«Sono architetto e mi sono laureata al Politecnico di Milano con Marco Zanuso in “Progettazione artistica per l’Industria”, corso antesignano della facoltà del design» racconta Luisa Bocchietto, classe 1960, architetto e designer, ex presidente ADI (Associazione per il Disegno Industriale) e presidente in carica WDO (World Design Organization). «Fra il 1979 e il 1983 la facoltà di architettura era un luogo abbastanza turbolento per via degli strascichi del 1968. In molti mi dicevano che non avrei imparato nulla, così oltre a frequentare architettura di giorno frequentavo contemporaneamente lo IED di sera. La laurea con Zanuso – che era stato anche uno dei protagonisti dell’ADI e che influirà su tante mie scelte successive – mi ha portato a realizzare un progetto di tesi che venne poi esposto alla Biennale del 1985: il Ponte dell’Accademia a Venezia». Dopo la laurea, la giovane architetta apre subito il proprio studio: «Uscita dall’università ero preparata per affrontare i progetti dal punto di vista compositivo ma mi mancavano tutta una serie di insegnamenti tecnici che mi sono trovata a imparare sulla mia pelle e su quella dei miei primi fiduciosi clienti. All’epoca inoltre in cantiere nessuno riusciva a chiamarmi “architetto” e si rivolgevamo a me con un meno professionale “signora”. Nel frattempo mi sono sposata e ho avuto dei figli che ho allattato, nei primi mesi, correndo fra un cantiere e l’altro. Naturalmente – ride – ho sempre partorito di sabato, sembrava programmato, in modo da avere la domenica davanti per potermi riprendere. In quel periodo non c’era nessun contributo per la maternità, fermarsi era impossibile perché i progetti in corso non potevano subire rallentamenti. L’inizio della professione è stata un’esperienza che mi ha messo a dura prova nel riuscire a bilanciare i fatti normali della vita di una donna con quelli professionali» confida Luisa.
«Quando ho iniziato a fare l’architetto non avevo contatti nel settore perché non avevo ereditato la professione a livello familiare. Così, quando è stata creata la provincia di Biella mi sono candidata per fare parte dell’Ordine degli Architetti della città per conoscere i miei colleghi e farmi conoscere. A sorpresa sono stata eletta presidente con grande appoggio, nonostante la giovane età. Così ho contribuito da zero alla sua creazione, confrontandomi ogni giorno con i problemi più istituzionali legati alla professione e alla sua tutela, un enorme arricchimento intellettuale. Ho avuto questo incarico per due mandati, durante i quali, tra le altre cose, ho promosso dei concorsi di architettura, tanto normali all’estero quanto poco supportati in Italia» spiega Luisa.
Terminato l’incarico, l’architetta si trova coinvolta, per motivi familiari, nella ristrutturazione della fabbrica biellese Serralunga, nel tentativo di trovare nuovi sbocchi per la produzione: «Negli anni ’80 il settore tessile entra in crisi, le produzioni vengono delocalizzate e bisogna individuare delle alternative. Pur continuando a fare il mio lavoro di architetto ho cercato per anni di trovare nuovi sbocchi per questa azienda che aveva al suo interno una tecnologia interessante importata dagli Stati Uniti, il rotazionale, che permetteva di realizzare dei grandi contenitori in plastica utilizzati per contenere il filato con dei costi molto bassi». Luisa si ingegna e intravede per il design delle opportunità per questo tipo di produzione: «Pensai a quel tempo di proporre subito questa tecnologia alla Kartell; in commissione di laurea oltre a Zanuso e Castiglioni c’era infatti anche Anna Castelli Ferrieri, la “Signora Kartell”, che io ammiravo moltissimo per il suo percorso di donna, architetto e designer».
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