Erano gli anni ’60. Al Nord non c’era nemmeno bisogno del diploma per trovare lavoro o aprire un’azienda. Al Sud i genitori investivano in cultura e facevano finire le superiori ai figli per vederli partire per il Nord. Il sogno era il posto fisso in una delle grande aziende del Settentrione, da Olivetti all’Alfa Romeo. Una serie di colloqui e qualche test e poi via, il lavoro della vita. Oppure i concorsoni per la pubblica amministrazione e l’assegnazione all’ufficio di un paese da cercare sulla cartina. Presto o tardi ci si arrivava e poi il mutuo e il matrimonio in chiesa, i figli, l’orario di lavoro fisso e le lotte sindacali. Le leggi, quelle che hanno fatto il Paese, soprattutto per le donne: accesso delle donne alle professioni pubbliche (1963), legge sul divorzio (1970), riforma del diritto di famiglia (1975), legge 194 sull’aborto (1978), illegalità del delitto d’onore e del matrimonio riparatore (1981).
I figli crescono e la percentuale di laureati aumenta. Il Paese ha conosciuto il boom economico e il futuro sembra scritto: lavoro, famiglia, pensioni che verranno. Si passa dall’analogico al digitale con molte lentezze e un po’ di scetticismo. L’occupazione cresce e i lavori si diversificano, si specializzano e la carriera sembra un must da rincorrere, anche sacrificando la fedeltà ad un’azienda sola per tutta la vita. Eppure per i nati verso la fine degli anni ’80 le certezze iniziano a vacillare: si inizia a studiare all’estero, ci si cimenta con l’inglese, i confini sono quelli dell’Europa e si vive una digitalizzazione più intensa. La stabilità di uno stipendio al 27 del mese, però, non c’è più e nasce l’esercito delle partite Iva per mestieri che si inventano al di là della propria preparazione scolastica. L’obiettivo è quello di trovare una instabilità stabile che permetta di abbassare il livello di incertezze.
I nipoti della generazione del Dopoguerra, poi, si ritrovano spiazzati con diritti acquisiti che si volatilizzano e una flessibilità sul lavoro che è libertà e allo stesso tempo insicurezza sul domani. Difficile fare progetti, soprattutto sul costruire una famiglia. Si naviga a vista e si cerca il colpaccio per fare il lavoro dei propri desideri da bambini. Eppure dietro c’è già chi è più giovane e riesce a vedere opportunità dove altri vedono problemi. La libertà diventa l’obiettivo principale di una vita unica, che non può essere spesa fra le quattro mura di un ufficio davanti a un computer. La vita si allunga, la pensione non si sa più cosa sia e si ha la consapevolezza che la propria carriera sarà costruita a fasi, discontinuità e magari periodi di formazione per riconvertirsi in un campo di gioco che non è più l’Italia e nemmeno l’Europa, ma il mondo dall’Australia agli Stati Uniti. Intanto torna una nuova stagione di leggi che provano a far fare un ulteriore salto al Paese: Pari opportunità nel mondo del lavoro (2010), legge 120 per le quote di genere nei cda delle società quotate e pubbliche (2011), legge contro la violenza sulle donne (2013). E le donne iniziano ad entrare nelle stanze dei bottoni dalla politica ai vertici aziendali, dagli ordini professionali ai podi dello sport (anche se restano non professioniste per la legge 91 del 1981).
Esiste, però, un filo rosso tra quel desiderio di un posto fisso a vita e questa voglia di libertà per inventarsi e reinventarsi. Sono i sogni che ogni generazione ha messo sul tavolo e per cui lavora ogni giorno con una quotidianità spicciola, che si fa mattone di un Paese che ha tutte le possibilità e le competenze digitali della Generazione Z, la flessibilità dei Millennials,la creatività degli Xennials, la struttura di pensiero della Generazione X e l’esperienza dei Babyboomers. Perché l’alleanza tra generazioni è una realtà. Dipende solo da noi darle le gambe per camminare.
Il team di Alley Oop racconta cinque generazioni a confronto nell’ebok Donne di Futuro, scaricabile gratuitamente cliccando sulla foto qui di seguito: