
Maggio 2025 segna un punto di svolta per Parmaalimenta, un’associazione di enti che si è costituita il 22 giugno 2004 per la promozione di
uno sviluppo socio-economico più equo e sostenibile, attraverso l’attivazione di progetti di cooperazione decentrata finalizzati al conseguimento dell’autosufficienza alimentare delle popolazioni di Paesi del Sud del Mondo. Sei mesi fa l’inaugurazione del nuovo centro di trasformazione del pomodoro a Bujumbura, in Burundi, che ha coronato l’inizio de «l’attività che ci porta a essere un’impresa vera e propria», ha sottolineato il presidente Gualtiero Ghirardi.
L’associazione lavora da oltre vent’anni a favore del superamento della fame e della povertà in Burundi. Ma, ad orientare il corso d’azione, è la volontà di promuovere l’autodeterminazione come via per costruire un futuro più dignitoso per le comunità più fragili. L’efficacia dell’operato è stata riconosciuta dalla FAO, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, e dalle Regioni dell’Emilia Romagna e dei Paesi della Loira.
Cosa succede in Burundi?
Situato nella regione geografica dei Grandi Laghi, lo Stato africano si aggira sui 14 milioni di abitanti. Il sito della World Bank Group afferma che ad oggi l’85% della popolazione è impiegata nel settore agricolo: nel 2023, la povertà stimata era del 74,8% e l’inflazione fluttuava poco sopra il 27%.
Così come denuncia il sito di Freedom House, il Burundi è in crisi economica e politica dal 2015: l’elezione del partito autoritario Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia – Forze per la Difesa della Democrazia (CNDD–FDD) ha vanificato i progressi governativi compiuti dopo la guerra civile.
Da febbraio 2025, afferma Unicef, il Burundi versa inoltre in una crisi umanitaria dovuta dal massiccio afflusso di rifugiati congolesi, in fuga dal conflitto che coinvolge il Rwanda: nel luglio 2025, erano 35.000 gli sfollati in Burundi. La crisi umanitaria, sommata alle inondazioni dell’anno scorso, ha provocato nel Paese un’ulteriore crisi sanitaria. Il drammatico quadro socio-economico non fa altro che gravare sui già esorbitanti livelli di malnutrizione nel Paese: soltanto l’anno scorso, il report del Food Security Information Network ha reso noto che poco meno di un quinto tra gli abitanti burundesi riportava uno stato di acuta insicurezza nutrizionale.
Parmaalimenta
Parmaalimenta, costituita da Comune di Parma, Provincia di Parma, Comune di Collecchio, CNA, Consorzio di Solidarietà Sociale, Azienda Ospedaliera di Parma, associazione Mwassi, Boorea, è impegnata in progetti di cooperazione decentrata, volti a raggiungere l’autosufficienza alimentare. Già un paio d’anni prima della nascita, la fondatrice dell’associazione Silvia Marchelli si dedicava ad aiutare, tramite assistenza medica, le persone più esposte nelle zone a nord del Burundi. Il progetto è sbarcato a Parma «per capire se ci fossero possibilità di cooperazione tra le istituzioni parmensi e lo Stato burundese», ha spiegato Ghirardi. Allora lo slancio di umanità ha creato uno spirito di collaborazione, che ha dato forma l’iniziativa.
Fin da subito, l’attività si è sviluppata su due binari: «Il primo, in continuità dell’attività di Marchelli, cioé il proseguimento del sostegno sanitario alle persone più fragili; il secondo, ruota attorno la creazione di nuove imprese a supporto dell’indipendenza delle persone in Burundi».
Quattro anni dopo, a pari passo con il riconoscimento come ONG da parte del Governo burundese, le autorità locali hanno messo a disposizione dell’associazione 60 are di terreno a scopo edificativo. È solo nel 2010 che la concessione vide i primi germogli di quello che sarebbe diventato il fiore all’occhiello dell’associazione: Maison Parma, centro agroalimentare attivo nell’ambito dell’organizzazione delle filiere per la sicurezza alimentare.
Maison Parma
Maison Parma è un’azienda non profit a disposizione degli agricoltori per l’autosufficienza alimentare e allo stesso tempo è la sede di un consorzio ci cooperative organizzato nelle filiere di riso, manioca e ortofrutta per la produzione, lo stoccaggio, la trasformazione e la
commercializzazione di prodotti alimentari locali, sostenibili nel prezzo e nella qualità.
L’ampliamento di Maison Parma venne portato a termine nel 2019. Estesa su un’area di 7.400 mq e su una superficie edificata di 1.900 mq, il complesso è oggi sede un Consorzio di Cooperative organizzato in filiere di produzione del riso, della manioca e dei prodotti ortofrutticoli; è inoltre attrezzato per lo stoccaggio, la conservazione, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti alimentari locali.
