Fisica, come sta cambiando la carriera delle donne

Una bambina accende la televisione e vede per la prima volta il divulgatore scientifico Piero Angela parlare di geofisica, di scienza, di vulcanologia e si innamora di queste materie.

Un’altra ragazza, alla vigilia dell’esame di maturità, entra nell’osservatorio astrofisico di Arcetri, a Firenze, e capisce che è proprio lì che vuole stare.

Le protagoniste di queste storie sono la dottoressa Laura Beranzoli e la dottoressa Paola Batistoni, due tra le prime e più note fisiche italiane che saranno anche tra le speaker della prima edizione italiana del Women Economic Forum che si tiene a Roma dal 20 al 23 novembre 2023 e in cui le due esperte parleranno di giustizia climatica.

Ad accomunarle la passione per le materie scientifiche, nata quando di Stem (Science, technology, engineering and mathematics) ancora non si parlava, e una brillante carriera all’interno di importanti enti di ricerca.

Una laurea in fisica

Laura Beranzoli, laureata in fisica con specializzazione in geofisica all’università La Sapienza di Roma, è oggi dirigente tecnologo presso l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e conduce ricerche, anche a livello internazionale, sui processi geofisici in ambiente marino e oceanico. Paola Batistoni si è invece laureata in fisica all’Università di Firenze e si è specializzata nella fusione nucleare. Dal 1984 lavora all’Enea – l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente – dove attualmente è dirigente di ricerca e ha la responsabilità della divisione sviluppo dell’energia da fusione.

Entrambe si sono dedicate quindi a una carriera e a un settore in cui le donne erano e sono ancora oggi una minoranza, anche se i numeri delle ragazze che scelgono percorsi di studi in ambito Stem stanno via via migliorando con percentuali intorno al 40% (dati Almalaurea 2023) sul totale dei laureati in materie scientifiche.

A tenere le giovani lontane dalle facoltà di fisica, matematica o ingegneria sono quasi sempre stereotipi e pregiudizi spesso inconsci o trasmessi dalla famiglia, come l’idea che le donne abbiano una maggior inclinazione per le materie umanistiche. Una situazione che non hanno vissuto né Beranzoli né Batistoni.

Ho avuto la fortuna – racconta Batistoni – di essere educata in una famiglia in cui non esistevano stereotipi o modelli predefiniti. Io infatti sono stata educata come persona, non come donna o bambina, e questo mi ha permesso di scegliere chi volevo diventare in maniera libera”. Così i suoi interessi si sono concentrati su un settore della fisica che più degli altri era ed è a prevalenza maschile: la fusione nucleare. “Quando ho iniziato – spiega – le donne erano davvero sparute e anche oggi continuano ad essere la minoranza con numeri, nel mio campo della fisica nucleare, intorno al 20%”.

Il motivo, secondo Batistoni, è da ricercare soprattutto nella mancanza, durata molto a lungo, di modelli a cui ispirarsi, oltreché a difficoltà di carattere ambientale e strutturale. “La carriera scientifica – spiega – è meravigliosa ma può essere dura. Richiede impegno, tempo, dedizione e in mancanza di supporto e di una rete familiare è complicato conciliarla con una famiglia”.

L’assenza o la scarsa efficacia delle misure e dei servizi a supporto delle famiglie e dei genitori sono secondo Beranzoli anche la causa della disparità nei percorsi di carriera: “Apparentemente le condizioni di accesso in ambito tecnico-scientifico sono le stesse, ma poi le carriere divergono e i ricercatori maschi finisco per fare più carriera delle colleghe”.

Il doppio carico di lavoro

A penalizzare le donne bloccandone l’avanzamento è secondo la scienziata il cosiddetto doppio carico di lavoro: quello fuori e quello dentro casa. “Per migliorare la situazione – propone Beranzoli – serve allungare e rendere obbligatorio il congedo di paternità e rivedere le norme che regolano la maternità, tenendo anche conto delle differenze tra i vari ambienti di lavoro. Nel caso della ricerca scientifica, per esempio, i finanziamenti vengono erogati sulla base della valutazione della qualità della ricerca di un ente dall’agenzia Anvur. Questa agenzia però richiede un livello di produttività che non tiene conto del periodo di maternità o dei primi anni di vita dei figli, quando una donna ha un carico di lavoro aggiuntivo faticosamente compatibile con l’attività scientifica”.

