Non dovrebbe fare notizia, lo sappiamo. Eppure in questa Italia dove lavora meno di una donna su due e con un tasso di abbandono del mondo del lavoro al 25% dopo il primo figlio, un’assunzione a tempo indeterminato in gravidanza è assolutamente una notizia.
Ha ricevuto la proposta poco dopo aver comunicato in azienda di aspettare un bambino. E’ successo a Erika Doveri, ventinove anni, ingegnere edile di Capannoli, in provincia di Pisa. Una storia da raccontare, perché possa essere di esempio, perché possa far dire “Si può fare”.
Già lo scorso anno ad AlleyOop riportammo la storia di Giovanna Vaira che durante la gravidanza ricevette la promozione ad un incarico cui concorreva insieme ad un collega. Dunque vale la pena ribadire qualcosa che, ancora oggi, nel 2019, non è sempre scontato purtroppo.
Il 9 luglio è nato il piccolo Giorgio e già può contare su un stuolo di zie entusiaste, le colleghe di sua mamma che l’hanno accompagnata durante la gestazione e che sicuramente coccoleranno il nuovo arrivato. L’azienda è la Livith con sede a Martignana, frazione di Montespertoli, vicino Empoli, che si occupa di sicurezza negli ambienti di lavoro. Erika lavora in un ufficio quasi tutto al femminile, con personale altamente qualificato, età media trent’anni. La sua è la prima gravidanza in azienda, per cui non sapeva come sarebbe stata accolta la notizia. «Avrei concluso il mio tirocinio a fine maggio 2019 – racconta – e quando ho comunicato alla direttrice dell’ufficio tecnico Delia D’Arrigo che aspettavo un bambino, non ha avuto dubbi e mi ha subito proposto il contratto a tempo indeterminato per continuare a svolgere il progetto al quale stavo lavorando e perché sono una risorsa in organico. Devo dire che la notizia è stata una gran bella gratifica professionale».
Erika ha continuato a lavorare fino all’ottavo mese, svolgendo attività compatibili con la gravidanza e il clima intorno a lei è rimasto sereno e stimolante. Una serenità che ha contribuito ad arrivare al momento della nascita del piccolo senza ansie professionali sul post partum. Quante restano nel dubbio su che cosa succederà al rientro? E quante rimandano il progetto di una gravidanza per paura di perdere il posto di lavoro o sono messe in condizioni più sfavorevoli ?
«Mi sono sentita veramente fortunata – ammette Erika – so bene che questa opportunità che mi è stata data non è frequente negli ambienti di lavoro, dove, al contrario, la gravidanza viene vista come un elemento che rallenta e modifica la produttività. Io non ho avuto alcun problema, ho potuto lavorare senza fatica e ciò mi ha incoraggiato».
L’assunzione di Erika rappresenta un risvolto positivo anche sul fronte occupazionale. Il periodo di tirocinio è stato effettivamente utilizzato come periodo per valutare le capacità e le competenze di chi lavora, tanto da essere stato poi prontamente convertito in un contratto a tempo indeterminato. «La Toscana – ha affermato per l’occasione l’assessore regionale al ramo Cristina Grieco – come certificato da Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro), è la Regione che ha la maggior percentuale, oltre il 50 per cento, di tirocini che vengono trasformati in rapporti di lavoro. Questo, perché abbiamo deciso di puntare sulla qualità, siglando un protocollo con l’Ispettorato nazionale del Lavoro, per aumentare i controlli e contrastare l’uso distorto di questo strumento».
Una storia, come dicevamo, in controtendenza se si considera che, secondo gli ultimi dati pubblicati a dicembre dall’Ispettorato nazionale del lavoro, delle quasi 40 mila dimissioni registrate nel 2017 almeno 3 su 4 ha riguardato le mamme lavoratrici: 30.672 (pari al 77% delle 39.738 dimissioni totali, di cui una su 4 in Lombardia). Di queste la stragrande maggioranza (23.830) hanno un solo figlio o sono in attesa del primo.