Sono le donne ad aver perso maggiormente in termini di salario a causa della crisi Covid: recentemente l’INPS ha certificato un taglio del 50% rispetto al 35% degli uomini nel picco della pandemia e delle misure di lockdown, causato dalla riduzione delle settimane lavorate. Un dato che fa emergere, ancora una volta, la necessità di affrontare con urgenza la questione della disparità retributiva tra donne e uomini (o ‘gender pay gap’).
Si tratta di una emergenza che viene da lontano ed è stata solo acuita dalla crisi pandemica e questo ha spinto il Parlamento ad agire con un disegno di legge che sta per tagliare il traguardo definitivo oggi, 26 ottobre 2021. Infatti l’aggravarsi dello squilibrio di genere sia in termini occupazionali che retributivi causata dalla pandemia e il varo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che pone la parità di genere come una delle linee trasversali da seguire per la sua attuazione hanno acceso i riflettori sulla necessità di approvare queste misure.
La proposta di iniziativa parlamentare è nata alla Camera a partire da progetti di legge provenienti dalle diverse forze politiche, alcune di contenuto più ampio, depositate in commissione Lavoro fin dall’inizio della legislatura. L’elaborazione di un testo condiviso da parte di tutti i gruppi è iniziata a marzo 2020 ed ha portato alla costituzione di un Comitato ristretto e di un corposo ciclo di audizioni. Otto mesi dopo, il 4 novembre, la relatrice e firmataria di una delle proposte, Chiara Gribaudo (Pd), ha portato all’attenzione della Commissione un testo unificato che è stato adottato come testo base. Il lavoro svolto dal Comitato ristretto ha portato in primo luogo alla delimitazione del perimetro di intervento, con la focalizzazione su modifiche al Codice delle pari opportunità per realizzare una effettiva parità di genere sul luogo di lavoro sia delle retribuzioni ma anche delle opportunità di crescita e di carriera. E’ stata poi condivisa la filosofia dell’intervento che poggia su due assi principali. Il primo è quello della trasparenza (con il rafforzamento dello strumento del rapporto delle aziende sulla situazione del personale maschile e femminile); perché la comparabilità di dati e situazioni è fondamentale per conoscere e intervenire. Il secondo è quello di prevedere, accanto alle sanzioni, l’approccio premiale, incentivante, con la introduzione dal 1 gennaio 2022 della certificazione della parità di genere una sorta di ‘bollino di qualità’ accompagnato (almeno per il 2022) da uno sgravio contributivo.
Tornato all’attenzione della Commissione plenaria e grazie alla prosecuzione del dialogo tra le forze politiche e con il Governo, il disegno di legge è stato esaminato, emendato ed approvato alla unanimità in due mesi (da maggio a luglio di quest’anno). Il testo è poi passato all’esame dell’Assemblea di Montecitorio che lo ha approvato a sua volta alla unanimità lo scorso 13 ottobre con 393 voti a favore. Ora la parola è al Senato dove i tempi si preannunciano strettissimi con l’ok forse già in settimana: l’esame è iniziato il commissione Lavoro il 20 ottobre e la relatrice Valeria Fedeli (Pd) ha chiesto e avuto l’assenso da tutti i gruppi di rinunciare alla presentazione di emendamenti. Quindi si attende solo il deposito dei pareri da parte delle altre Commissioni interessate per l’approvazione definitiva da parte della stessa commissione Lavoro. E’ stato infatti chiesto ed ottenuto dalla presidenza di Palazzo Madama l’esame del provvedimento in sede deliberante, senza la necessità che il testo passi anche all’esame della Assemblea.
A quel punto l’attenzione dovrà rimanere vigile sul varo dei previsti decreti ministeriali e, soprattutto, sulla applicazione concreta delle misure messe in campo.
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