Lavoro, il valore di includere: il primo summit di Diversity&Inclusion Hub

Diversità e inclusione non sono “semplicemente” temi etici. Ma obiettivi e leve strategiche che fanno bene all’intero sistema Paese e al mondo aziendale in termini di sostenibilità e crescita. È questo il filo rosso che ha attraversato il primo summit di Diversity&Inclusion Hub, l’osservatorio permanente e promosso da CORE dedicato ai temi della diversità e dell’inclusione nel mondo del lavoro che coinvolge attivamente gli stakeholder attivi sul tema al fine di incentivare l’adozione delle politiche di D&I nelle aziende e condividere case history e best practice.

Un hub per mettere a sistema le buone pratiche

“Diversity&Inclusion Hub è la community che riunisce gli stakeholder, tra manager, rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni, impegnati sui temi di diversità, inclusione ed equità in ambito lavorativo”, ha spiegato Pierangelo Fabiano, Ceo di Core, presentando le prossime attività dell’Hub, “da sviluppare nel corso dell’anno: il magazine monotematico trimestrale, il blog sul sito web dedicato, eventi territoriali e il white paper che verrà presentato nell’ambito del prossimo Summit da condividere con il legislatore. Tutte attività volte ad approfondire e alimentare il dibattito e partecipare attivamente al cambiamento positivo”.

Partner accademico dell’iniziativa è la Luiss Business School, la scuola di alta formazione manageriale dell’ateneo che, lo scorso 14 novembre, ha ospitato l’evento negli spazi di Villa Blanc. Qui oltre 50 relatori – docenti, accademici, manager, rappresentanti istituzionali e aziendali, opinion leader del settore e referenti delle associazioni – hanno messo a sistema expertise e testimonianze per approfondire tre filoni tematici: disabilità e lavoro, modelli di misurazione d’impatto e KPI, gender balance & gender diversity.

Patrocinato dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea e RAI, con il supporto di Banca Ifis, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e Super Job, il summit punta a essere prima di tutto un momento di condivisione, un’importante opportunità per condividere idee e testimonianze di successo affinché “includere non sia cedere spazio – come ha affermato a conclusione dell’evento Anna Finocchiaro, presidente ItaliaDecide e già ministra per le Pari opportunità nel primo governo Prodi –  ma sia cambiare il modello, le regole e i valori per disegnare un mondo nuovo a misura di donne e di uomini”.

Diversità e inclusione: non un “valore aggiunto”, ma un valore

Equità di accesso a ogni posizione aziendale, valorizzazione di tutte le diversità, riduzione delle diseguaglianze e raggiungimento della parità di genere sono alcuni tra gli obiettivi dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite che garantiscono alle aziende una crescita sostenibile e profittevole nel lungo termine.  Le indicazioni legislative, da sole, non bastano: la diversità, oltre che un valore, è una leva di business fondamentale per la sostenibilità economico-finanziaria e per la crescita delle aziende. Non si tratta solo di un tema di etica professionale.

“La dimensione normativa diventa uno strumento, non il fine”, spiega Matteo Caroli, Associate dean for Sustainability&Impact Luiss Business School. “La formazione è fondamentale per creare una cultura aziendale inclusiva e rappresenta un fattore abilitante per le imprese e le organizzazioni chiamate a valorizzare le peculiarità dei singoli”. Un approccio valido non solo in relazione al contrasto delle discriminazioni di genere ma anche all’inclusione lavorativa delle persone con disabilità (PcD): “In Italia ci sono circa un milione di PcD disoccupate o in cerca del primo impiego. Solo il 51,3% delle persone attive con disabilità in età lavorativa in Ue ha un lavoro retribuito. Inoltre, ancora una volta, i gruppi più svantaggiati sono i giovani e le donne”, afferma Luisa Varriale, full professor del dipartimento di scienze economiche, giuridiche, informatiche e motorie dell’Università Parthenope e Luiss Business School.

Le fa eco Francesca Pappucci, membro dell’intergruppo disabilità del Parlamento europeo: “Parlare di parità delle donne con disabilità significa considerare la discriminazione multipla che subiscono, a causa del loro genere e della loro disabilità. Serve, prima di tutto, un cambiamento culturale sul concetto di patologia: non significa essere diversi da qualcuno, ma essere persone con le proprie caratteristiche”.

Non basta integrare per includere

Includere ha a che fare con la costruzione di un ambiente che si muova in direzione trasversale, non solo in “supporto a”: “Lo sforzo oggi è fare un’analisi dell’ambiente, non creare solo sostegni su singoli lavoratori e lavoratrici ma costruire un contesto inclusivo che non integri, ma includa”, specifica Gianfranco de Robertis, esperto dell’ufficio legislativo del ministro per le Disabilità. Per riuscirci, continua de Robertis, “è necessario consolidare il dialogo tra profit e non profit: tutte le soluzioni più virtuose si sono raggiunte quando enti profit e non profit hanno collaborato per costruire soluzioni di accompagnamento lavorativo e soprattutto mantenimento per la comunità di persone con disabilità”.

Il mantenimento nel lungo periodo è il nodo più critico e, come riporta Enrico Seta, presidente Andel – Agenzia nazionale disabilità e lavoro, “ciò che di cui i disabili hanno bisogno non è solo una figura di riferimento come il disability manager, ma anche di operatori che aiutino l’inserimento lavorativo stabile che produce veramente il superamento di una situazione di marginalità”.

