Donne meno propense a rischiare. Di solito se ne parla in finanza, dove negli investimenti le scelte femminile, secondo diversi studi, sembrano essere più conservative di quelle maschili. Succede anche nell’imprenditoria: sono meno ad esempio le imprese femminili che arrivano al fallimento e i rendimenti nelle startup fondate da donne sono più redditizi.
Stavolta, però, non si tratta di finanza, ma di salute. Le donne hanno registrato, in questa pandemia, una minore vulnerabilità e mortalità che hanno registrato, rispetto agli uomini. Come lo spiegano gli esperti. Pare che la maggiore adesione delle donne alle politiche relative al coronavirus può averle tutelate maggiormente rispetto agli uomini. Questi i risultati di una ricerca, apparsa su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), che annovera fra gli autori anche due studiosi dell’Università Bocconi, Vincenzo Galasso e Paola Profeta, affiliati al COVID Crisis Lab.
“Osserviamo grandi differenze di genere nella percezione individuale riguardo alla gravità di COVID-19 come problema di salute nel Paese dell’intervistato. I dati della prima ondata in tutti gli 8 paesi a marzo mostrano che il 59,0% delle donne intervistate ha considerato COVID-19 essere un problema di salute molto grave, contro il 48,7% degli uomini. Nei dati aggregati della seconda ondata, a metà aprile, queste proporzioni erano diminuite di oltre 15 punti percentuali tra uomini e donne (39,6% contro 33% ad aprile), ma rimaneva una differenza di genere considerevole e significativa” si legge nell’articolo di presentazione dei risultati della ricerca.
Gli autori osservano sostanziali differenze di genere sia negli atteggiamenti che nei comportamenti attraverso un’indagine in due ondate (marzo e aprile 2020), con 21.649 intervistati in Australia, Austria, Francia, Germania, Italia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti, che è parte del progetto internazionale REPEAT (REpresentations, PErceptions and ATtitudes on the COVID-19).
Le donne, proprio perché più propense a considerare il COVID-19 un problema di salute molto grave, sono più propense a concordare con le politiche pubbliche che contrastano la pandemia, come le restrizioni alla mobilità e il distanziamento sociale (54,1 contro 47,7 in un indice che va da 1 a 100 in marzo e 42,6 contro 37,4 in aprile) e sono nettamente più propense a seguire le regole che riguardano il COVID-19 (88,1% contro 83,2% in marzo e 77,6% contro 71,8% in aprile).
“I responsabili politici che promuovono una nuova normalità fatta di mobilità ridotta, mascherine e altri cambiamenti comportamentali”, dice Vincenzo Galasso, uno degli autori di un nuovo studio sulle differenze di genere nella reazione a COVID-19, “dovrebbero quindi progettare una comunicazione differenziata per genere se vogliono aumentare l’adesione degli uomini”.
Tra i Paesi esaminati, l’Italia è quello che rispetta maggiormente le regole, sia all’inizio del lockdown che ad aprile, dopo sei settimane di chiusura. Ma le differenze di genere rimangono forti: all’inizio il 92,6% delle donne rispettava le regole rispetto all’87,2% degli uomini, con una piccola riduzione ad aprile: 89,5% tra le donne e 84,5% tra gli uomini. “Le differenze maggiori tra uomini e donne riguardano i comportamenti che servono a proteggere soprattutto gli altri, come tossire nel gomito, a differenza di quelli che possono proteggere sia se stessi che gli altri”, dice Profeta.
Le differenze di genere persistono anche dopo aver controllato un gran numero di caratteristiche sociodemografiche e di fattori psicologici.Tuttavia sono minori tra le coppie sposate, che vivono insieme e condividono i loro punti di vista, e tra gli individui più direttamente esposti alla pandemia. Esse diminuiscono nel tempo, se uomini e donne sono esposti allo stesso flusso di informazioni sulla pandemia.