Si alzi in piedi chi non è mai stato stuprato

lidia

Si alzi in piedi chi non è mai stato stuprato. O forse è più facile così: si alzi in piedi chi pensa di essere stato violato ma non crede sia giusto condividerlo perché potrebbe essere frainteso, umiliato, mistificato.

Comincio io. Ho perso la verginità il 31 ottobre 2009, dodici anni fa, avevo 20 anni. Indossavo dei leggings viola American Apparel, scarpe con il tacco gialle di Zara, la maglia dei Lakers e portavo delle lunghe ciglia finte color oro. Il mio primo Halloween negli Stati Uniti. Ero vestita da Kobe Bryant.

Negli anni precedenti quando vivevo a Milano avevo avuto delle esperienze con ragazzi che mi piacevano, baci, carezze e approcci più o meno intimi, mi ero avvicinata molto a S. ma non siamo mai riusciti ad avere quello che in molti definiscono “un rapporto completo”. Guardando indietro trovo che la paura di essere vista principalmente come oggetto sessuale dalla maggior parte degli uomini rimbombava nella mia testa ad ogni nuovo incontro, la sensazione era quella di essere etichettata come una facile, di poco valore. Questa sensazione era legata all’ immaginario della donna nera che avevo visto descritta nei film o nei racconti da bar che spesso sentivo. Pensiero che influenzava molto il mio modo di rapportarmi agli altri non solo agli uomini, mi ero convinta di
dover essere una donna che chiedeva solo di essere usata, per niente romantica e sensibile, ma fredda distaccata e legata solo alla forma.

Quando conoscevo un ragazzo non arrivava mai l’incontro in famiglia, o l’uscita con gli amici: quasi sempre una scusa o il tempo cancellavano quelle possibilità. E io, più passava il tempo, più credevo che quelle attenzioni fossero qualcosa che non meritassi, e più mi convincevo di non averne bisogno.

Succede che durante l’estate del 2009 decido di trasferirmi a NY per iniziare la formazione alla mia seconda accademia di danza. Cominciata la scuola, a metà settembre, cercavo come molti, di accattivarmi amicizie e simpatie dei nuovi compagni newyorkesi; ho allora suggerito alla mia roommate di dare una festa per Halloween nel nostro appartamento e invitare tutta la scuola. Lei e le altre tre ragazze con cui condividevamo la 2bedroom l’hanno trovata una buona idea e così, detto fatto: metà accademia era nel nostro appartamento nel Financial District per la festa di fine
ottobre o inizio novembre: la festa dei morti.

Quella sera c’era anche Lui, un ragazzo brasiliano ammesso all’Alvin Ailey Dance School, la nostra accademia, con una scholarship del 100%, molto amato da alunni e insegnanti perché oltre ad avere delle doti invidiabili nella danza da donne e uomini (gambe alte, collo del piede e salti) era molto affascinante e di bella presenza. Sapevo che aveva una mezza tresca con la mia compagna di stanza – che però era anche fidanzata con un ragazzo di Seattle – e non mi sarei mai immaginata che potesse trovare interessante me. Non credo neanche sapesse frequentassi la stessa scuola. Invece quando gli animi si scaldano e i primi drink iniziano a scendere, lui si avvicinava per ballare e io, felicissima e lusingata, sono alla continua ricerca di sue attenzioni.

Dopo molti cocktail ci spostiamo di palazzo e andiamo dai “vicini”: a quel punto io sono molto ubriaca ma non abbastanza da non poter ricordare ancora oggi cosa accadde; continuiamo i giochi amorosi a distanza per non farci “beccare” dalla roommate, balliamo, continuiamo a bere. Ci chiudiamo nel bagno dell’appartamento dei vicini sconosciuti, qualche bacio e poi usciamo, io ho paura che qualcuno si accorga di questa strana situazione. Ma poi ci troviamo lì, nella stanza del garbage (uno spazio del grattacielo dedicato solo alla spazzatura) , dove qualcosa è cambiato per sempre.

Siamo soli e lontani dai nostri amici, dalle mie amiche, lui mi bacia e mi parla in una lingua che non è la mia e non è la sua ma è quella dei gesti, e quella è universale e io lo capisco che lui vuole spingersi oltre, molto oltre. Troppo per me. Cercando di rimanere attraente nonostante super alcolici e imbarazzo, gli chiedo di fermarsi, di non allungare troppo le mani, di allontanarsi, lo faccio con le parole, con i gesti, con il corpo ma sempre con il sorriso: forse un sorriso frainteso.

Un sorriso che non avrei dovuto fare, perché quel sorriso viene scambiato per un lasciapassare: con quella che mi sento di definire una forza che ha poco a che fare con l’amore e la delicatezza di un rapporto amoroso mi blocca i polsi e qualcosa cambia. Me ne accorgo perché all’improvviso devo ricoprire le mie parti intime con i miei leggings viola, e scappare da quella stanza puzzolente quanto prima.

Torno al party e incontro una delle mie coinquiline: lei deve andare al bagno e anche io devo fare pipì, ma la fila nell’appartamento dei vicini è troppo lunga. Decidiamo di tornare a casa nostra, è anche tardi, siamo stufe. Rientriamo in casa passando per
una NY in festa e siamo giovani e siamo libere di essere quello che vogliamo. Ma allora perché non ci sentiamo così? Vado al bagno, esce del sangue insieme alla pipì, non capisco subito, lo comunico alla mia amica, rimaniamo a guardarci, fisse, dentro un momento scolpito nella mia mente come sordo vuoto eppure infinito.

Ho perso la verginità il 31 ottobre 2009, dodici anni fa, avevo 20 anni. Indossavo dei leggings viola American Apparel, scarpe con il tacco gialle di Zara, la maglia dei Lakers e portavo delle lunghe ciglia finte color oro. Il mio primo Halloween negli Stati Uniti. Ero vestita da Kobe Bryant. E sono stata stuprata.

In occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne sarò a Torino per #ISEEYOU, un camp di prevenzione alla violenza, un progetto artistico che propone un percorso pedagogico ed esperienziale per contribuire e dar voce a una cultura della prevenzione. Il camp si aprirà ufficialmente giovedì 25 novembre, alle 19.00 presso l’OFF TOPIC di via Giorgio Pallavicino 35 dove si terrà la serata di apertura con Danny Mendez, Ghemon e Niccolò Canova che si confronteranno sui temi dell’importanza della prevenzione.

La serata è aperta al pubblico e gratuita, i biglietti sono disponibili su Eventbrite.it a questo link. Ho ideato #ISEEYOU nel 2019 con il mio team, per dare una risposta attiva a una condizione sociale che deve cambiare la sua narrazione collettiva partendo dalla consapevolezza personale.

È importante ritrovarsi dopo l’isolamento della pandemia a fare progetti di nuovo insieme in gruppo: #ISEEYOU è un lavoro sulla propria identità e l’identità è un concetto sociale, non solo individuale. Noi siamo anche quello che gli altri riconoscono in noi e quindi lavorare da soli a distanza durante un lockdown è molto più difficile rispetto alla presenza, insieme ad altre persone con cui condividere esperienze storie movimento voce.

Ve lo chiedo di nuovo: Si alzi in piedi chi non è mai stato stuprato.

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