I concorsi pubblici sono più meritocratici delle selezioni private

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Il concorso pubblico è il metodo di selezione più meritocratico e meno soggetto agli stereotipi.

Lo dimostrano i risultati di una recente ricerca (Castagnetti et al. 2020) che utilizza le informazioni sulle retribuzioni rilevate dall’ISFOL nell’indagine longitudinale sulle caratteristiche della popolazione per condizione occupazionale nel periodo 2005-2014.

Nell’ordinamento giuridico italiano il “Concorso Pubblico” è il procedimento a cui la Costituzione demanda la selezione per accedere ai ruoli del pubblico impiego (art. 97). La natura meritocratica e trasparente della procedura risponde ai principi costituzionali di parità tra i cittadini (art. 3) e di uguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici (art. 51), e dovrebbe pertanto garantire sia la neutralità della selezione rispetto al genere, sia, di riflesso, la parità di retribuzione tra i selezionati che possiedono uguali caratteristiche produttive ma sono di genere diverso.

L’analisi statistica non smentisce queste aspettative. In primo luogo, infatti, i dati confermano che i dipendenti assunti tramite concorso, sia uomini che donne, possiedono caratteristiche osservabili migliori rispetto agli individui assunti senza selezione concorsuale. Ma, soprattutto, i dati confermano le aspettative sui differenziali retributivi: nel settore pubblico il gender pay gap svanisce quando i dipendenti sono assunti per concorso, pur rimanendo positivo e significativo tra i dipendenti assunti senza concorso.

Questa attraente caratteristica delle procedure concorsuali vale però solo nel settore pubblico. Nel settore privato, infatti, non solo il reclutamento tramite concorso è molto meno frequente, ma anche quando viene utilizzato non riesce a garantire la parità salariale dei selezionati, malgrado l’obbligo, per le imprese private che assumono con questa modalità, di rispettare le stesse procedure che regolano i concorsi banditi nel settore pubblico. Nei dati relativi al settore privato, il gender pay gap rimane dunque osservabile anche tra gli assunti per concorso, e soprattutto rimane significativa la sua componente discriminatoria.

Una possibile spiegazione di questo risultato sta nel fatto che nelle posizioni apicali del settore privato i compensi sono più alti rispetto a quelli del settore pubblico, ed è proprio in questo segmento della retribuzione che si osserva con maggior frequenza il fenomeno del “soffitto di cristallo” e diventa più probabile il condizionamento di stereotipi inconsapevoli come il “think manager-think male”. Di conseguenza, via via che i benefici effetti della selezione per concorso si allontanano nel tempo, si osserva l’ampliamento sia il gender pay gap sia della sua componente discriminatoria, perché quanto più informali e discrezionali sono le scelte, tanto più difficile ed incerto diventa il percorso di carriera della componente femminile della popolazione.

In ogni caso, anche nel settore privato i concorsi possono essere uno strumento utile (e poco oneroso) per ridurre la discriminazione di genere, quanto meno nelle fasi iniziali dei percorsi di carriera, e possono portare un vantaggio competitivo alle aziende che li utilizzano proprio perché, essendo per legge più regolamentati e più controllati, meno discrezionali e meno ambigui rispetto ad altri metodi di valutazione, possono risultare particolarmente attraenti per le candidate e i candidati migliori, a parità di altre condizioni, proprio perché ritenuti più affidabili dal punto di vista meritocratico. E questo punto di vista non sembra infondato, perché un’analisi statistica dei salari d’ingresso dei laureati, a tre anni dal conseguimento del titolo, conferma che quando il reclutamento avviene mediante concorso si riduce notevolmente la componente non spiegata del gender pay gap, cioè quella parte del differenziale salariale che viene solitamente interpretata come evidenza di disparità di trattamento di individui con uguale produttività, ma di genere diverso.

Pertanto, in virtù della sua affidabilità come strumento di selezione meritocratica, l’assunzione per concorso potrebbe essere opportunamente inserita nei piani di azioni positive di molte grandi aziende, anche nel settore privato.