Due anni dopo, è sempre AICS a rinnovare il proprio supporto a Parmaalimenta, gettando le basi per il progetto “Maison Parma, il valore del territorio: la filiera del pomodoro e lo sviluppo sostenibile”. «Nel 2019, – spiega Ghirardi –, partì la delegazione delle autorità parmensi per vedere con i propri occhi i risultati ottenuti negli anni e cosa si poteva fare di nuovo negli anni a venire. Di ritorno dal viaggio, siamo riusciti a sbloccare l’interesse di AICS». Partendo da questo nuovo campo d’azione, Parmaalimenta dà il via alle sperimentazioni nella coltivazione e lavorazione del pomodoro, così da consentirne la conservazione e la relativa commercializzazione.
Due sono gli obiettivi del progetto: condividere le competenze del territorio parmense sulla filiera agroalimentare del pomodoro come modello di sviluppo sostenibile; e promuovere la formazione e l’accesso ad un lavoro dignitoso trai coltivatori e tra le loro comunità, facendo leva su uguaglianza di genere, emancipazione femminile e inserimento giovanile.
Questi obiettivi si ramificano in quattro attività: partendo dalla filiera, si passa ad attività di stage aziendali e accompagnamento per l’avvio di micro attività imprenditoriali, forme di risparmio e credito. Grande accento viene poi posto sui corsi di formazione sulla sicurezza alimentare, come anche sul marketing, sulla commercializzazione e sulla trasformazione e utilizzo di nuove tecnologie e macchinari. Chiudono il quadro gli investimenti sulla sperimentazione, messi a punto con il progetto Champ École: un campo agricolo stanziato a circa 3 km di distanza dal centro agroalimentare per sperimentare nuovi metodi di coltivazione e irrigazione.
Centro di trasformazione del pomodoro
L’inaugurazione ha richiesto all’incirca due anni di lavori . Ma il risultato, a detta di Ghirardi, «non ha nulla da invidiare ai pomodori di Parma»: estesa su 135 metri quadrati, la filiera inaugurata a maggio 2025 lavora fino a 1,4 tonnellate di pomodoro al giorno. Ad oggi, sono state completate cinque campagne di coltivazione del pomodoro e, nell’ultima campagna, il consorzio ha prodotto 9,6 tonnellate di pomodori.
L’attività replica a 5.000 chilometri di distanza un processo di lavorazione ben noto nel territorio parmense: quello del pomodoro. Secondo Ghirardi, la filiera fa da modello a come l’attività di Parma possa declinarsi «su scala semi-industriale, con dimensioni diverse ma stesse modalità». Le sfide nel gestire una struttura di quest’entità rimangono, non da meno, «all’ordine del giorno: ma, una dietro l’altra, siamo sempre riuscite a superarle».
Formazione e microcrediti
Maison Parma ha permesso a molti giovani, donne, agricoltori e operatori di accedere al mondo del lavoro attraverso percorsi di formazione mirati. Com’è il caso del percorso di formazione tecnica sulla produzione di pomodoro: con 100 coltivatori beneficianti, il percorso si basa sulle buone pratiche di coltivazione e irrigazione messe in pratica da Champ École. Sono inoltre 30 i giovani formati all’uso di tecnologie agricole per ottimizzare il fabbisogno idrico delle piante di pomodoro e di sistemi fotovoltaici per l’irrigazione; altri 30 giovani studenti universitari, invece, si sono dedicati alla lavorazione industriale del pomodoro, all’igiene, alla sicurezza alimentare e all’uso di tecnologie appropriate nel settore della lavorazione industriale del pomodoro. In aggiunta, un gruppo di circa 140 ragazzi sono stati formati sul marketing dei prodotti, consentendo l’apprendimento e lo sviluppo di competenze e capacità professionali giovanili.
A supporto di questi percorsi, sono entrate in gioco attività generatrici di reddito, accessibili tramite la formazione dei beneficiari su concetti quali comunità di risparmio e credito interno: «Una delle prime attività che abbiamo cominciato a svolgere», ha spiegato Ghirardi. Il Centro sostiene l’attività di centinaia di piccoli agricoltori, mettendo loro a disposizione piccoli prestiti, utilizzati per affittare il terreno da coltivare o per accedere ai mezzi di produzione. Questo dà loro la possibilità di avviare una piccola attività agricola, garantendo loro sicurezza alimentare e la possibilità ai figli di accedere a servizi sanitari e scolastici. «Ancora oggi, – ha aggiunto il presidente – le cooperative dalle quali andiamo ad acquistare i pomodori contano sul microcredito, confermando il suo ruolo determinante di queste attività».
