Nella antologie di poesia del Novecento le donne sono praticamente assenti. Una delle raccolte cardine che indaga storie, gruppi, correnti della poesia, è “Poeti italiani del Novecento” di Pier Vincenzo Mengaldo, dove su 50 poeti antologizzati si cita una sola donna, Amelia Rosselli. Accadeva nel 1978, ma in un’altra importante antologia, quella di Berardinelli e Cordelli, “Il pubblico della poesia”, del 1975, già vi erano 64 poeti di cui 2 donne; mentre l’antologia di Cucchi e Giovanardi, “Poeti italiani del secondo Novecento”, 1996, raccoglie 60 poeti di cui 8 donne. Le domande che nessuno osava porre, le sollevò già nel 1976 Biancamaria Frabotta curando l’antologia “Donne in poesia”, la prima di sole voci femminili, dal dopoguerra alla metà degli anni Settanta. Le autrici antologizzate sono ventisei, dalle già note Margherita Guidacci, Maria Luisa Spaziani, Amelia Rosselli, Anna Maria Ortese, alle allora esordienti Patrizia Cavalli e Vivian Lamarque. La poesia delle voci femminili acquista forse per la prima volta grazie a Frabotta un valore civile, nel momento in cui l’identità conquistata attraverso la lingua poetica, si immerge nel discorso ampio della Storia, ponendo un segno importante non solo sul piano linguistico e culturale, ma anche in quello sociale e politico. Quella delle donne nella poesia è dunque sì una storia di esclusione dal canone, ma anche di presa di coscienza di questa marginalità, con modalità di affermazione che si fanno nel tempo sempre più solide e rigorose.
Lo scorso 12 giugno a Milano è avvenuto un incontro, promosso dalla poeta Elisa Donzelli, docente di Letteratura italiana contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa, che ha voluto accanto a sé altre sette poete italiane della generazione post ’68, per tracciare un sentiero, raccogliere percorsi e testimonianze, rispondere insieme a un interrogativo: cosa è accaduto alle donne in poesia nate dopo il Sessantotto, potenzialmente figlie di quelle madri e poi nipoti o sorelle minori delle donne nate negli anni Sessanta?
Nel documento con il quale ha lanciato la chiamata, Donzelli sembra voler riavvolgere il nastro a partire proprio dall’antologia di Frabotta, recentemente scomparsa, della quale ha raccolto una preziosa testimonianza lo scorso 15 aprile, poco prima della perdita. “Il titolo non era stato scelto con facilità, non senza difficoltà e ripensamenti” racconta, parlando dell’antologia citata: “Quale la questione aperta? Non solo e non tanto poesia femminile, come inizialmente si era pensato per l’antologia, ma “donne in poesia” in quanto voci interiorizzate come maschili, femminili, cangevoli di fronte al cruccio dell’identità ma accomunate dall’idea della ‘separatezza come punto di forza’, non della ‘esclusione culturale’ rispetto agli uomini”. Donne in poesia, dunque, nel senso di una ricerca e un dispiegamento del modo in cui la voce femminile con la sua peculiarità percorre il canone poetico. E l’intenzione, con questi incontri dedicati alle “Donne in poesia post 68”, è di comprendere cosa è accaduto alla generazione successiva a quella di Frabotta, attraverso gli interventi di poete con storie, formazione, biografie, provenienze geografiche diverse, figlie del precariato, e anche artefici e testimoni di nuovi concetti di maternità, unione di coppia e famiglia.
A un tavolo moderato dal poeta Marco Pelliccioli, si sono dunque sedute Maria Borio, Tiziana Cera Rosco, Laura Di Corcia, Elisa Donzelli, Isabella Leardini, Francesca Matteoni, Marilena Renda, Lidia Riviello. Insieme, non unite ma creando un’armonia di controcanti, hanno cercato di rispondere alle domande poste da Donzelli, provando a capire come le loro esperienze possono entrare in tangenza con la lingua della poesia, e se esiste una specificità poetica femminile o comunque legata all’essere donna. Maria Borio, classe 1985, curatrice della sezione poesia di «Nuovi Argomenti», richiama l’attenzione sulla differenza dei termini “poeta” e “poetessa”. È una scelta chiaramente non grammaticale (poeta sarebbe il termine corretto, anche se poetessa è di più antica attestazione), ma è soprattutto una scelta che si lega alla percezione di una tradizione che vede la donna marginalizzata, in favore di quel maschile che detiene il potere. Perché poi è sempre lì la questione: il potere. Lo è davvero?
Isabella Leardini rivendica che in quella marginalità non si sia vista una costellazione: “Le autrici sono state anche protagoniste, ma sempre trattate come evidenze ed eccezioni. Donne che, benché impossibilitate a percorrere certe strade, non avrebbero potuto fare diversamente. Questo elemento affascinante le fa spiccare come eccezioni, e disinnesca un’idea preziosissima: la costellazione di presenze che erano in rapporto tra loro e brillavano insieme in una certa epoca”. A questa immagine, Donzelli aggiunge che non è vero che non esiste un canone femminile, è che non si è voluto capire e vedere che questo canone contiene storicamente voci plurime, non è una corrente unitaria. Ed è tanto più vero per questa generazione, per la quale il precariato (del lavoro, delle relazioni, dell’abitare) è stato caratteristica fondante, accentuando distanza e individualismo, ma allo stesso tempo, tra le difficoltà a raggiungere l’età adulta, ha dato luogo a gruppi microgenerazionali che hanno favorito il dialogo, proprio come in una costellazione, unendo i puntini, siamo in grado di vedere un disegno unitario. In questo movimento generazionale, che va dall’interiore all’esteriore e poi ritorna, la poesia riveste un ruolo che può essere fondamentale, come spiegano le parole della poeta e artista Tiziana Cera Rosco: “Il linguaggio è una grande forma di accoppiamento, non solo con il mondo, ma anche con quei frantumi di se stessi che si sono persi”.
L’indagine e il raccordo tra le donne in poesia post 68 è solo all’inizio. Quello del 12 giugno a Milano è stato infatti il primo di una serie di incontri, all’interno del progetto di ampio respiro “Poeti post 68”, per il quale il 3 luglio l’appuntamento è a Bergamo, organizzato da Marco Pelliccioli, sull’aspetto dello stile e delle tecniche della poesia. Mentre dopo l’estate, Elisa Donzelli incontrerà altre poete italiane per porre le stesse domande. “Mi auguro cambino le risposte delle poete che hanno accolto la sfida sororale di partecipare a questo incontro” dice, “consapevole che – io per prima – non sarò in grado di rispondere, o di rispondere per davvero, al modo delle nostre madri”.
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