Non solo cellulari a scuola, ma anche robot

artificial-intelligence-2167835_960_720

I lavori del futuro non saranno quelli del presente, ce lo dice il Word Economic Forum: intelligenza artificiale, robotica e biotecnologie saranno i cambiamenti che impatteranno di più sui nostri modelli di business. Siamo solo all’inizio della Quarta Rivoluzione Industriale.

Secondo una stima, il 65% dei bambini che stanno iniziando le scuole elementari faranno dei lavori che oggi nemmeno esistono. La capacità di anticipare e preparare i ragazzi per le competenze del futuro è un elemento critico sia per i Paesi che per le persone. In questo modo non solo potremmo migliorare l’occupazione ma accelerare verso il cambiamento tecnologico la nostra industria. Questa rivoluzione avrà un impatto anche il mondo del lavoro: tutti i ruoli saranno in qualche modo ripensati e questo è anche facile immaginarlo, alcuni ruoli saranno sostituiti da robot e intelligenza artificiale come sta accadendo anche in molte fabbriche italiane e nuovi ruoli saranno creati.

pic1

Nei dibattiti recenti ci sono due punti di vista comuni: c’è chi crede che questi nuovi lavori saranno migliori perché liberano l’uomo dalla routine e in generale l’occupazione aumenterà; chi invece crede che questa rivoluzione incrementerà la disoccupazione perché troppe mansioni saranno sostituite dai robot. Ma tutti gli esperti concordano su un punto: si deve partire dalla formazione per indirizzare al meglio le competenze delle persone almeno con due strategie. La prima rivolta alle persone che già lavorano in ottica di re-skilling e l’altra rivolta ai ragazzi e ragazze nelle scuole.

L’Italia ha un duplice problema da affrontare: siamo uno dei Paesi più vecchi al mondo e l’età della pensione è slittata in avanti. Questo significa che nessun lavoratore di oggi potrà affrontare le sfide della Quarta Rivoluzione Industriale con la formazione ricevuta a scuola magari decenni prima. La formazione non solo deve essere continua ma deve aggiungere competenze a quante già acquisite. Per certi ruoli sarà necessario in qualche modo disimparare competenze non più necessarie e impararle delle nuove. Istituzioni e imprese dovrebbero collaborare in maniera più sinergica per un piano nazionale di formazione che sia pensato non solo per i giovani ma anche per le persone che lavorano che, rispetto ai giovani, sono più lontani anche dalla cultura digitale.

pic2Recentemente il Miur ha dato il via libera all’utilizzo responsabile degli strumenti digitali nella didattica: il telefonino entrerà in classe come strumento di lavoro accompagnato da un «manuale di istruzioni per l’uso corretto». Questa indicazione ha suscitato diverse reazioni dopo che in Francia ne è stato bandito l’uso. Cercando di vederne un’opportunità, potrebbe essere una prima apertura per una formazione diversa. Nella maggior parte delle scuole e università italiane la modalità della formazione è ancora quella classica, l’insegnante che spiega e i ragazzi che prendono appunti. Anche l’utilizzo della LIM, la lavagna interattiva multimediale, resta una prerogativa dell’insegnante che la programma e in maniera più o meno attiva coinvolge l’alunno. Quello che manca nelle classi è una peer to peer education dove gli alunni imparano/insegnano tra di loro. Questa modalità di apprendimento è molto più potente e il digitale ben si presta. Se lo smartphone è usato per iniziare ad apprendere i rudimenti della programmazione, il valore dello strumento è altissimo. Esistono molte app che in maniera giocosa permettono di programmare video giochi e apprenderne così le basi. Una di queste è Scratch, messa a punto dal MIT, in maniera molto semplice un bambino può programmare un intero videogioco creando il suo gatto e le sue varie interazioni e funzionalità. Se i device saranno usati solo come strumenti di consultazione, il rischio di un’opportunità mancata è molto alto anche per il grande tema della non attendibilità di molte fonti.

L’opportunità di rivedere i modelli di business fornita dalla rivoluzione digitale è estremamente interessante ma se non accompagnata da una consapevolezza nutrita fin dai banchi di scuola e da una formazione continua a tutti i lavoratori rischia di perdere il suo potenziale e impatto positivo.

  • Claudio |

    Quale impatto avrà la quarta rivoluzione industriale per un ipovedente?

  Post Precedente
Post Successivo