La prima volta che Ankiti Bose ha avuto l’intuizione per fondare la sua startup era in visita al mercato di Chatuchak a Bangokok. Una distesa sterminata di 15mila bancarelle che vendono qualsiasi cosa: t-shirt per pochi baht e gelato al cocco fatto al momento; ricambi per cellulare accanto a grandi cesti di spezie secche. Lei, analista in Sequoia India e da sempre appassionata di numeri, in quel caos al profumo di lemongrass ha realizzato che i venditori non avevano sufficienti opportunità per espandersi. Ci è voluta una festa a Bengalore, la capitale tecnologica dell’India, e una chiacchierata con un vicino di casa per arrivare a fondare la sua startup.
All’epoca Ankiti Bose aveva 23 anni e Dhruv Kapoor, ingegnere software, 24. Tra i due c’è sintonia e ambizioni in comune. I due lasciano i rispettivi lavori e con 30mila dollari di risparmi ciascuno fondano Zilingo, una piattaforma online che consente ai piccoli commercianti del settore moda nel Sud-Est asiatico di costruire economie di scala. Iniziano a sviluppare software e altri strumenti per consentire ai venditori di crescere, accedere alle fabbriche di Bangladesh e Vietnam, facilitare la spedizione transfrontaliera e la gestione dell’inventario. Dal 2018 Zilingo collabora anche con una società fintech per fornire capitale circolante ai piccoli venditori per l’acquisto di materie prime.
Oggi Zilingo è valutata quasi un miliardo di dollari. Nell’ultimo round di finanziamenti ha raccolto 226milioni e tra i suoi investitori ci sono anche Sequoia Capital (storica società di venture capital della Silicon Valley) e Temasek (il fondo sovrano di investimenti di Singapore).
Ankiti Bose oggi ha 27 anni ed è tra le più giovani amministratrici delegate a guidare una startup di queste dimensioni in Asia. Non solo. Le fondatrici di startup sono rare in tutto il mondo: su 239 piccole aziende innovative valutate sul miliardo solo 23 sono state fondate da donne (dati Pitchbook).
Ankiti Bose è una delle punte di diamante di una generazione che spesso vede il lavoro dei sogni proprio nel mondo della moda. Secondo PwC proprio la moda è l’aspirazione per il 61% dei Millennials (i nati tra il 1980 e il 1994 e che entro il 2020 saranno infatti il 50% della forza lavoro) e il 65% della Z Generation (nati tra il 1995 e il 2010).
I dati provengono dall’ “Osservatorio sulle prospettive e aspettative at work 2018” che PwC ha condotto su oltre 2.400 giovani delle due generazioni. Nella ricerca si indagano anche le aspettative e i motivi che spingono i giovani verso questo settore: la passione per il fashion per prima cosa ma anche i benefit lavorativi. Dopotutto molti di loro sono nati negli anni 90, proprio quando la moda era al massimo del suo splendore.
Una volta assunti le loro aspettative di carriera si concentrano su retribuzione e benefit (27% Millennials e 28%della GenZ), sviluppo professionale (26% per M e GZ) e stabilità lavorativa (22%M e 23% GZ). Insomma vogliono guadagnare, si impegnano per crescere e imparare, ma cercano anche una certa tranquillità.
Ma le aziende sono pronte ad accogliere in azienda le nuove generazioni?
Il fatto che siano cresciute in un ambiente digitale e che spesso, prima ancora di guidare, sapevano già navigare in rete è una caratteristica molto apprezzata dalle aziende ma l’assenza di skill tecnologiche più spiccate spaventa i Ceo italiani interpellati da PwC. E hanno ragione: da qui al 2020 mancheranno 135mila posti di lavoro nell’ICT. Le aziende invece evidenziano un vero e proprio scollamento tra il sistema formativo e le esigenze delle aziende. E quindi cercano di rispondere a questa sfida internamente con programmi di attrazione e formazione dei talenti; partnership con università per organizzazione di master specifici; academy interne.
Il perfetto mix per i manager del futuro sarà tra skill tecnologiche e intelligenza emotiva. Perché capacità di lavorare in team, proattività e passione per il settore non passeranno mai “di moda”. E queste soft skill saranno ancora più necessarie per decidere e agire in un contesto reso ancora più volatile dalla tecnologia. E non si parla solo di fashion.