Musica, Elena Somarè e il fischio per l’emancipazione delle donne

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La musica è uno strumento potente per parlare a tutti e al cuore, far sentire un’altra voce, l’uguaglianza tra uomini e donne. E’ simbolo di emancipazione come racconta Elena Somarè, la più grande interprete internazionale di fischio melodico.

“Il fischio è uno strumento mal considerato nei secoli soprattutto per le donne – racconta ad Alley Oop, prima di esibirsi nel concerto di apertura della stagione musicale nell’isola di Gotland in Svezia – per la posizione della bocca. In realtà tutti gli strumenti a fiato erano considerati poco consoni per una donna, perché si poteva alludere a qualcosa di sessuale”.

Nella storia il fischio è stato associato ai demoni: l’unica opera fischiata è il Mefistofele di Arrigo Boito, dove il diavolo entra in scena fischiando, e questo fa si che sia sempre stato considerato uno strumento maleducato e particolarmente brutto per una donna.

Ci sono molti proverbi a riguardo, in Italia “il fischio di donna inviso alla Madonna”, in Inghilterra e in Svezia: “una donna che fischia e una gallina che gracchia, non vanno bene né per Dio né per gli uomini”. Per le donne fischiare era considerato un male, un atto “indecente” in Europa e ancora oggi nei paesi musulmani, a differenza degli Stati Uniti.

“Se in Italia fischiare in un luogo pubblico, per esempio a teatro sembra segno di disapprovazione – descrive Somarè – negli Stati Uniti equivale a un applauso, e questo ha fatto sì che a inizio secolo ci siano state delle fischiatrici. Negli anni Venti c’era anche una scuola di fischio, frequentata da donne: qui è sempre stato un simbolo di emancipazione femminile”.

Alice Show è una famosa fischiatrice americana che tra Ottocento e Novecento, incarnando la rivolta delle suffragette, lasciò il marito e girò il mondo da solista del fischio accompagnata dalle sue due bambine. “E’ anche stata un simbolo – sottolinea l’artista – dei movimenti che chiedevano il diritto di voto alle donne”. 

elena-somare-1Sia in Italia che in giro per il mondo, il fischio è segno di emancipazione femminile, perché uno strumento prima negato. “Anche adesso normalmente si dice alle bambine di non fischiare – spiega Somarè – e le madri ricordano a loro volta le mamme, che le ammonivano. Ma poi quelle delle mie allieve, si rendono conto che il fischio è un suono meraviglioso e aggraziato, che colpisce il cuore”.

Quando è andata ad Abu Dhabi, l’ha voluta l’ambasciatore dell’Unione Europea. “Ho suonato all’auditorium della Sorbonne in un concerto colto per ragazzi universitari. Mi ha presentata il ministro per la tolleranza – racconta Elana Somarè ad Alley Oop  – Di fronte a me avevo un pubblico bianco e nero, indossavano gli abiti tradizionali e le ragazze portavano il capo coperto. Molte erano artiste, mi hanno fatto vedere delle opere favolose, è stato un momento di grande unione. L’arte va al di là di tutto, e riesce a comunicare messaggi con più forza”.

foto-per-indiaE’ stato curioso fischiare anche in India, una situazione che l’artista definisce “border line”, dove ci sono movimenti femministi e un grosso lavoro per cercare di migliorare la situazione. “Molti sono i casi di donne uccise – precisa l’artista  – la condizione femminile è drammatica, e fischiare è stato forte. In certi paesi è più eclatante, in altri per esempio in Svezia nei luoghi di migrazione come i ghetti, il messaggio è fare musica per presentare uno strumento nuovo”.

Elena Somarè fischia da quando è piccola. Già all’età di 6 anni fischiava le arie delle opere, e sua madre la esibiva davanti agli amici. “Ho avuto la fortuna di non essere mai bloccata, quando fischiavo – racconta – vengo da una famiglia di sette generazioni di pittori da parte di padre. Fischiare era normale, come qualunque forma artistica. Ho fatto la fotografa, poi la regista di documentari musicali, e ho incontrato un grande musicista, Lincoln Almada.  Con la sua guida e il suo aiuto ho capito che avrei potuto usare questo mio talento innato e farlo diventare lo strumento di una ricerca artistica”.

elena-1-pA lei non piace essere considerata un fenomeno, una virtuosa, ma una donna che fa musica, parla fischiando, come se cantasse. E per poterlo fare una cantante deve conoscere la musica. Elena Somarè quasi sempre si esibisce in duo con un chitarrista svedese, e in trio con Almada (arpa, chitarra e fischio) oppure in quartetto aggiungendo un pianoforte, in un unione di linguaggi di paesi diversi.

Si chiama Respiro l’ultimo album, uscito nel novembre 2021. In questa terza opera, dopo le grandi melodie napoletane in Incanto del 2016 e il repertorio sudamericano di Aliento del 2019, Elena Somarè decide di interpretare un repertorio di brani celebri di fine anni’ 60 e ’70: passati alla storia come Blackbird dei Beatles, Moonchild dei King Crimson o By this River di Brian Eno.

Tanti gli ospiti presenti, da Morgan Agren, ultimo batterista di Frank Zappa, al sound designer berlinese Bernhard Woestheinrich, ma anche la cantante Ada Montellanico, il bassista romano Fabrizio Sciannameo e, infine, Pat Mastelotto dei King Crimson, con un simbolico omaggio in Blackbird.

Del repertorio sudamericano Elana Somarè suona Don Gardenias, canzone composta dalla pianista cubana Isolina Carrillo nel 1945, “Gracias a la vida” di Violeta Parra, e “Todo Cambia” che anche se scritto da un compositore cileno, è stato reso famoso da una donna, Mercedes Sosa.

elena-somare-2Nel primo album “Incanto” dedicato alla musica napoletana, non ci sono compositrici donne, e ha scelto la melodia italiana per raccontare il suo strumento: “Sono partita dalla prima forma di canzone nel 1500, quando il fischio era usato nel Rinascimento – spiega – ma con l’avvento degli strumenti a fiato è stato sostituito da strumenti come il flauto”

Nell’ultimo disco Elena Somarè racconta come il fischio sia uno strumento pari a tutti gli altri. Il suo “arte del fischio” (Dantone) è un manuale unico in tutto il mondo, che insegna a fischiare il senso di “libertà”. E dell’Italia confida ad Alley Oop che ci sono ambienti chiusi, poca curiosità da parte della stampa e associazioni che vedono il lato della liberazione femminile, più politico. “C’è il sospetto verso la novità – conclude – non ci sono sovvenzioni. Gli italiani hanno insegnato a fare canzoni a tutto il mondo, ma le arti non vengono finanziate. Si investe su chi è famoso, mentre all’estero c’è più curiosità”.

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