui continuano ad aumentare le disuguaglianze” spiega la neo direttrice generale di Save the children, aggiungendo: “L’asilo nido, in particolar modo, rappresenta una misura utile a contrastare la povertà educativa e le disuguaglianze sul nascere. L’accesso garantito a tutti equivarrebbe a dare a tutti la stessa spinta nella crescita. D’altra parte è proprio tra i 0 e 6 anni che si forma l’adulto di domani”.
Alla povertà scolastica si somma la povertà educativa. “La lotta alla povertà educativa per noi significa anche fornire stimoli extra scolastici come corsi di musica, sport, teatro ad esempio. Abbiamo la campagna “Illuminiamo il futuro”, che portiamo avanti attraverso 26 punti luce, centri polifunzionali ad alta densità educativa in territori difficili. Offriamo supporto scolastico dai 6 ai 18 anni, oltre a un’offerta formativa extra scolastica, per sviluppare non tanto il saper fare ma il saper essere, per dare ai ragazzi la consapevolezza di quello che valgono e di quali opportunità possono avere nel loro futuro” spiega Fatarella aggiungendo: “nei punti luce stringiamo un patto educativo con il bambino e l’adulto di riferimento. Ai ragazzi forniamo sostegni personalizzati che coprono esigenze pratiche dall’acquisto libri e mensa scolastica”.
Una debolezza nella debolezza è rappresentata dai bambini stranieri. Oggi i bambini e ragazzi in attesa di cittadinanza (malgrado in larga parte linguisticamente e culturalmente pienamente appartenenti alla comunità nazionale) sono più di 1 milione, e rappresentano il 10,6% del totale dei minorenni residenti, con un incremento di 3,7% punti percentuali rispetto al 2008. Un dato che nel momento che sta vivendo l’Italia a livello sociale, con la polarizzazione del dibattito sugli arrivi dal Mediterraneo, diventa più rilevante: “La maggior parte delle persone che intraprendono un viaggio, vorrebbero rimanere nel loro Paese. Nel momento in cui arrivano dopo un viaggio estenuante, dovrebbero trovare un percorso che li metta nelle condizioni di una situazione dignitosa” osserva Fatarella, che riguardo alla politica che sta attuando la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sottolinea: “E’ corretto che sia l’Europa ha disegnare una politica di migrazione perché non si può demandare ai Paesi di confini. In Italia, comunque, a ogni minore che arriva lo Stato deve garantire l’accoglienza, non può respingerlo”. E gli accordi di Dublino? “Noi lavoriamo da molti anni con altre organizzazioni perché siano rivisti gli accordi di Dublino, che ad oggi crea un sistema sbilanciato sui Paesi più di confine. Intanto la rotta del Mediterraneo è diventata sempre più pericolosa. Save the children ha avuto una nave dall’agosto 2016 fino al dicembre 2017, ed è stata una vera e propria operazione salvavita: in 18 mesi abbiamo salvato più di 10mila persone. Oggi abbiamo 4 centri diurni di servizi di base ai supporti di professionisti per il reinserimento per i minori: Roma, Milano, Torino e Palermo.