La scuola è sempre più cara: il diritto allo studio è a rischio?

In un contesto di aumenti dei prezzi su ogni fronte, ecco puntuali i rincari sui libri e sul materiale scolastico. Secondo il monitoraggio effettuato dall’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori – i costi del materiale scolastico, stanno registrando un aumento medio del 6,2% rispetto al 2022.

E così dopo aver fronteggiato le vacanze estive, in qualche modo e molto spesso cambiando le abitudini rispetto agli anni precedenti, le famiglie italiane si trovano a settembre a dover gestire le spese scolastiche, che per molti si riveleranno una stangata inaspettata. Complessivamente, secondo Federconsumatori, la spesa per il corredo scolastico ammonterà a circa 606,80 euro per ciascun alunno. A questa somma si aggiunge il costo dei libri: per ogni studente in media si spenderanno 502,10 euro per i testi obbligatori + 2 dizionari. La variazione rispetto al 2022 è del +4%.

Va annotato che il costo è annuale, certo, ma non è distribuito nei mesi di frequenza scolastica: va fronteggiato tutto nei primi due mesi, ovvero tra settembre e ottobre.

A queste stime si possono aggiungere i costi per i device elettronici, i programmi e i dispositivi necessari per l’utilizzo didattico, strumenti ormai divenuti indispensabili per la partecipazione scolastica. Dallo studio effettuato dall’Osservatorio, emerge che tra computer, webcam, microfono, antivirus, programmi base, una famiglia può arrivare a spendere da 393,88 euro a 3.844,90 euro (considerando per antivirus e programmi i costi su base annua), con un rincaro del +2,3% rispetto al 2022. E si aggiunga naturalmente la spesa per la connessione a internet.

Più alti i costi per le prime

Le spese scolastiche sono particolarmente alte per gli alunni delle classi prime, dovendosi dotare di un corredo che, presumibilmente, poi negli anni verrà riutilizzato.

In particolare uno studente di prima media spenderà mediamente per i libri di testo + 2 dizionari 488,40 euro (+10% rispetto allo scorso anno), e 606,80 euro per il corredo scolastico e i ricambi durante l’intero anno, per un totale di 1.095,20 euro.

Agli studenti e studentesse di prima liceo si attribuisce una spesa media per i libri di testo + 4 dizionari di 695,80 euro (+2% rispetto allo scorso anno), e di 606,80 euro per il corredo scolastico e i ricambi, per un totale di 1.302,60 euro.

Tabella Federconsumatori con i costi del materiale scolastico

E ci sarebbe anche un’altra spesa da prendere in considerazione: pare che in Italia uno studente su 4 ricorra alle lezioni private, implicando per la famiglia un budget di circa 400 euro. Lo ha raccontato a maggio Ripetizioni.it – piattaforma italiana per le lezioni private online e in presenza – diffondendo i dati di una survey che ha coinvolto un campione di 10.000 alunni di scuole medie e superiori. Quando le lacune sono profonde, le ripetizioni si prendono durante tutto l’anno scolastico. Il che comporta un esborso decisamente importante: 1 su 10 arriva a spendere oltre 1.000 euro all’anno, con punte che sconfinano, in rari casi, fino a 2.000 euro.

Come si può risparmiare?

Passaggi di proprietà da fratelli, sorelle o cugini più grandi, scambi di quartiere, mercatini online: non sono certo queste le risposte per salvare le famiglie dai costi scolastici, per quanto possano essere dei cuscinetti che parano la caduta.

Secondo Federconsumatori, acquistando prodotti tecnologici rigenerati si risparmia circa il 38%. Acquistando i libri usati, invece, si risparmia oltre il 26%. Con il bonus libri (detto anche Bonus Scuola o Dote Scuola) si può ottenere un aiuto concreto, ma essendo erogato a livello amministrativo, per chi ci pensa solo a settembre può essere troppo tardi per accedervi.

Restano le varie detrazioni e alcune carte speciali dedicate agli studenti per ottenere sconti su prodotti e servizi specifici. Sono sufficienti per garantire ai nostri giovani e alle nostre giovani un accesso davvero paritario, libero e incondizionato alla cultura? Conviene chiederselo oggi più che mai, dato che non si fa che declamare a ogni piè sospinto che quello che serve è “un cambio culturale”, che agisca dall’interno e dalle basi nella formazione degli adulti di domani.

Povertà minorile in Italia

Lo studio è un diritto e non può dipendere da fattori economici. La spesa per la scuola sta contribuendo a mettere in crisi le famiglie, e questo non è accettabile. Anche considerando che in Italia oggi sono 2,66 milioni (il 28,5%) i minori a rischio povertà ed esclusione sociale, secondo i dati 2022 Eurostat. E continua ad aumentare la percentuale dei minori in povertà assoluta, che vivono in famiglie che non hanno la possibilità di acquistare beni e servizi essenziali: secondo gli ultimi dati disponibili (Istat 2022, anno 2021) sfiora quota 1,4 milioni, pari al 14,2%. Un dato che è quadruplicato a partire dalla crisi globale del 2007/2008, arrivando a colpire un minorenne su 7 nel 2021.

Tra le famiglie con minori, l’8,3% è in condizione di povertà ed esclusione sociale. Questo significa che nel 2021 più di 400mila minori  di età compresa fra 1 e 15 anni (il 5,2%) non poteva permettersi di consumare un pasto proteico al giorno, vale a dire almeno una porzione di carne, pesce o pollo (o equivalenti vegetariani) al giorno. Ecco allora che la scuola assume un doppio ruolo, al di là di quello culturale: garantisce un pasto proteico ed equilibrato e di qualità attraverso la mensa, perlomeno alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria. Un servizio essenziale per offrire opportunità di salute oltre che di apprendimento, un modo per azzerare la povertà alimentare dei bambini e delle bambine dai 3 ai 10 anni.

Secondo Save the Children, nelle province ove si concentrano gli alunni che vivono in famiglie più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico e culturale, la presenza della mensa alla scuola primaria è correlata a migliori risultati scolastici.

Ma la mensa è un servizio offerto dai Comuni, perciò paradossalmente è più presente e con maggiore qualità proprio nei Comuni più ricchi e organizzati del Paese. Laddove la povertà socioeconomica e la povertà educativa sono più incisive, invece, le mense sono più discontinue e meno curate, soprattutto nel Mezzogiorno che è l’area geografica con maggiore incidenza di povertà alimentare. Come si può arrivare dunque a tappare le falle economiche sui materiali scolastici, se non si è nemmeno in grado di strutturare un servizio egualitario e non divisivo per un bisogno primario come il cibo?

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