Dal campetto all’oro lo sport al femminile in Italia cambia volto

basket

Nel pomeriggio assolato il tum tum tum di una palla rompe il silenzio. Una ragazzetta palleggia fino al campetto e lì dopo un cenno del capo,lascia giù la sua palla e inizia a giocare con gli altri. Nel campo accanto una bimba in calzoncini cerca di scartare il compagno di classe e di andare in porta. Scene da un oratorio qualunque in un’Italia che sta cambiando, anche nello sport. E una parte importante del cambiamento sono le calciatrici scese in campo ai Mondiali di Francia, che a suon di gol e parole hanno aperto una breccia culturale profonda. Sono le ragazze d’oro della neve Sofia Goggia, Michela Moioli e Arianna Fontana che hanno trascinato l’Italia al dodicesimo posto alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang nel 2018 e poi hanno tirato la volata finale alla candidatura di Milano-Cortina per le Olimpiadi del 2026, sfoderando un ottimo inglese, un eloquio convincente e una capacità di coinvolgere che vanno al di là dei meriti sportivi. Ma a fare il cambiamento sono anche Nausicaa Dell’Orto, Manuela Furlan, Elisa Balsamo e Edwige Gwend che scelgono sport tradizionalmente “maschili” come il football americano, il rugby, ciclismo e il judo. Sono Paola Egonu, Simona Quadarella, Cristina Chirichella, che sono talenti in gara e icone di femminilità nella vita “in borghese”. Sono Francesca Dallapé che da mamma ritorna ad allenarsi perché non vuole chiudere con la maternità la sua carriera e punta a Tokyo 2019 e Giorgia Sottana, che sfida i pregiudizi, si mette in discussione e guida le azzurre del basket. E poi ci sono Arjola Trimi e Martina Caironi, che dimostrano come la disabilità possa non essere un limite ai propri sogni.

Il progetto Donne di Sport parte da qui, da queste campionesse che hanno molto di più da raccontare che le loro imprese sportive. Perché a scorrere le interviste di questo volume ci si scoprono le inquietudini dell’adolescenza, i legami con la famiglia, le sfide con se stesse, la forza dei sogni, la tenacia nel perseguire gli obiettivi, la capacità di rialzarsi, l’impegno nel fare squadra, la fragilità di fronte alle sconfitte, la consapevolezza che lo sport non basta e bisogna studiare per costruirsi un futuro. Perché prima o poi la carriera sportiva finisce, ma soprattutto perché le atlete in Italia (tutte anche le più famose) non sono professioniste, non hanno la previdenza e non hanno le tutele sanitarie. Ma anche in questo caso il cambiamento è iniziato e una novità in questo senso è attesa dalle deleghe attribuite al governo nell’ambito della Legge 86/2019, derivata da un disegno di legge del Governo collegato alla manovra di finanza pubblica. L’articolo 1 prevede il «sostegno alle azioni volte a promuovere e accrescere la partecipazione e la rappresentanza delle donne nello sport, garantendo la parità di genere nell’accesso alla pratica sportiva», ma non solo. L’articolo 5 fra i principi per la riforma sportiva indica «l’individuazione della figura del lavoratore sportivo, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell’attività sportiva svolta e senza distinzioni di genere». Un’occasione per fare la cosa giusta e dare una cornice a una realtà che già esiste, quella delle donne che come attività principale hanno lo sport.

Lo si deve anche a quelle bambine che stanno scoprendo l’adrenalina di una partita, la tensione di una gara e il pregiudizio degli altri di fronte a scelte coraggiose. Loro hanno bisogno di modelli a cui ispirarsi, poster da attaccare in cameretta e idoli da tifare dagli spalti. Queste donne di sport stanno regalando loro il sogno di un futuro possibile. E a noi esempi di vite straordinarie, di cui fare tesoro e a cui ispirarsi. Per questo le abbiamo raccontate: ce le siamo regalate e ve le regaliamo.


L’edizione 2019 di Donne di Sport è scaricabile gratuitamente sul sito del Sole 24 Ore, cliccando sulla copertina qui di seguito.

Sport_19_def