La differenza salariale tra uomini e donne nel settore privato ha raggiunto nel 2022 quasi 8mila euro l’anno: gli ultimi dati dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’Inps registrano un gender pay gap di 7.922 euro. La retribuzione media annua complessiva è di 22.839 euro: per gli uomini è di 26.227 euro, per le donne scende quasi del 30%, a 18.305 euro. Le disparità sono vistose sia per età sia per territori (le retribuzioni medie al Nord sono pari a 26.933 euro, quelle al Sud e nelle Isole viaggiano a 16.959 e 16.641 euro), a conferma della ragnatela di disuguaglianze che avvolge la penisola.
“Le Misure che Contano”: in piazza a Roma il 15 novembre
“Il rapporto Inps ha finalmente sottolineato perché il dato ‘felice’ spesso riferito all’Italia sul gender pay gap sia stato finora completamente falsato”, commenta Costanza Hermanin, presidente di EquALL che, nella Giornata europea per la parità retributiva, mercoledì 15 novembre, ha coinvolto tante altre associazioni (tra cui The Good Lobby, Comitato Ventotene, Road to 50, Period Think Tank, Tocca a Noi, Pari Merito, BASE Italia, Libera di Abortire) per la manifestazione “Le Misure che Contano”, in piazza del Pantheon. Una maratona con flash mob contro le disparità salariali, di genere e tra generazioni.
La fotografia del divario
“Finora – spiega Hermanin – siamo sempre stati piazzati nella parte alta delle classifiche europee sulle disparità salariali, ma solo perché come riferimento prendevamo i contratti collettivi del settore pubblico e in particolare, come spesso ha spiegato anche la dirigente Istat Linda Laura Sabbadini, quelli dei contratti dirigenziali dove ci sono molte donne superistruite”. Adesso, finalmente, è stata fatta chiarezza, dando “misure più verosimili e precise del divario enorme che esiste in Italia basate anche sulle tipologie dei contratti, che per le donne sono molto più spesso part time che per gli uomini, quindi retribuiti meno in assoluto e in media oraria”. Contratti part time, caratterizzati da pause significative tra l’uno e l’altro, che portano a un gap pensionistico del 40 per cento.
La zavorra del lavoro non retribuito
Anche i nuovi dati, tuttavia, non danno la misura completa delle diseguaglianze di genere in Italia, che passano in parte significativa dal non-lavoro e dal lavoro non retribuito. “Siamo stabilmente il Paese d’Europa con il più basso tasso di partecipazione femminile e con il più grande scarto tra uomini e donne (circa 60-40) che lavorano o sono alla ricerca d’impiego”, ricorda la presidente di EquaLL. “Invece, quando si tratta di lavoro di cura non retribuito siamo in testa alle classifiche: fino a quattro volte in più il tempo dedicato dalle italiane ad anziani, figli e casa rispetto agli uomini”.
Una protesta contro tutte le disparità
Siccome questi dati peggiorano invece che migliorare (lo scorso anno l’Italia ha perso 16 posizioni nel Global Gender Gap Index del World Economic Forum), EquALL ha coinvolto anche realtà che non hanno la parità di genere o salariale come prima missione nella raccolta dei dati alla base delle “Misure che Contano”. L’obiettivo è sottolineare tutte le disparità. Si partirà alle 12, a poche centinaia di metri dal Parlamento. “Quelle Camere – conclude Hermanin – che misure dovrebbero adottare e attuare, dato che il 15 novembre segna simbolicamente il giorno in cui le donne europee, e assieme a loro le italiane, smetteranno di guadagnare per l’anno in corso, mentre i loro compagni uomini saranno retribuiti fino al 31 dicembre”.
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