Sono centinaia. E sono tutti uomini. Sono scesi in strada a Trento, a pochi chilometri da dove lo scorso 11 gennaio un’altra donna ha trovato la morte per mano di un uomo: Ester Palmieri, uccisa dal compagno Igor Moser, poi suicida. Una tragedia che ha lasciato orfani tre bambini.
È stato Marco Buiatti, un privato cittadino, tecnico di laboratorio del CiMeC dell’Università di Trento, a chiamare all’appello gli uomini affinché prendano posizione contro la violenza di genere. Un invito partito online (qui il testo del documento), tradottosi poi in movimento di piazza.
L’omertà rafforza le violenze
«Ho deciso di lanciare l’appello dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin mosso da una doppia consapevolezza: ancora oggi, in Italia, nascere donna significa crescere con la minaccia di poter subire un qualche tipo di violenza (fisica, sessuale, economica o psicologica) e poiché gli attori di tali violenze sono sempre uomini, questo è prima di tutto un problema nostro. Ma gli uomini, fino a ora, non se ne sono fatti carico» – spiega Buiatti. «Il fatto che non abbiamo agito, che siamo stati pubblicamente passivi, è una forma di omertà che ha rafforzato gli uomini violenti. Piantiamola di dire alle donne come si devono difendere, dobbiamo dire agli uomini di non attaccare!»
Del resto, il messaggio peer to peer, tra pari, è da sempre la forma più efficace di comunicazione (e formazione). L’appello, infatti, chiede a tutti gli uomini che non si riconoscono nella cultura patriarcale di «urlare pubblicamente che la discriminazione e la violenza di genere sono un fenomeno da sradicare perché mina le radici stesse della nostra comunità». Chiama, inoltre, a una forma di «responsabilità in alleanza con le donne e con tutti i mezzi a disposizione». Una rivoluzione, rispetto al più tacito: «Non sono stato io, non siamo tutti uguali».
L’iniziativa ha trovato terreno fertile ed è stata firmata da oltre 600 persone, tra cui il sindaco di Trento, Franco Ianeselli: «La cultura patriarcale, esiste. È un’emergenza e ci riguarda tutti, soprattutto noi uomini spesso incapaci di accettare la libertà e l’autonomia delle donne – ha affermato -. Aiutiamoci a uscire da questa spirale di violenza, deponiamo le pretese di possesso e controllo, impariamo un nuovo alfabeto emotivo. Scendiamo tutti in campo, istituzioni, associazioni, cittadini, con iniziative concrete di educazione e prevenzione e sostegno. Voltiamo pagina, al più presto».
Percorsi educativi di genere
Il documento invita a riattivare al più presto i percorsi di educazione alla relazione di genere che fino a qualche anno fa erano stati promossi in tutte le scuole del Trentino dall’IPRASE, l’Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa, e dal Centro Studi Interdisciplinari di Genere dell’Università di Trento.
I percorsi educativi erano finalizzati a smontare gli stereotipi che mettono un cappio all’autonomia delle donne e che, di conseguenza, favoriscono il diffondersi di una cultura patriarcale. Interrotti dal 2018, dovrebbero riprendere, oggi più che mai, in Trentino e non solo, perché lo stop alle violenze di genere passa anche dai banchi di scuola.
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