Nel sud Italia le donne guadagnano più degli uomini?

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Prof, ma è possibile che i dati Istat siano sbagliati?

NO

Ma al Sud mi viene un gender pay gap NEGATIVO … cioè le donne guadagnano più degli uomini!

Il gender pay gap (GPG) indica solitamente la differenza di genere nella retribuzione media oraria espressa in percentuale della retribuzione media maschile, e la sua disaggregazione per ripartizione geografica mostra effettivamente un valore positivo al Centro-Nord e un valore negativo al Sud e nelle Isole (Figura 1, Fonte: ns. el. su dati Istat [1]).

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Differenza di genere nella retribuzione media oraria (in % della retribuzione maschile) per ripartizione geografica – Ottobre 2018

Per leggere correttamente questi dati dobbiamo tener conto del fatto che la retribuzione media oraria usata per calcolare il GPG viene ottenuta come rapporto tra la retribuzione mensile percepita dai dipendenti delle imprese con più di 10 addetti[2] e le ore lavorate (ordinarie e straordinarie).

La differenza di genere nelle ore lavorate (il denominatore del rapporto) è tutta a favore della componente maschile, ed essendo più marcata al Sud e nelle Isole rispetto alla media nazionale (si veda ad esempio la differenza nella media annua rappresentata nella Figura 2, fonte: ns. el. su dati Istat) contribuisce alla riduzione del GPG in queste ripartizioni territoriali.

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Differenza di genere nelle ore lavorate (ordinarie e straordinarie) in media annua (in % delle ore lavorate maschili) per ripartizione geografica – 2018

Infatti, se osserviamo la differenza di genere nella retribuzione media annua, invece di quella oraria, notiamo che il gap torna ad essere a favore della componente maschile in ogni area geografica. Anche in questo caso, però, la differenza nelle ripartizioni meridionali risulta notevolmente più bassa rispetto alle ripartizioni del Nord (rispettivamente 11,55% nelle Isole, 10,11% nel Sud, 15,81% nel Centro, 18,21% nel Nord-Est e 21,64% nel Nord-Ovest contro il 17,35% del dato nazionale).

La Banca d’Italia (2022) sottolinea, a tale proposito, il ruolo della composizione settoriale dell’occupazione nel Mezzogiorno, caratterizzata da un forte sottodimensionamento del settore privato a cui si accompagna una maggiore incidenza dei settori a prevalente gestione pubblica, dove la maggioranza dei dipendenti è di genere femminile[3].

“Istruzione, sanità e servizi delle amministrazioni pubbliche rappresentavano nel 2019 il 23% dell’occupazione delle regioni meridionali, a fronte di meno del 18% del Centro Nord“. Questa diversa composizione settoriale dell’occupazione si riflette sulle retribuzioni: “data la minor qualità degli impieghi offerti dalle imprese private e l’omogeneità sul territorio nazionale delle retribuzioni pubbliche, nel Mezzogiorno è particolarmente elevata la differenza tra il salario medio nel pubblico impiego e quello nel settore privato. Nel quinquennio 2014-2019 la differenza tra i due settori ammontava a circa il 36 per cento nel Mezzogiorno e al 18 nel Centro Nord”

Banca d’Italia (2022)

Ciò significa che al Sud le donne meno qualificate hanno maggiore probabilità di essere inoccupate o di lavorare in imprese con meno di 10 addetti (restando così fuori dalle statistiche sulla retribuzione), mentre quelle più qualificate trovano occupazione soprattutto nel settore pubblico, contribuendo così a sostenere il salario medio femminile e a ridurre la differenza di genere nella retribuzione annua.

Un GPG negativo è dunque possibile, in linea di massima, in alcune partizioni dell’insieme degli occupati a causa della disomogeneità delle caratteristiche individuali o delle posizioni lavorative, disomogeneità che risulta invece diluita nell’aggregato nazionale. Ad esempio, se per ipotesi l’occupazione femminile italiana fosse interamente concentrata nel settore pubblico e quella maschile fosse interamente concentrata nel settore privato, il GPG nel nostro Paese sarebbe negativo (-26,7%), perché la media nazionale della retribuzione femminile nelle attività a controllo pubblico è di 19 euro l’ora, mentre la retribuzione maschile nelle attività a controllo privato è solo di 15 euro l’ora (dati Istat (1).

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[1] – La fonte dei dati è la Rilevazione sulla Struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro (RCL-SES) relativa all’anno 2018. La rilevazione riguarda i lavoratori dipendenti, retribuiti nell’intero mese di ottobre 2018, sia dalle Imprese e Istituzioni Private sia dalle Istituzioni Pubbliche, dei settori extra-agricoli (sezioni Ateco 2007 da B ad S), con almeno 10 dipendenti. La rilevazione italiana copre anche la sezione O (Amministrazione pubblica e Difesa) opzionale per il regolamento europeo. La retribuzione media oraria a cui si fa riferimento è relativa al mese di ottobre, mese convenzionalmente utilizzato a livello internazionale in quanto caratterizzato da bassa stagionalità (minori eventi di assenza o feste nazionali che riducono il numero dei giorni lavorati), e viene calcolata come rapporto tra la retribuzione percepita dai dipendenti (escluse le retribuzioni in natura e le componenti non regolari, ma includendo le retribuzioni per ore straordinarie) e le ore retribuite dal datore di lavoro (incluse le ore lavorate ordinarie o straordinarie, le ore retribuite e non lavorate per ferie, festività, malattia a carico del datore). I dati relativi all’indagine RCL-SES sono disponibili a livello aggregato nella banca dati Eurostat, ma le tavole per l’Italia sono diffuse anche come file Excel allegato alla Statistica Report 18 marzo 2021.

[2] – Le imprese con meno di 10 addetti occupano in Italia il 44% degli addetti totali, così suddivisi per ripartizione geografica: 37% nel Nord-Ovest, 40% nel Nord-Est, 44% nel Centro, 58% nel Sud e 63% nelle Isole. I dipendenti nelle imprese con meno di 10 addetti sono rispettivamente il 25% a livello nazionale, così suddivisi per ripartizione geografica: 19% nel Nord-Ovest, 22% nel Nord-Est, 25% nel Centro, 38% nel Sud e 44% nelle Isole. La componente femminile rappresenta complessivamente il 47% di questo aggregato, e rispettivamente: 49% nel Nord-Ovest, 51% nel Nord-Est, 49% nel Centro, e 41% nel Sud e nelle Isole (ns. el. su dati Istat-Asia 2017; dati estratti il 12 Nov 2022).

[3] – Nel 2017 le donne erano il 57% degli occupati nel settore pubblico, il 66% nel servizio sanitario nazionale, e il 79% nella scuola (Ragioneria generale dello stato, Tavola 11, Istat Allegato-statistico _26-febbraio-2020).