
Più di uno studente su quattro ha sperimentato episodi di bullismo o cyberbullismo. Lo evidenzia l’indagine di Fondazione Foresta su 5.849 studenti delle scuole superiori fotografa differenze di genere, abitudini e fragilità, che sarà presentata a Padova il prossimo 17 ottobre. «Il bullismo è uno specchio del disagio giovanile: dietro le prepotenze spesso si nasconde fragilità, bisogno di riconoscimento o assenza di punti di riferimento adulti» osserva il professor Carlo Foresta.
Nel dettaglio, più di un terzo delle ragazze (36,4%) e un quarto dei ragazzi (25,2%) dichiarano di essere state vittime di bullismo o cyberbullismo. Tra chi compie questi atti, la prevalenza è maschile: 17,8% dei ragazzi contro 7,9% delle ragazze.
Le ragazze sono più frequentemente vittime
Il quadro che emerge dall’analisi dei questionari restituisce un allarme preoccupante: più di uno studente su quattro è vittima di atti di bullismo o cyberbullismo. In questo contesto però emergono differenze significative per sesso e caratteristiche personali. Le ragazze risultano più frequentemente vittime, i ragazzi più frequentemente autori.
Il profilo delle vittime restituisce una fotografia di vulnerabilità emotiva e fisica. Tra i ragazzi vittime si osserva una maggiore prevalenza di sovrappeso/obesità rispetto ai coetanei non vittimizzati (26% vs 15%); tra le ragazze la differenza è più contenuta ma confermata (13% vs 7%).
Penalizzate le scelte di identità di genere
Accanto ai fattori corporei, pesano diversità nelle scelte di identità di genere. Tra le ragazze vittime la quota di chi si dichiara “completamente eterosessuale” è più bassa rispetto alle non vittime (57% vs 69%), mentre aumentano “per lo più eterosessuale” (23% vs 19%), “bisessuale” (8% vs 5%) e “fluido” (8% vs 5%).
Tra i maschi vittime scende la quota “completamente eterosessuale” (82% vs 90%) e crescono le minoranze (es. “omosessuale” 3% vs 1%, “fluido” 2% vs 1%). «Il bullismo colpisce soprattutto chi è percepito come diverso — per aspetto fisico, identità o modo di vivere l’affettività — trasformando la vulnerabilità in un bersaglio» sottolinea Foresta.
Gli effetti sui giovani
Tra i segnali di disagio che accompagnano la vittimizzazione, emergono solitudine e sofferenza psicologica. Nel campione generale le ragazze dichiarano più spesso di sentirsi sole (quasi una su due tra le ragazze, uno su tre tra i ragazzi), quadro che si riflette in una maggiore percezione di isolamento nelle vittime.
Sul fronte dei risvolti psicologici, la pratica di autolesionismo nel campione di studio è più di frequente nelle ragazze vittime di bullismo (21,1% vs 9,4% nei maschi), con indicazioni coerenti di maggiore ricorso a supporto psicologico nelle femmine (ha già usufruito o ne ha sentito il bisogno di supporto il 63,7% contro 32,6% dei maschi).
Chi è il bullo?
La figura del bullo, specie al maschile, si accompagna a una più alta propensione a condotte a rischio: si fuma di più (tra gli autori maschi la quota di non fumatori scende di oltre dieci punti rispetto ai non autori), si consumano più alcol e sostanze (solo circa un terzo dei bulli maschi dichiara astinenza), e si registra una maggiore esposizione a pornografia online e sexting.
«In alcune adolescenti il confine tra subire e agire è sottile: il dolore non elaborato può trasformarsi in rabbia» commenta il professor Foresta, che prosegue: «Il quadro complessivo parla di un fenomeno a doppia faccia: le vittime — più spesso femmine — portano i segni della solitudine e del disagio, mentre gli autori — più spesso maschi — si distinguono per trasgressività e comportamenti a rischio, specialmente nell’ambiente digitale. Il contesto familiare non mostra fratture eclatanti, ma tra gli autori si intravede una minore coesione. Non esistono solo bulli e vittime: esistono adolescenti in difficoltà che usano la rete, il corpo o la violenza per esprimere ciò che non riescono a dire. Per le scuole e per le famiglie è un segnale d’allarme. Non bastano interventi punitivi: servono programmi di prevenzione che agiscano sull’empatia, sul rispetto e sulla gestione dei conflitti, integrando l’educazione digitale con il supporto psicologico. Serve un’alleanza educativa stabile tra scuola, famiglia e territorio: riconoscere presto i segnali, offrire ascolto, costruire reti di protezione e di responsabilità».
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