Lavoro: tutti gli incentivi per l’occupazione femminile

Per molte lavoratrici italiane, il mondo del lavoro resta un campo minato: stipendi più bassi, carriere interrotte, precarietà e un welfare che non sempre riesce a sostenere le loro reali esigenze.

In Italia le donne hanno un tasso di occupazione di quasi 18 punti inferiore a quello degli uomini e quando lavorano hanno in media una retribuzione giornaliera di circa il 20% più bassa dei loro colleghi. E pur essendo mediamente più istruite fanno più fatica a fare carriera: solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri, infatti è donna. I dati emergono dal Rendiconto di genere presentato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps.

Certo, il tasso di occupazione femminile nel 2024 ha toccato il record storico del 56,5%, ma spesso si tratta di contratti part-time o precari, che lasciano poco spazio alla crescita professionale. E poi c’è il peso della famiglia. Quando c’è da scegliere tra lavoro e cura dei figli, sono quasi sempre le donne a fare un passo indietro: l’80% dei congedi parentali è richiesto da lavoratrici, mentre una madre su cinque lascia il lavoro dopo la maternità. Tra gli uomini, la percentuale è appena del 2,8%.

Bonus assunzione donne

Di fronte a queste disparità, è fondamentale che le politiche non restino solo sulla carta, ma si traducano in misure concrete che sostengano davvero le donne nel mondo del lavoro. Alcuni strumenti già esistono e possono fare la differenza, ed è importante che si diffonda una cultura dell’attenzione che miri a riportare la parità laddove il solo merito non è evidentemente sufficiente a trattenere il talento.

Il Bonus assunzione donne, è un’esenzione totale dai contributi previdenziali per le aziende che assumono donne a tempo indeterminato, con un tetto massimo di 650 euro al mese per 24 mesi. La Legge 213/2023 ha introdotto anche l’esonero contributivo per i datori di lavoro privati che, entro il 31 dicembre 2026, assumono donne disoccupate vittime di violenza, beneficiarie del reddito di libertà (il contributo di 400 euro al mese, per un massimo di 12 mesi, riconosciuto alle donne seguite da centri antiviolenza accreditati).

Il bonus è riconosciuto a donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, se  residenti nelle regioni della Zes unica per il Sud, o da almeno 24 mesi per le altre regioni. Nel caso di donne operanti in professioni e settori con un tasso di disparità di occupazione superiore almeno del 25% tra uomini e donne, l’incentivo può essere adottato anche se prive di impiego da almeno sei mesi, ovunque residenti. Secondo la stima predisposta nella relazione tecnica del decreto Coesione, si potranno raggiungere complessivamente 100mila assunzioni di lavoratrici tra tempi determinati e trasformazioni a tempo indeterminato.

Bonus per le mamme

Ancora in attesa di effettiva attuazione il Bonus mamme lavoratrici, che prevede un esonero del 100% dei contributi previdenziali per le madri lavoratrici con almeno tre figli (di cui il più piccolo di età inferiore ai 18 anni), con un aumento di stipendio che può arrivare fino a 3.000 euro all’anno. La legge di Bilancio 2025 ha previsto, in favore delle lavoratrici dipendenti, a esclusione dei rapporti di lavoro domestico, la cui retribuzione o reddito imponibile ai fini previdenziali non sia superiore all’importo di 40.000 euro su base annua, nonché delle lavoratrici autonome, a decorrere dal 2025, un parziale esonero contributivo della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore. Le lavoratrici «devono essere madri di due o più figli e l’esonero contributivo spetta fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo».

Il decreto attuativo che dovrà rendere operativa la misura, in particolare le modalità per il suo riconoscimento, era atteso entro il 31 gennaio, ma al momento la misura è ancora sulla carta. Resta attivo invece l’assegno di maternità dello Stato: un sostegno per le madri che non hanno accesso alla maternità obbligatoria o che percepiscono un’indennità molto bassa, il cui importo è rivalutato ogni anno dall’Inps sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo.

