Il benessere psicologico ha bisogno di gentilezza

Ipocrisia e opportunismo oppure garbo e cortesia?
Spesso la gentilezza è vista in maniera biunivoca. C’è chi la reputa alla stregua di una falsità, un buon viso a cattivo gioco, volto a raggiungere un obiettivo. Dall’altra parte, chi invece la ritiene una sincera cordialità, un gesto amabile da portare avanti con convinzione. Eppure, può esserci una terza via.

È quella che ci suggerisce Guido Stratta, fondatore dell’Accademia della Gentilezza, parlando di azioni gentili come spazi relazionali nuovi tra le persone, senza giudizi. Una disposizione d’animo fondata su ascolto, comprensione e fiducia, che valorizza le qualità di tutte le persone coinvolte.
Una modalità che consente conflitti costruttivi, espressione libera e non gerarchica di idee, accettazione, riconoscimento dell’altro nella sua interezza. Una dimensione complessa, dunque, che prende forma a partire dalla persona, posta al centro. Un atteggiamento che rifiuta il cinismo e si muove nel paradigma del noi, per “far scendere le decisioni dalla testa al cuore”, puntando sul sentire.

È in questa cornice che la gentilezza si fa alleata del benessere psicologico. Non solo perché gesti realmente gentili sono come balsamo relazionale, ma anche perché un atteggiamento di questo tipo verso se stessi, consente di accettarsi e amarsi appieno. La cura – che sia di sé o delle altre persone – può infatti concretizzarsi solo all’interno di questo processo.

Ed ecco allora che l’Accademia della Gentilezza si impegna a raccogliere – grazie al contributo di aziende e organizzazioni – parole e comportamenti gentili. Tra questi, ve ne sono tre che racchiudono concetti essenziali per il benessere psicologico: consapevolezza, perdono e vulnerabilità.

Consapevolezza

Definita dall’Accademia della Gentilezza come “un percorso di evoluzione personale per conoscere i propri limiti e opportunità” la consapevolezza dovrebbe essere alla base di tutto ciò che facciamo. Conoscere permette infatti di riconoscere. Che siano tratti di sé, segnali d’allarme di malessere psicologico, difficoltà e così via. Il primo e più sentito atto di gentilezza che possiamo fare verso di noi è quello di essere consapevoli. È solo così che è possibile costruire il proprio benessere psicologico. Lo si può fare informandosi, ponendosi domande, cominciando un percorso alla scoperta di sé.

Perdono

Perdonarsi e perdonare sono comportamenti complessi da mettere in atto. Secondo le persone che hanno contribuito al progetto dell’Accademia della Gentilezza, siamo di fronte all’atto di “accettare il fallimento mio, o dell’altro/a, per non essere riusciti a fare quello che si sperava di realizzare”. Una definizione che pone l’accento sull’accettazione: per poter perdonare, infatti, è necessario prima accogliere. Un altro ingrediente imprescindibile per poter costruire benessere psicologico. Possibile solo in presenza di uno sguardo gentile che abbraccia gli sbagli senza la pretesa di correggerli.

Vulnerabilità

La vulnerabilità rimanda al mostrare le proprie fragilità, ma anche alla facilità con cui – nel momento in cui lo si fa – si può essere attaccati. Esporsi, aprirsi, raccontarsi. Tutti comportamenti che ci rendono vulnerabili, ma, proprio per questo, anche estremamente coraggiosi. Il benessere psicologico si fonda infatti proprio su questo, ossia sul coraggio di mostrarsi.
La definizioni di vulnerabilità che si trova all’interno dell’Accademia della Gentilezza pone l’accento su un aspetto inedito: “manifesta al mondo ciò che ti emoziona.” Ecco allora riconosciuto lo spazio anche alle emozioni, elementi essenziali per il nostro stare bene.

Persone consapevoli di sé, che sanno perdonare e perdonarsi e che mostrano con coraggio le proprie vulnerabilità non solo sono persone gentili, ma anche individui che hanno un potere – inteso come possibilità di azione – sul proprio stato di benessere. Protagonisti e protagoniste della propria salute psicologica. E quindi – di conseguenza – anche di quella altrui. Perché, come ci ricorda Guido Stratta:

“Chi si dedica a quello che più lo appassiona, in un contesto relazionale appagante, è motivato dunque lavora bene e ottiene risultati sostenibili e duraturi, generando benefici per il singolo e la comunità in un meccanismo virtuoso che fa bene all’intero ecosistema.”

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  • Paola Girelli |

    Riflessioni a mio avviso fondamentali, che aprono scenari relazionali orientati ad una sana accettazione e alla gestione dell’errore proprio ed altrui, utili a vivere la fragilità e l’imperfezione come possibili e accettabili. Sulla strada della gentilezza si possono incontrare nuovi modi di stare ed essere, anche nei contesti organizzativi, rendendoli davvero inclusivi .

  • Gloria DI Rienzo |

    Un grande plauso a gino Stratta.Un bel articolo che con sempliciità ha reso noto una puccola, grande essenza delle relazioni umane.Qursto articolo dovrebbe essere pubblucizzato di più anche con spot televisivi e magari tappezzando le mura della città.Gesti gentili, quelli veri pirtano Lla costruzione della società fermando e bliccando l’autodistruzione verso cui ci stiamo avviando.In famiglia, nelle scuple, negli amvienti di lavoro invece di premiare compirtamenti da bulli o cisiddetti furbi bisogna far apprendere con pazienza il rispetto, la gentilezza e l’umanità.

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