Laboratori con IMEM CNR
Altra punta di diamante all’interno del progetto è la nascita del laboratorio, in collaborazione con l’Istituto IMEM CNR di Parma, per la costruzione di piccoli moduli fotovoltaici da installare sulle abitazioni senza elettricità, con l’obiettivo di diffondere l’uso di un sistema energetico a costo zero:«Impieghiamo sistemi di potabilizzazione evoluti, con tecnologia a raggi ultravioletti, costruiti all’interno dei laboratori di Parmaalimenta», ha commentato Ghirardi.
I risultati di questi laboratori, siano essi pannelli o impianti fotovoltaici, vengono messi a disposizione di scuole, ospedali o villaggi. A tal proposito, l’applicazione della piccola idraulica e del fotovoltaico hanno reso possibile la promozione di “Irrigazione condivisa”: un sistema di gestione comune dell’acqua agricola a servizio degli agricoltori burundesi, che consente di aumentare la superficie produttiva coltivabile, proteggere gli ecosistemi e promuovere la gestione partecipata dei terreni.
Il centro socio-sanitario nutrizionale
Realizzati in partnership con il Ministero della Sanità Burundese, i programmi di nutrizione e salute comunitaria promuovono un processo di affiancamento alle madri sulla sicurezza alimentare: formazione sulla preparazione degli alimenti e sulle buone pratiche d’igiene, assistenza sanitaria e cure mediche per i casi più critici sono solo alcuni trai punti d’intervento del centro.
Il centro segue e supporta anche l’istruzione delle Maman Lumière, volontarie elette dalla comunità burundese per educare a loro volta le madri di famiglia sulle corrette abitudini alimentari da tenere. Sono queste le figure che, organizzate all’interno dei FARN (Foyers d’Apprentissage et de Réhabilitation nutritionnelle, o anche Centri di apprendimento e riabilitazione nutrizionale), si spiegano tra le comunità come l’anello di congiunzione tra Parmaalimenta e il territorio, ampliando così la platea di riferimento dell’associazione.
Il ruolo delle associazioni
Secondo una ricerca pubblicata nel 2023 dal Journal of African Foreign Affairs, c’è una crescente sfiducia nelle organizzazioni non-profit da parte dei Paesi nell’Europa dell’Est, in via di sviluppo o di transizione a causa del ruolo politico assunto. Questa sfiducia ha spinto gli Stati a promulgare leggi contro la collaborazione con le ONG locali, negando ulteriori finanziamenti e risorse. Tra queste, il Burundi: un report pubblicato nel 2025 da EUSEE ha testimoniato come le organizzazioni della società civile (OSC) in Burundi operino in un contesto di spazio civico represso, caratterizzato da significative restrizioni nell’attuazione dei diritti civili e politici, come le libertà di espressione, associazione e riunione garantite dalla Costituzione della Repubblica del Burundi del 2018.
Nel merito, Ghirardi si è mostrato comprensivo: «Da un Paese che ha sofferto il colonialismo, ci si aspetta diffidenza». Conclude ponendo l’accento sulla consapevolezza dei propri limiti istituzionali, e evidenziando la volontà di Parmaalimenta «di capire come si può operare alle condizioni dei locali».
Il futuro
Guardando alla prima area di intervento dell’associazione, Ghirardi ha anticipato di «voler dar continuità all’attività. In questi giorni, grazie alla presidenza del Consiglio dei Ministri, è partito un altro piano che porterà in Burundi all’incirca 80.000 da devolvere alla lotta contro la malnutrizione e alla concessione di microcrediti».
Per quanto riguarda l’attività produttiva, l’associazione intende espandere e ottimizzare il progetto partendo dai fondi concessi dal bando AICS 2025-2028: ciò significa «ridurre i costi energetici per mezzo di attrezzature di laboratorio alimentate da energia rinnovabile e, nel futuro, costruire un impianto fotovoltaico da 100 kilowatt». Parmaalimenta intende inoltre ottimizzare l’attività nei campi costruendo pozzi nei punti più disagiati: nel merito, sta già mettendo a punto con l’Università di Parma un sistema di assistenza capace di captare lo stress tecnico e idrico delle piante di pomodoro: «Riusciamo a vedere, grazie a questo sensore, se la pianta necessita di acqua o meno, ottimizzandone il consumo e l’irrigazione».
Il presidente chiude il discorso rendendo nota l’intenzione di «rinnovare il parco macchine, partendo dalle attrezzature per la decorticazione del riso: i nostri macchinari risalgono al 2008 e stanno diventando obsoleti». Il tutto, senza perdere di vista le ragioni originarie e i principi di cooperazione e di sviluppo, perseguite sin dal primo momento in attività.
Quello che il presidente Ghirardi cerca di dimostrare è che la cooperazione internazionale non sia semplice assistenza, ma una realtà che può e deve saper generare autonomia, lavoro e dignità per le comunità del Terzo Mondo: «Oggi Parmaalimenta è un punto di riferimento, – ha concluso – un esempio concreto per chi vuole costruire un futuro sostenibile in Burundi e altrove».
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