Incentivi per le imprenditrici

Con l’obiettivo di innalzare il livello di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e, in particolare, di sostenerne la partecipazione ad attività imprenditoriali, il ministero delle Imprese e del Made in Italy prevede diverse linee di intervento: da una parte gli incentivi che sostengono la nascita, lo sviluppo e il consolidamento delle imprese guidate da donne attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati; dall’altra azioni di accompagnamento, monitoraggio e comunicazione per diffondere la cultura imprenditoriale tra le donne e contribuire a rafforzare la loro presenza nel mondo del lavoro e dell’impresa. Gli strumenti si chiamano NITO, Smart&Start (ricalibrati esclusivamente sulle imprese femminili) e ON (Oltre Nuove imprese a tasso zero): finanziamenti per giovani e donne imprenditrici, con una copertura fino al 90% delle spese ammissibili per l’avvio o il consolidamento di un’impresa.

Tutelare la maternità e incentivare la carriera

Oltre alle agevolazioni attive e alle dichiarazioni di intenti, un altro aspetto fondamentale per promuovere il cambiamento in Italia è la collaborazione tra pubblico e privato. È necessario cambiare la visione della società per consentire alle donne di avere un impatto sull’ambiente che ci circonda, e per questo abbiamo bisogno della loro presenza e del loro impegno in posizioni di rilievo, sia nelle istituzioni pubbliche che in quelle private. In quest’ottica, una soluzione importante è quella di perseguire una politica di parità tra donne e uomini, aumentando l’occupazione femminile nelle posizioni dirigenziali per eliminare il cosiddetto “soffitto di cristallo”.

Lo Stato dovrebbe anche fornire adeguate tutele alle donne che vogliono affermarsi in più ruoli diversi nella vita, per cui sono necessarie norme giuridiche per proteggere le madri-lavoratrici: servono interventi atti a tutelare il posto di lavoro delle donne che scelgono di vivere l’esperienza della maternità e che vanno supportate con l’attuazione di programmi dedicati che permettano di continuare a lavorare rafforzando la fiducia nel fatto che ricoprire posizioni di responsabilità non può e non deve escludere lo sviluppo legittimo della sfera personale.

ICT e gender gap: investire in formazione e cambiamento culturale

Tema aperto e non più rimandabile, è anche il divario di genere nel settore ICT (Information and Communication Technology). Ancora oggi una sfida significativa, influenzata da stereotipi culturali, barriere strutturali e una sottorappresentazione femminile nei percorsi Stem: la quota nelle professioni Ict in Italia (solo il 15,7%) è sotto la media Ue; le laureate in materie Ict sono solo lo 0,3% contro l’1,2% degli uomini. Le stime prodotte dall’Istat vengono utilizzate dalla Commissione europea per valutare i progressi degli Stati membri nella digitalizzazione e, dal 2021, rientrano nel sistema di monitoraggio del programma strategico europeo “decennio digitale 2030”. La stessa Europa chiede di investire di più nelle politiche a favore delle donne in questo campo.

Da un lato, dunque, occorrono programmi educativi inclusivi, borse di studio e percorsi di mentorship, che possono incentivare l’accesso e la permanenza delle donne nelle discipline tecnologiche; dall’altro è essenziale promuovere una trasformazione culturale che scardini pregiudizi radicati e favorisca ambienti di lavoro equi e accoglienti.

La presenza femminile nell’ICT non è solo una questione di equità, ma un fattore chiave per l’innovazione e la competitività: le donne portano prospettive differenti, contribuendo a progettare tecnologie più inclusive, adatte a una società diversificata, con uno sguardo privo di quei bias cognitivi che alimentano le disuguaglianze. Solo attraverso un’azione combinata sarà possibile costruire un ecosistema ICT più diversificato e innovativo, capace di rispondere alle sfide del futuro con un approccio realmente inclusivo. Per chi ha paura di questa parola, legga: egualitario.

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