Lavoro, indennità di maternità povera per le lavoratrici autonome in tempi di Covid

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Precarietà sul lavoro, disoccupazione femminile. La pandemia ha messo a nudo alcune debolezze del welfare, come dimostra il tema della maternità delle donne lavoratrici autonome. Nel momento di richiedere l’indennità, molte libere professioniste hanno scoperto che in tempi di Covid l’assegno è povero, perché si basa sul reddito dello scorso anno, e ci sono stati mesi in cui non hanno guadagnato nulla.

“Le lavoratrici autonome sono a rimborso diretto da parte dell’Inps – spiega ad Alley Oop  Carolina Casolo, consulente fiscale di 35 anni, fondatrice di “Sportello Mamme”, servizio digitale specializzato nella richiesta di ammortizzatori, indennizzi e sostegni al reddito per mamme e papà – e quindi non passano attraverso un sussidio di importo da parte del datore di lavoro”. L’ente gestisce le pratiche sia per la lavorazione, sia per l’erogazione, la disposizione dei pagamenti, la liquidità: nell’anno del Covid quella sull’indennità di maternità è aumentata a livello di difficoltà, ha subito un rallentamento, perché gli operatori lavoravano in smartworking, molte pratiche erano negli uffici e non riuscivano a gestirle. “Molte domande sono state respinte – racconta Casolo  – si sono persi i documenti. Abbiamo mamme che aspettano ancora oggi la maternità dall’epoca dell’emergenza Covid, in piena pandemia”.

Chiara, per esempio, lavoratrice in un’azienda di moda, ha avuto un problema con la domanda di maternità flessibile in modalità 1+4. Poi causa Covid-19, l’azienda le ha chiesto di annullare la flessibilità, in quanto non avrebbe avuto la possibilità di lavorare in smartworking e quindi ha inoltrato una nuova domanda in modalità tradizionale 2+3.
Poco dopo l’azienda, seguendo i vari decreti del Governo emanati in seguito all’emergenza virus, ha inserito la possibilità di lavorare da casa e quindi, la domanda è stata nuovamente convertita in modalità flessibile chiedendo, via Pec all’Inps, di non considerare la seconda domanda ma solo la prima. La situazione ha creato molteplici problemi. “Siamo dovuti intervenire – afferma Carolina  – tramite mail, Pec e appuntamenti telefonici per sbloccare la situazione e far s^ che venisse lavorata e accolta la prima domanda e non la seconda”.

Sempre a Chiara, durante il periodo di maternità, è scaduto il contratto, che non è stato rinnovato. Per questa ragione ha inoltrato anche domanda di Naspi (indennità mensile di disoccupazione), che sarebbe dovuta iniziare ad essere pagata alla fine dei cinque mesi di maternità obbligatoria. Ma anche in questo caso, ci sono stati dei problemi. La Naspi è stata accolta, ma ha iniziato ad essere erogata al posto della maternità, che invece sarebbe spettata in quel periodo e sarebbe andata persa.
“Anche in questo caso, come Sportello Mamme – prosegue la consulente fiscale – siamo intervenuti con comunicazioni inoltrate in diverse modalità, fino a che dopo innumerevoli solleciti e appuntamenti telefonici siamo riusciti a far erogare in modo corretto la maternità che poi, alla fine dei cinque mesi, è stata correttamente sostituita dall’indennità di Naspi”.

Numerosi sono i casi, in cui le donne si sono trovate nell’impossibilità di prendere appuntamenti fisicamente, perché gli uffici sono ancora chiusi, e quelli web non funzionano, poiché “gli operatori danno appuntamenti, ma non si presentano, oppure mandano un messaggio dicendo che non hanno risolto e faranno sapere a breve. Spesso non hanno idea di come si fanno le pratiche”.  La pandemia ha amplificato delle difficoltà che c’erano anche prima, sia per i lavori autonomi sia per pratiche di indennizzi a livello familiare, perché “l’Italia non è un paese adeguato – commenta Carolina – dal punto di vista dello smartworking e del digitale”.