Eppure carriera e famiglia non sono e non dovrebbero essere due mondi inconciliabili perché, come ricorda spesso Batistoni alle sue colleghe più giovani: “Vorrei che se ne vedessero non solo le difficoltà ma anche il valore. Una donna scienziata può dare molto alla famiglia visto che è abituata ad affrontare problemi complessi e ad avere sempre una visione molto ampia. Essere madre non significa solo rispondere ai bisogni materiali di un figlio ma anche portargli un arricchimento umano e culturale facendolo partecipare e comunicandogli la passione e l’entusiasmo verso il proprio lavoro”.

Le donne si autosabotano

Se il sistema non aiuta le scienziate a farsi strada in ambito Stem, spesso sono però anche le donne stesse ad auto-sabotarsi a causa di pregiudizi inconsci e alla scarsa autostima che le tiene distanti dai ruoli di vertice. “Io stessa – rivela Beranzoli – in passato non mi sono proposta per le posizioni di leadership o per ruoli dirigenziali perché li consideravo incarichi poco operativi. In realtà è proprio al livello decisionale che si ha la possibilità di cambiare le cose e quindi bisognerebbe sensibilizzare e incoraggiare le donne stesse a occupare quante più poltrone possibili”.

Le donne al vertice o a livello di quadri sono infatti ancora molto scarse, sia nel settore pubblico, come ad esempio l’università o la ricerca, che in quello privato. “L’opinione che l’uomo sia più adatto per questi ruoli – pensa Beranzoli – è ancora diffusa anche se non viene più palesata come in passato perché sarebbe politicamente scorretto”.

La carriera è solo questione di tempo

Secondo Batistoni è però solo questione di tempo perché le cose cambino anche a livello apicale: “Stiamo scontando il ritardo dovuto ad anni in cui le donne erano poche e quindi non c’erano materialmente i numeri per entrare capillarmente a tutti i livelli. Oggi però dobbiamo dare il tempo che si completi un ciclo”.

Secondo lei infatti il clima negli ambienti di lavoro e le possibilità per le scienziate sono radicalmente cambiati rispetto a quando si è affacciata alla professione: “Quando io ho iniziato – racconta – la discriminazione delle donne era presente ed evidente, soprattutto quando c’era da decidere un avanzamento di carriera. Nei ruoli di responsabilità prevaleva infatti la selezione per cooptazione e gli uomini finivano sempre per scegliere altri uomini. Oggi invece i processi sono più aperti e trasparenti e questo aiuta le donne”.

Che i tempi siano maturi lo dimostra secondo la scienziata anche l’atteggiamento degli uomini verso le donne al vertice. “All’inizio della mia carriera – rivela Batistoni – percepivo chiaramente la resistenza dei colleghi uomini a lavorare con una capo donna, soprattutto se giovane come ero io. Ora invece vedo un clima diverso, le colleghe sono capaci e disinvolte nel coordinare uomini, e gli uomini sono molto più disposti ad accettare la leadership delle donne in posizioni di responsabilità”.

Aumentare le menti dedicate alla ricerca

Una situazione quindi che dovrebbe motivare le giovani ad avvicinarsi alle materie Stem, anche alla luce delle notevoli possibilità che offre il mercato in questi settori. Ne è un esempio il nuovo esperimento di fusione nucleare a cui sta lavorando la dottoressa Batistoni a Frascati. “Stiamo lavorando allo sviluppo di tecnologie molto innovative che possono contribuire alla soluzione della transizione energetica, una delle maggiori sfide del nostro tempo– rivela – e abbiamo quanto mai bisogno di scienziate e scienziati giovani che si dedichino a trovare soluzioni sostenibili. Anche nel nostro Paese dove appunto le possibilità lavorative non mancano e le sfide scientifiche sono sempre più urgenti”.

Aumentare il numero di giovani donne e di ragazze nel settore Stem non risponde, infatti, secondo le due esperte solo a una necessità di giustizia sociale. C’è secondo loro anche bisogno di aumentare quanto più possibile le menti che si dedicano alla ricerca e all’innovazione per trovare risposte alle più grandi sfide del nostro tempo, prima tra tutte quella climatica ed energetica. “È necessario – afferma Batistoni – che nella ricerca scientifica siano rappresentati il punto di vista e le opinioni delle donne. Infatti solo assicurando la più ampia inclusione e diversità sarà realizzare una società più giusta e sostenibile”.

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  • Gloria |

    Articolo stupendo, ciò che volevo esprimere lo hanno detto benissimo le due valide scienzate

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