Iran, 100 giorni di violenze. Tajani all’ambasciatore: “Italia indignata”

(Photo by Allison Bailey / NurPhoto / NurPhoto via AFP)

L’Iran di fine 2022 ha il volto di Saha Etebari, 12 anni, uccisa il giorno di Natale dopo che gli agenti del regime hanno aperto il fuoco contro l’auto in cui viaggiava con i genitori, nella provincia di Hormozgan. Ha il sorriso fermo di Sarasadat Khademalsharieh, nota come Sara Khadem, la giocatrice di scacchi, gran maestra femminile, immortalata al Campionato mondiale 2022 in Kazakistan senza indossare l’hijab obbligatorio. Ha la voce rotta dal pianto di Mohammad Moradi, cittadino iraniano di 38 anni, che ha pubblicato un video su Instagram per denunciare la violenta repressione della Repubblica islamica e subito dopo si è suicidato lanciandosi nel fiume Rodano, a Lione in Francia.

Il vaso è colmo. A oltre 100 giorni dalla morte di Mahsa Amini mentre era in custodia presso la polizia morale per qualche ciocca di capelli sfuggita al velo, davanti allo scempio dei giovani manifestanti impiccati nella pubblica piazza e delle ragazze stuprate fino a morirne, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, non ha potuto più aspettare, come aveva annunciato, che l’ambasciatore iraniano designato in Italia, Mohammad Reza Sabouri, presentasse le credenziali al capo dello Stato, Sergio Mattarella, e lo ha convocato alla Farnesina oggi alle 12. “La gravità della situazione in Iran – ha spiegato il ministero in una nota – ha indotto il governo a fare questo passo”.

Tajani all’ambasciatore: “Italia indignata e preoccupata

Tajani ha manifestato all’ambasciatore “l’indignazione e la preoccupazione dell’Italia per quello che sta accadendo nel Paese”. “Ho ricordato – ha detto il ministro a margine – che non è una questione di ordine pubblico uccidere una bambina di 12 anni, di 14 anni o un ragazzo di 17. Non ha niente a che vedere con la tutela della sicurezza nazionale del Paese. Ci auguriamo che l’Iran risponda positivamente alla richiesta dell’Italia”.

“Per noi italiani e per noi tutti europei la pena di morte è una linea di non ritorno, soprattutto se utilizzata per chi si oppone al governo e per motivi futili”, ha scandito Tajani. “O vengono sospese le esecuzioni – ha continuato – o continueremo a condannare con grande fermezza ciò che sta accadendo. Noi difendiamo i diritti umani, la libertà di stampa e la liberta di manifestare. Avevamo sperato che con la liberazione di Alessia Piperno ci fosse un’inversione di tendenza ma purtroppo così non è stato e quindi la posizione dell’Italia è stata ufficialmente riferita all’ambasciatore”.

L’escalation del regime

La Human Rights Activists News Agency, agenzia iraniana che raduna gli attivisti per i diritti umani con sede negli Usa, ha pubblicato un nuovo rapporto sottolineando come il numero di esecuzioni nel Paese – il primo al mondo da 43 anni per tasso di esecuzioni pro capite – sia aumentato di oltre l’88% nel 2022. La ong Iran Human Rights, con sede a Oslo, ha invece aggiornato a 476 il bilancio dei manifestanti uccisi dal 16 settembre, giorno della morte di Mahsa Amini. Sarebbero almeno cento i manifestanti attualmente a rischio di esecuzione e di condanne alla pena di morte, ma il numero potrebbe essere sottostimato, perché la maggior parte delle famiglie viene ridotta al silenzio.

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha mostrato ancora il pugno di ferro. ”Nessuna pietà” per chi protesta e si dimostra “ostile” alla Repubblica islamica, ha dichiarato ieri durante un comizio a Teheran, accusando “gli ipocriti, i monarchici e tutte le correnti antirivoluzionarie”.

Dalla Spagna alla Francia, l’Europa si muove

La Spagna aveva già convocato l’ambasciatore a settembre, subito dopo lo scoppio delle proteste. La Germania e la Gran Bretagna hanno fatto lo stesso a inizio dicembre dopo la prima esecuzione di un manifestante. Il Parlamento francese ha approvato una risoluzione per esprimere il suo pieno sostegno al “movimento per la libertà” e il presidente Emmanuel Macron ha ricevuto all’Eliseo la giornalista e attivista Masih Alinejad, invisa al regime teocratico guidato dal leader supremo Ali Khamenei.

L’ultimo Consiglio europeo, il 15 dicembre, nelle sue conclusioni ha condannato con fermezza le recenti esecuzioni e ha chiesto alle autorità iraniane di “porre fine all’ingiustificabile uso della forza nei confronti dei manifestanti pacifici, in particolare nei confronti delle donne” e alla pratica della pena capitale. “L’Unione europea – si legge nel testo – si oppone fermamente al ricorso alla pena di morte in qualsiasi momento e in ogni circostanza, in quanto inaccettabile negazione della dignità e dell’integrità dell’essere umano”.

Si mobilita il mondo dello spettacolo: il 7 gennaio presidio a Napoli

È arrivata a quasi 57mila firme in pochi giorni la petizione lanciata da Marisa Laurito, Luciano Stella, Tosca, Edoardo Bennato, Nino Daniele, Andrea Morniroli, Desiree Klain, Alfredo Guardiano, Tiziana Ciavardini, Gianni Pinto, insieme a un gruppo di artisti, intellettuali e volontari della società civile, per chiedere a Khamenei “l’immediata fine delle esecuzioni capitali e la fine delle repressioni da parte del regime sul popolo iraniano. Desideriamo che venga data la possibilità a tutte le donne e uomini iraniani di poter manifestare la propria disperazione nei confronti del ‘sistema iraniano’. Un regime che da circa 44 anni non ha mai concesso il diritto fondamentale di ogni essere umano: la libertà“. Nell’appello ci si rivolge anche alla premier Giorgia Meloni e al ministro Tajani, sollecitandoli ad assumere una “posizione decisa” nei confronti del regime, e al presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, perché convochi all’atto del suo insediamento l’ambasciatore iraniano, dichiarandolo “persona non grata“.

Una grande manifestazione è in programma il 7 gennaio alle 12 al Teatro Trianon, di cui Laurito è direttrice artistica, in piazza Calenda a Napoli. Seguirà un evento analogo al teatro Officina Pasolini a Roma il 21 gennaio alle 17, in Viale Antonino di San Giuliano. “Quello che sta accadendo in Iran è orribile: non è la guerra tra due fazioni”, ha detto Laurito commossa a “Chi l’ha visto” su Rai Tre. “È uno scempio, perché stanno ammazzando giovani che combattono per un diritto che dovremmo avere tutti alla nascita: la libertà, il rispetto delle proprie opinioni. Non possiamo mettere la testa nella sabbia come uno struzzo. Dobbiamo combattere, dobbiamo protestare insieme a loro, dobbiamo fargli capire che non sono soli. Perché questi ragazzi sono degli eroi: bisogna stare insieme a loro”.

L’Iran di fine 2022 è un incubo, a due passi da noi. Ma è anche un promemoria: ci ricorda cosa conta, e quanto conta.

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