Carolina Casolo

Carolina Casolo

Durante la pandemia la giovane consulente fiscale ha creato un servizio apposito in Sportello Mamme per aiutare le persone a compilare le domande di indennizzi: assistenza dal punto di vista pratico delle domande dirette, para-legale e psicologico per il supporto, perché questa situazione “ha inflitto un colpo alla quotidianità, alla gestione della famiglia, al rapporto con il partner”.  Francesca, marketing manager in ambito food,  ha inoltrato la domanda di maternità come iscritta alla Gestione Separata (riguarda le persone che svolgono attività professionale, ma non sono iscritte a un Ordine o ad un Albo, e si vedono riconosciuta l’indennità di maternità su un conteggio che si basa sul reddito dei 12 mesi precedenti rispetto alla data di domanda della maternità stessa). La maternità è stata accolta, ma il calcolo della stessa risultava molto più basso rispetto a quanto si aspettava. A seguito di sua richiesta di chiarimenti,  Inps ha risposto che i conteggi erano stati elaborati correttamente e più niente era dovuto.

Carolina Casolo ha seguito in prima persona la pratica e, a seguito di controlli approfonditi ha rilevato che i conteggi non erano stati eseguiti correttamente, e attraverso diversi appuntamenti e solleciti è riuscita a individuare un referente Inps con il quale dialogare in modo continuativo in riferimento ai problemi riscontrati.
Abbiamo dimostrato che i calcoli erano stati effettivamente elaborati in modo errato –spiega Carolina – e la cliente è riuscita a ottenere quanto dovuto in base ai redditi dei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile”. Successivamente ha richiesto anche la maternità facoltativa, e anche in questo caso ci sono state difficoltà nell’accoglimento della domanda, in quanto questa richiesta obbliga all’astensione effettiva dall’attività lavorativa e pertanto alla non fatturazione. Anche in questo caso la pratica ha subito notevoli ritardi (dovuti all’emergenza Covid e alla verifica della documentazione attestante l’effettiva astensione dall’attività lavorativa). Sportello Mamme è riuscito a procurare tutta la documentazione necessaria a dimostrare quanto richiesto.

Lo scorso marzo le pratiche per dimissioni volontarie sono triplicate, perché molte donne che erano dipendenti non erano in grado di conciliare casa e lavoro, smart working, e la start-up di Carolina si è trovata a gestire un picco di pratiche e dare supporto dal punto di vista legale. Federica è una collaboratrice domestica, e a seguito di licenziamento, ha inoltrato regolare domanda di Naspi. Si è rivolta a Sportello Mamme in quanto la sua domanda è stata respinta, ma lei non ne capiva le ragioni. Lo Sportello è intervenuto, e ha scoperto che la domanda era stata respinta in quanto risultava presentata dopo il periodo massimo di 68 giorni dall’ultimo giorno di lavoro. Questa informazione, però appariva errata in quanto la signora era stata appena licenziata.

“A seguito di nostri approfondimenti abbiamo scoperto che in realtà – rivela Casolo ad Alley Oop –  il datore di lavoro aveva dichiarato di averla licenziata diversi mesi prima rispetto a quanto successo realmente. A questo punto abbiamo contattato il datore di lavoro chiedendogli di prendere nel più breve tempo possibile un appuntamento in Inps per modificare questa dichiarazione sbagliata, che lui aveva dichiarato di avere inoltrato per erroreAbbiamo contattato nuovamente il datore di lavoro e lo abbiamo seguito nell’iter corretto arrivando alla modifica effettiva della comunicazione errata da lui inviata ad Inps. In seguito abbiamo presentato domanda di riesame della pratica di Naspi, che è stata accolta ed ha iniziato ad essere correttamente erogata”.

L’Italia è in una posizione anacronistica, secondo la fondatrice di Sportello Mamme, rispetto a tanti altri Paesi europei, che garantiscono una maternità con un indennizzo e una durata adeguati. “Siamo quelli messi peggio – conclude Carolina – abbiamo un’arretratezza culturale e digitale, mentre i paesi del Nord sono più avanti. La Polonia riconosce una maternità di un anno e cinque mesi, pagata al cento per cento, e da noi cinque mesi pagata all’80%; lì c’è l’incentivo a fare figli, nel mondo delle aziende sono contemplate l’assistenza familiare, asili nido, voucher, qui no. Purtroppo questo paese non dà informazioni precise e una lavoratrice deve essere consapevole di quello che è disponibile. E’ necessario recuperare, chiedere quello che spetta di diritto e non lasciare nulla al caso”.

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