Le sfide del lavoro agile nel 2022

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Il richiamo al ricorso diffuso allo smart working sta rimbalzando in questi giorni fra politica, associazioni datoriali e aziende. Ma anche il pubblico tornerà ad applicare l’opzione considerato che la pandemia non sembra allentare la sua morsa e i dati continuano a peggiorare. Un tentativo di guardare oltre l’emergenza, eprò, è già stato fatto e così lo scorso 7 dicembre è stato siglato il Protocollo nazionale sulla modalità di lavoro agile, con l’obiettivo di definire nuove linee guida per lo smart working.
Il dibattito sul lavoro per obiettivi, a quasi due anni dal deflagrare del Covid anche nel nostro Paese, è infatti più che mai attuale. Nei prossimi mesi, si giocherà il futuro di molti lavoratori e aziende.

Il tema è stato al centro del dibattito organizzato da Mindwork “Lavoro agile: l’equilibrio tra benessere e performance”, a cui sono intervenuti professionisti con background e osservatori differenti, per provare a delineare insieme le sfide del lavoro agile nel prossimo futuro.

La chiave di tutto è uscire dallo schema stretto della presenza fisica obbligatoria sul luogo di lavoro, tutti i giorni, alla stessa ora. Suona semplice, in realtà è uno dei processi di cambiamento più rivoluzionari a cui abbiamo mai assistito” ha sottolineato Chiara Bisconti, ex manager e assessora al comune di Milano e oggi autrice di “Smart Agili Felici” (ed. Garzanti)

Ma se l’obiettivo finale può sembrare scontato, come supportare e accompagnare questo cambiamento all’interno delle organizzazioni? Sono tre gli elementi che emergono come priorità su cui lavorare: leadership, attenzione alle aspettative delle persone e benessere psicologico.

Un cambio di paradigma come quello che interessa il lavoro agile, non è possibile se non a partire dalla leadership: le trasformazioni culturali, infatti, hanno bisogno dell’ingaggio e della responsabilità del management. “Cambiano gli strumenti, non cambia il senso per il quale esistono i manager, che è quello di raggiungere gli obiettivi che l’azienda pone. È sicuramente vero, però, che più si spinge su obiettivi e performance, più è naturale pensare al manager come project manager, che ha bisogno di risorse compatibili e valide. La chiave, diventa anche attrarre e non farsi sfuggire le persone giuste” osserva Fabio Comba, human resources director di KPMG Italy.

Rispetto alle aspettative che “le persone giuste” possono avere, Carlo Albini, responsabile innovability people and organization del Gruppo Enel, ricorda: “In questa fase di preparazione alla futura normalità penso che una delle maggiori preoccupazioni delle funzioni HR debba essere la tutela delle aspettative che i colleghi hanno maturato nel corso degli ultimi 18 mesi sulle potenzialità dei futuri modelli di lavoro ibridi”. Una tutela non semplice che dovrà fare i conti con la normativa ma anche con le esigenze future delle organizzazioni. “È fondamentale, in ogni passaggio di questa trasformazione, non rompere quel “patto di fiducia” che si è creato durante questi lunghi mesi di pandemia. Per far questo dobbiamo rimanere consistenti con quanto ipotizzato e condiviso sui nuovi modi di lavorare e mantenere alto il livello di attenzione e cura per le persone, dando sempre maggiore spazio e supporto al benessere personale ed organizzativo” insiste Albini.

Di fiducia, a più riprese, ha parlato anche Chiara Bisconti, per la quale questo senso di sicurezza fa necessariamente rima con responsabilità: “Il lavoro agile è un patto di libertà, basato su due parole fondamentali: responsabilità e fiducia. In questo patto le aziende imparano a vedere le proprie persone per quello che sono, ovvero adulte e responsabili; e riescono a costruire attorno a loro un clima di fiducia, dove le stesse persone possono organizzare liberamente il lavoro, in accordo con gli obiettivi dell’azienda e nel rispetto delle proprie esigenze di vita”.

È in questo equilibrio, dunque, che si ritrova anche il benessere psicologico: il lavoro agile, infatti, è potenzialmente uno spazio di libertà in cui le persone possono trovare il passo giusto per loro, nel rispetto del proprio lavoro e della propria salute psicofisica.

Non si potrà prescindere, comunque da un’analisi che parta da un punto di vista giuslavorista. Lavorare per obiettivi pone sul piano questioni delicate e tutt’altro che banali, come ha spiegato l’avvocato Giorgio Manca, partner e head of employment di DWF Italy: “Lo smart working impone un cambio di paradigma. Si passa, per la prima volta, ad un lavoro per “fasi, cicli ed obiettivi”. É una trasformazione del concetto di lavoro subordinato. A fronte di un’incondizionata libertà di scelta di tempi e luoghi di lavoro, il collaboratore si obbliga, per la prima volta, a raggiungere specifici target. Ma cosa accade se questi obiettivi non vengono raggiunti? Può il datore di lavoro recedere dal rapporto di lavoro in presenza di una performance non conforme alle aspettative? La giurisprudenza italiana sullo scarso rendimento è molto rigida”.

Su più livelli, dunque, le sfide per le aziende che adottano la modalità di lavoro agile: performance e processi da una parte, aspettative e benessere psicologico dall’altra. Nel mezzo, la leadership e il suo ruolo di farsi promotrice e facilitatrice del cambiamento. A partire dal ruolo HR.

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