Ospitalità diffusa: locale, digitale, ma soprattutto in mano a imprenditrici

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Si chiama “ospitalità diffusa” ed è un segmento del turismo relativamente recente in Italia che comprende alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale. Un’offerta che si affianca a bed and breakfast e agriturismi, ma che sostanzialmente utilizza il patrimonio delle seconde case inutilizzate, 5 milioni secondo gli ultimi dati Istat disponibili.

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Da sinistra in piedi Eugenia Rubini (Bologna), Roberta Marchesi (Como), Monica Pedrana (Bormio), Simona Gottschalk (Lecco), Veronica Mazzola (Bormio); sedute da sinistra Chiara Finotti (Langhe) e Giovanna Pecchia (Genova e Rapallo).

In questo panorama ha fatto capolino quattro anni fa Italianway, startup del settore turismo-hospitality, che gestisce oltre 500 immobili, e che ha chiuso il 2018 con un giro d’affari di 11 milioni di euro. La società ha lanciato il primo franchising di vacation rental e ha un obiettivo ambizioso: sviluppare un network di almeno 300 nuove imprese in tutta Italia specializzate negli affitti brevi, in grado di accogliere almeno 5 milioni di turisti l’anno in 20 mila abitazioni. Come? Attraverso l’utilizzo di Kalisi, un software sviluppato internamente che permette di gestire in maniera sistematica gli aspetti fiscali, burocratici, promozionali, gestionali (dalle prenotazioni alle pulizie all’accoglienza) delle location “messe in rete” dai proprety manager.

Il valore del progetto si aggira sui 200 milioni e solo alla Lombardia sono destinati 80 milioni di euro. “La Lombardia rappresenta da sola il 40% del valore del nostro progetto nazionale di ospitalità diffusa”, spiega l’amministratore delegato Marco Celani che aggiunge: “Siamo partiti con Milano, Lago di Garda, Bormio, Lago di Como e cerchiamo nuovi partner locali pronti a diventare imprenditori del turismo 4.0 in tutta la Regione”.

In Lombardia è stata particolarmente alta la risposta positiva di professioniste che hanno deciso mettersi in gioco diventando imprenditrici del turismo, un dato che si riflette anche a livello nazionale, dove la componente femminile dei partner di Italianway è più alta di quella maschile. In tanti casi, la motivazione è quella della valorizzazione del territorio in cui vivono. Ci sono storie come quella di Roberta Marchesi, 68 anni, nata nell’Alta Valle Intelvi tra Como e Lugano, laureata in lettere e insegnante per quarant’anni. Diventa sindaco di San Fedele Intelvi e dopo l’esperienza in amministrazione decide che è arrivato il momento di fare qualcosa di ancora più concreto per il suo territorio. “Il mio sogno – racconta – è che le giovani generazioni non siano costrette a lasciare il proprio territorio e i propri paesi d’origine della Valle Intelvi per andare a cercare fortuna nella vicina Svizzera. Penso che la chiave giusta per rilanciare l’economia locale si a un nuovo modo fare turismo”.

I viaggiatori, soprattutto quelli con una capacità di spesa medio alta che arrivano dall’estero, che sognano e cercano un vero turismo esperienziale sono tanti. La risposta più giusta per lei è moltiplicare la possibilità di offerta e per questo si forma per diventare imprenditrice dell’ospitalità diffusa e diventa ambassador di Italianway sul Lago di Como.

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Da sinistra in piedi Chiara Finotti (Langhe), Eugenia Rubini (Bologna), Simona Gottschalk (Lecco), Roberta Marchesi (Como), Marco Celani AD Italianway, Monica Pedrana e Veronica Mazzola (Bormio), Giovanna Pecchia (Genova e Rapallo).

A Italianway ha aderito da subito, nel 2014, Monica Pedrana, di Bormio, guida e accompagnatore turistico che alla seconda maternità decide di mettere alla prova il know-how acquisito in questi anni proprio nella sua terra di origine per diventare property manager e mettere a reddito le seconde case del territorio.
Veronica Mazzola, di origine comasche, dieci anni fa ha scelto come casa per sé e la sua famiglia l’Alta Valtellina. Ha maturato una decennale esperienza nel settore marketing in una struttura del territorio. “Amo e conosco profondamente il territorio Bormiese, per questo ho abbracciato questa nuova sfida con l’ambizione di valorizzare questa stupenda porzione di Alpi”, affema.

Più a Sud, in Liguria, Giovanna Pecchia, partner Golfo del Tigullio, originaria di Avellino, dopo esperienze di lavoro a Bruxelles e Milano ha deciso di trasferirsi in Liguria per rallentare i ritmi di lavoro di Milano “ma la verità e che con uno smartphone e internet l’ho replicato fronte mare. Accolgo clienti da ogni parte del mondo (Europa, anche Australia, Brasile, Russia, Thailandia, Cina…) e ho anche modo di mettere in pratica quello che studio e che ho sempre amato fare: capire le persone, soprattutto se parlano una lingua diversa dalla mia”. E poi c’è Chiara Finotti, partner Langhe, che insieme a Pierandrea, entrambi sommelier piemontesi, dopo anni si esperienza nel settore winery negli Stati Uniti, torna in Italia decisa a mettere in mostra con idee innovative, la bellezza della loro regione d’origine. Insomma, se un tempo si parlava di glocal, oggi nella declinazione 4.0 del turismo locale batte un cuore da imprenditrice.