Le best practice aziendali

I buoni esempi partono dalle aziende. “Per noi le politiche di D&I non rimangono solo sulla carta: abbiamo dato vita a programmi di formazione e coaching per tutti i nostri dipendenti mettendo a disposizione strumenti di supporto”, racconta Francesca Caricchia, Senior Executive Director di Michael Page. “Come società di recruiting siamo impegnati per promuovere la disabilità anche verso i nostri clienti e candidati, con un team dedicato in grado di offrire soluzioni per la diversità e l’inclusione. Inoltre, la collaborazione con Super Job, piattaforma web che facilita il contatto tra le persone con disabilità e le realtà aziendali alla ricerca di risorse da inserire nel proprio organico, nasce con l’obiettivo comune di promuovere un approccio all’inclusione senza barriere, che mette al centro il valore della persona nell’espressione del suo potenziale umano e professionale”.

Un approccio virtuoso che porta risultati anche sul tema “Gender Balance e Gender Diversity”. “Il Gruppo FS si impegna quotidianamente nella diffusione di una cultura inclusiva, che contribuisce a rendere il luogo di lavoro una dimensione libera da stereotipi e pregiudizi”, spiega Maria Luisa Grilletta, direttrice pianificazione industriale di Trenitalia. “Contrastare le discriminazioni, favorendo il bilanciamento di genere e la diversity inclusion, oltre a promuovere l’uguaglianza, favorisce l’arricchimento delle competenze e stimola la crescita. Mestieri considerati storicamente di appannaggio maschile, come ad esempio guidare i treni, oggi non lo sono più”.

Misurabile e trasparente, così l’inclusione diventa reale

Cambiamento culturale e misurabilità dei risultati sono due strade parallele da percorrere in contemporanea. “La qualità delle rendicontazioni sarà centrale nei prossimi anni per misurare l’impatto sociale delle politiche D&I. Contrastare le discriminazioni di genere non è un favore che facciamo alle donne ma a tutti, è anche un elemento di competitività a livello aziendale”, ribadisce Caroli. “La sfida sarà elaborare strumenti sempre più precisi per misurare i risultati in maniera credibile e strutturata, attraverso specifici KPI: il problema del social washing è assolutamente centrale e non può essere sopportato, soprattutto dagli investitori”.

In questa direzione, un passo avanti lo consente il concetto di doppia materialità secondo cui le aziende debbano fornire informazioni necessarie a comprendere come le questioni di sostenibilità impattino su di loro, sulle persone e sull’ambiente. “La doppia materialità è un approccio che ci permette di guardare oltre i nostri limiti e offre alle aziende l’opportunità di dimostrare i loro obiettivi”, afferma Romina Gingasu, founder di Red Woman Foundation. “La misurazione dell’impatto non è un’opzione ma un imperativo per le aziende che desiderano un futuro sostenibile: occorre andare oltre le dichiarazioni d’intenti e dimostrare risultati tangibili con azioni misurabili. La sostenibilità è una valuta importante: le persone vogliono sapere che le persone non si limitano a parlare di sostenibilità. Ma la praticano”.

Una richiesta che si fa sempre più forte: come indicano i dati Ipsos emersi dalla ricerca “Dieci anni di CSR: un bilancio sul futuro, realizzata per Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale, nel giro di dieci anni la consapevolezza della popolazione sui concetti legati alla sostenibilità è cresciuta in modo esponenziale, passando dall’8 al 37%. L’indagine mostra come in questo arco temporale le persone siano diventate più attente al proprio comportamento e a quello delle aziende: quasi 2 italiani su 3 (il 68%) si dichiarano pronti a spendere di più per un prodotto sostenibile e quasi la metà della popolazione vorrebbe fare di più per comprendere se un’azienda è realmente impegnata nella sostenibilità (48% rispetto al 38% del 2018).

La responsabilità delle aziende

Dal punto di vista ambientale e sociale, la responsabilità delle aziende è quella di adottare politiche mirate sui parametri ESG (Environmental, social, and corporate governance) e creare cultura a riguardo. “La sostenibilità in tutte le dimensioni, in particolare nel sociale e sui temi della D&I, è uno dei tratti distintivi del nostro modo di fare banca”, racconta Rosalba Benedetto, responsabile Communication, Marketing, Public Affairs&Sustainability di Banca Ifis. “Questa attenzione ci ha portati, per esempio, a essere la prima banca in Italia a ottenere la certificazione del Winning Women Institute. Siamo impegnati per promuovere una cultura inclusiva tra tutti i nostri stakeholder, interni ed esterni, attraverso il Social Impact Lab Kaleidos che ha l’obiettivo di sviluppare iniziative a elevato impatto sociale a favore di persone e comunità. Attività che, grazie a un modello di misurazione di impatto realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano, possiamo valutare e rafforzare con l’obiettivo di generare sempre più valore per le comunità nelle quali operiamo”.

L’assenza di diversità, come indica l’avvocata Andrea Catizone, “crea un disvalore misurabile”: in azienda, come in società, inclusione e parità non sono solo obiettivi etici e giusti, ma convengono, in primis ai conti pubblici. Come stima l’Ocse, se il contributo economico delle donne fosse uguale a quello degli uomini, nel 2025 il Pil annuo ammonterebbe a 28 trilioni di dollari, il 26% in più rispetto allo scenario attuale. La diversità e l’inclusione, dunque, non sono temi residuali. Ma riguardano – e guidano – il futuro del Paese.

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