Quali sono le aziende più ambite dalle lavoratrici?

Diverse people working in the office

Sono 131 le aziende che hanno ottenuto la Certificazione Top Employers Italia 2022 e tra i tanti aspetti analizzati per la valutazione, c’è anche quello della Diversity & Inclusion (D&I). Per la quasi totalità delle imprese (il 97%) questa tema è ormai un imperativo strategico a livello organizzativo, meno invece quelle che hanno delle attività strutturate e continuative a proposito (il 76%). Massimo Begelle, regional manager Italy & Spain Top Employers Institute, ha spiegato ad Alley Oop come sta cambiando il mondo delle aziende.

Perché c’è questo “gap” ? A che punto siamo in Italia sull’attuazione e la misurazione delle politiche aziendali di D&I?

I dati per il 2022 ci dicono che c’è consapevolezza sull’importanza di questi temi, ed è già un buon punto di partenza. Quando poi chiediamo come si “cala” questo impegno valoriale nelle strategie, c’è un numero minore di aziende attive perché non è sempre facile tradurlo in progetti specifici. Direi che questo “scostamento di attuazione” è dovuto al fatto che si tratta di progetti complessi e inter-funzionali, che per essere realizzati necessitano di più tempo. Ma siamo sulla strada giusta.

Quali sono dal vostro punto di vista le misure di D&I più diffuse?

Negli ultimi anni c’è stata un moltiplicarsi di iniziative. Nella fase iniziale di sperimentazione, la diversità è intesa soprattutto come quella di genere e i progetti sono dedicati alla crescita professionale delle donne in azienda, dal supporto famigliare a programmi dedicati all’ empowerment al femminile, che ormai ha più di un’azienda su due (61%). Un esempio è il progetto di Ima, azienda metalmeccanica che ha deciso di investire sul riequilibrio di genere in ruoli di responsabilità – in un settore ancora prevalentemente maschile – supportando la crescita professionale interna delle donne.

Partendo dal genere, sempre più aziende stanno sviluppando un’attenzione alla diversità intesa in senso più amplio, dall’età alla provenienza etnica “allenandosi” anche a riconoscere ed includere diversità meno visibili, come la disabilità o disagio psicologico. Questo riflette anche la profonda trasformazione del mondo del lavoro: oggi ogni collaboratore organizza la propria vita lavorativa in maniera diversa e mai come ora è importante saper ascoltare le diverse necessità delle persone e fornire risposte personalizzate. Un esempio in questo senso è l’iniziativa Job Station di Accenture per favorire l’inclusione sul lavoro di persone con storie di disagi psichici, attraverso un accompagnamento con Tutor esperti.

Quante aziende misurano l’efficacia di queste azioni? Com’è possibile valutarne l’impatto, oltre che l’implementazione?

Il tema della misurazione è sempre più rilevante. La sfida è di trovare degli indicatori che possano essere monitorati nel tempo, ma non è semplice perché il processo interno come abbiamo visto è complesso e trasversale a diverse funzioni aziendali, e non c’è una formula magica. Alcuni kpi meno “hard” sono per esempio l’ascolto dei collaboratori, il successo legato alla partecipazioni delle iniziative o la co-creazione di programmi. Saper chiedere e ascoltare è un primo parametro di valutazione delle iniziativa, sembra semplice o scontano ma non è così ed è spesso alla base del successo delle iniziative dedicate ai collaboratori.

Top Employer Institute include la D&I all’interno di un più amplio tema di strategia aziendale di sostenibilità e CSR. Anche le aziende lo fanno?

Fino ad oggi le aziende avevano aree di intervento “a silos”, come la D&I o la CSR ma i cambiamenti normativi sulla rendicontazione non finanziaria da un lato e quelli organizzativi, che impongono oggi all’impresa di avere chiara la propria identità e il proprio purpose per saper attirare talenti e capitali finanziari dall’altro, stanno modificando le cose. Dal nostro punto di osservazione, sempre di più i temi legati alla “s” degli Esg richiedono un approccio trasversale e integrato, che si riflette poi nel racconto delle attività.

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