Editing genetico e polli senza cervello: domande aperte

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Diecimila api: immaginiamo un tappeto di insetti morti in mezzo all’erba, accanto agli alveari. È quanto accaduto pochi giorni fa nel Veneto, a Musile. Una vera e propria strage. Secondo gli apicoltori la colpa sarebbe dei diserbanti velenosi utilizzati per le colture della zona, perchè avvelenano le api facendo loro perdere l’orientamento. Per capirne la implicazioni basti pensare che secondo la FAO circa il 70% delle colture che forniscono prodotti alimentari destinati all’uomo si riproduce grazie agli insetti.
Se è vero che il climate change è l’allarme più grave con cui dobbiamo fare i conti ormai a breve termine, è altrettanto vero che ci sono molti altri problemi che abbiamo tralasciato di studiare e governare, dovuti alla stessa smania e cecità con cui siamo diventati tutti degli alberi di natale della plastica ambulanti. Ma la ricerca di una soluzione può diventare essa stessa un problema?

Brian Gillis, un imprenditore in biotecnologia di san Francisco, sta studiando la possibilità di intervenire con un editing genetico sulle api, utilizzando il genoma delle cosiddette “api igieniche”, più resistenti all’attacco dei patogeni per via della pulizia ossessiva che si osserva nel loro comportamento. Il gene responsabile di tale comportamento non è stato ancora identificato, ma questa è solo una delle possibilità aperte da questo campo di studi nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento. In quei campi, ovvero, in cui l’ingerenza umana ha mostrato fino ad oggi tutta la sua ottusità nel sottovalutare le conseguenze delle proprie azioni. La domanda in gioco è: possiamo usare l’editing genetico per risolvere alcuni problemi che abbiamo creato noi stessi? Rendere più resistenti le piante? Rendere più pratico l’allevamento? Arrivare persino, secondo le ultime ipotesi, a eliminare il dolore dagli animali per liberarci dei problemi etici connessi all’allevamento intensivo?

Nel 2015 la Recombinetics nel Minnesota ha fatto nascere il primo vitello naturalmente senza corna. Questo ha consentito di evitare la dolorosa procedura della decornazione, e di rischiare che gli animali si ferissero fra loro negli spazi limitati degli allevamenti. Lo scorso marzo uno studente di filosofia della Oxford University ha vinto un premio di Practical Ethics per un saggio in cui parla di genetic disenhancement, depotenziamento genetico: la possibilità, cioè, di eliminare attraverso l’uso dell’editing genetico qualunque percezione del dolore negli animali destinati all’allevamento in batteria. Si tratta di una possibilità filosofica, al momento, ma che giustamente apre un dibattito (per la verità già aperto da anni nella comunità scientifica) sull’uso di questa pratica e i suoi sviluppi.

headless-chicken-solution-andre-ford-4“The headless chicken solution”: è il titolo di un’installazione artistica del 2012 di André Ford, che immaginò polli privi di cervello disposti in griglie e alimentati con dei macchinari, al solo scopo di diventare cibo. Privi di sensazioni, memoria, cognizione. Questo potrebbe (e sottolineo potrebbe) mettere la coscienza a posto a chi non mangia carne solo per l’idea della crudeltà verso gli animali, ma ciò non toglierebbe il fatto che il consumo eccessivo di carne in tutto il pianeta è tra i maggiori responsabili del riscaldamento globale. In ogni caso, queste sono elucubrazioni fantascientifiche che piacciono a noi che non frequentiamo le riviste scientifiche, ma che giustamente contribuiscono a pungolare chi di dovere a ricordare il binomio scienza e coscienza.

La buona notizia è che “chi di dovere” non trascura affatto il lato etico della faccenda. Ellen Jorgensen, biologa molecolare di New York e impegnata nella divulgazione scientifica di questa materia, in uno splendido Ted racconta che cos’è CRISPR, la tecnologia in questione: spiega che la grande attenzione mediatica ha dato luogo a un fraintendimento, per cui si pensa a CRISPR come a qualcosa di facile ed economico da realizzare. Lo è, nel vasto campo dell’ingegneria genetica rispetto ad altre pratiche, ma tutto è relativo e comunque siamo ben lontani dal poter fare quello che vogliamo con il DNA, e soprattutto dal conoscere le reali conseguenze a lungo termine. Per questo è importante il monito finale di Jorgensen:

“Molti scienziati hanno lavorato sodo per realizzare CRISPR, e la cosa interessante secondo me è che hanno ottenuto il sostegno della nostra società. Abbiamo un’infrastruttura che permette a delle persone di essere costantemente impegnate nella ricerca. Questo ci rende tutti inventori di CRISPR, ma anche suoi custodi. Siamo tutti responsabili. È importante che conosciate queste tecnologie, perchè solo in questo modo saremo in grado di guidarne lo sviluppo, il loro uso, ed essere sicuri di ottenere alla fine un risultato positivo. Sia per il pianeta che per noi”.