L’Italia sta ancora scontando le conseguenze dovute alla pandemia e alle successive crisi economiche e sociali, che hanno peggiorato la situazione del Paese in merito all’inclusione di donne e bambine/i. In Italia oggi sono quasi 15 milioni i bambini, bambine e donne che vivono in regioni che non garantiscono un adeguato accesso a istruzione, salute, opportunità economiche e partecipazione sociale e politica. Sono bambini, bambine e donne che vivono in contesti di esclusione grave e molto grave, un dato allarmante che mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
È questa la principale evidenza del report “Mai più invisibili 2023”, a cura di WeWorld – organizzazione italiana impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne e bambini in 27 Paesi, compresa l’Italia – che analizza l’inclusione di donne, bambini e bambine nel nostro Paese attraverso 30 indicatori, con una visione ampia, dinamica, personale e sociale, intersezionale e universale dello sviluppo.
L’Italia in una situazione di stallo
L’Indice fotografa un Paese non ancora in grado di garantire piena protezione e promozione dei diritti di donne, bambine, bambini e adolescenti. In Italia, quasi 1 minore su 3 (29%) e 4 donne su 10 (38%) vivono in regioni caratterizzate da forme di esclusione grave o molto grave. Secondo il Rapporto, infatti, l’Italia continua a vivere in una situazione di stallo: da un lato il divario territoriale tra Sud e Nord non viene colmato e dall’altro, le Regioni in partenza più virtuose, che assicuravano già livelli base di inclusione maggiori, non sono riuscite a raggiungere traguardi più ambiziosi, in alcuni casi anche peggiorando la propria performance. In generale, per donne, bambine e bambini lo svantaggio deriva dalla discriminazione che subiscono non solo come donne e minori, ma anche perché appartenenti ad altri gruppi sociali soggetti a pregiudizi (per etnia, classe sociale, orientamento religioso e sessuale).
Le disuguagliane interne nei territori
Ogni Regione, anche quelle che risultano più in alto in classifica, è caratterizzata da forme di disuguaglianza interne. Nelle Regioni dove il grado di esclusione risulta grave o molto grave, queste disuguaglianze si acuiscono, creando un divario enorme tra coloro che hanno pieno accesso ai proprio diritti e chi nasce in contesti svantaggiati dove anche l’accesso a esperienze educative di qualità o l’occupazione femminile e le politiche inclusive di conciliazione vita lavoro sono quasi un miraggio.
“La pandemia e le crisi che si sono intrecciate negli ultimi anni hanno ulteriormente peggiorato le condizioni di chi già viveva in condizioni di fragilità, come donne, bambini/e e adolescenti, con il rischio che divari e disuguaglianze diventino incolmabili” commenta Marco Chiesara, Presidente di WeWorld. “Per invertire la rotta servono interventi tempestivi, che sappiano innescare un cambiamento sostanziale attraverso la trasformazione delle norme sociali, culturali e giuridiche. Non basta però lavorare con le realtà locali, le persone e le comunità: servono interventi strutturali, politiche attente al genere e alle generazioni più giovani che introducano strumenti per favorire l’empowerment di donne e bambini/e; serve, soprattutto, costruire una visione del mondo e della società che non sia più maschio-centrica e patriarcale”.
In Italia peggiorano le opportunità economiche
Dal 2018 al 2023, il valore dell’Indice è cresciuto solo di 0,2 punti, passando da 55,6 a 55,8 e rientrando nella categoria di “inclusione insufficiente”. Nel 2023, l’Italia è peggiorata soprattutto per quanto riguarda le opportunità economiche e la partecipazione politica delle donne, mentre la condizione di bambini/e e adolescenti è peggiorata nelle dimensioni dell’istruzione, della salute e del capitale umano.
Il Sud resta fanalino di coda
Le prime cinque Regioni in Italia per inclusione di donne, bambini e bambine, secondo il report di WeWorld, sono Provincia autonoma di Trento, Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna. Ottava il Lazio, nona la Lombardia dove pesano negativamente bassa qualità dell’aria (la peggiore in Italia, dopo il Veneto) e tasso di imprenditorialità femminile, inferiore alla media nazionale (24,1% contro 26,6%). Fanalino di coda, le Regioni del Sud, dove dal 2018 è aumentata la quota di minori a rischio di esclusione sociale (da 39% a 43%: ciò significa che al Sud e nelle Isole più di 4 minori su 10 sono a rischio di esclusione sociale), per un totale di 1 milione e 377mila bambine e bambini.
Dal 2018 a oggi, Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata continuano a essere le ultime cinque Regioni italiane per inclusione di donne, bambine e bambini. In Calabria, la Regione più povera d’Italia con 2 famiglie su 10 sotto la soglia di povertà e un PIL pro-capite pari a 17.600 euro (contro una media nazionale di 30.100), il 43% di minori è a rischio di esclusione sociale, contro una media italiana del 27,7%; nel 2022, in Calabria i posti autorizzati nei servizi per prima infanzia sono solo 12 su 100, contro una media nazionale di 27.
La Campania è la regione in cui si registra la più alta percentuale di minori a rischio di esclusione sociale: 58,5% nel 2022, cioè circa 570mila bambini/e; con 11 posti autorizzati nei servizi per la prima infanzia ogni 100 bambini/e, registra il risultato più basso di tutto il Paese.
La Sicilia registra il tasso di abbandono scolastico più alto del Paese, 21,2%, contro una media nazionale del 12,7%. In Sicilia si registra la percentuale più bassa di donne laureate o in apprendimento permanente: rispettivamente 22,6% (media nazionale del 33,3%) e 6,8% (media nazionale del 10%).
In Basilicata, fanalino di coda dell’Indice di WeWorld, 1 minore su 3 è a rischio di esclusione sociale; nel 2022, 4 studenti di terza media su 10 (40%) non hanno competenze alfabetiche adeguate e 5 su 10 (48,9%) numeriche. Nel 2022, la differenza tra tasso di occupazione femminile e maschile era di circa il 25%, contro una media nazionale del 18%.
Le buone notizie
• Il Molise registra il tasso di abbandono scolastico più basso d’Italia: 7,6% contro una media nazionale di 12,7%.
• Il Friuli-Venezia Giulia è la regione con la minor quota di famiglie che vivono in condizioni di deprivazione abitativa: 2,3% contro una media nazionale del 5,9%.
• Nelle Marche, tra il 2018 e il 2022, la quota di minori a rischio esclusione sociale è diminuita di più di 10 punti: da 19,4 a 9,27%; in Piemonte da 22,5 a 18,7% (più di 116mila minori), contro una media nazionale del 27,7%.
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