Gallup lo ha chiamato “il paradosso del benessere e coinvolgimento del 2020”: nell’ultimo, incredibile anno, la nota società di ricerca e sviluppo del capitale umano ha dovuto rivedere molti degli assunti costruiti in quasi 100 anni di ascolto delle persone nelle aziende.
Ed ecco il paradosso: laddove era sempre avvenuto che, al crescere del benessere delle persone, ne aumentasse il coinvolgimento verso la propria azienda (engagement, nella sua più diffusa definizione), nell’anno del Covid a uno spaventoso aumento del malessere è corrisposta una inaspettata tenuta nei livelli di engagement.
Soprattutto per le persone che lavorano da casa, le due tendenze sono state nette: il senso di preoccupazione dei lavoratori americani è passato dal 37% al 47% e lo stress dal 48% al 59%, senza che però ne risentisse l’engagement, che è addirittura cresciuto di un paio di punti percentuali durante l’estate del 2020. In più, nonostante il malessere sia stato più pesante per chi si è ritrovato a lavorare da casa, l’engagement è invece peggiorato in chi ha continuato a lavorare nei luoghi di produzione, accentuando l’inversione di tendenza.
Sto peggio e sento maggiore vicinanza alla mia azienda. Perché?
Gallup lo spiega come un esito positivo delle tante politiche messe in atto dalle aziende, ma non solo. Sappiamo che settori diversi e aziende diverse hanno comunque adottato strategie differenti: qual è invece il filo comune che ha fatto sì che questo fenomeno avvenisse in modo evidente, che le persone restassero complessivamente vicine al proprio ruolo lavorativo, che il loro coinvolgimento letteralmente “resistesse” al malessere?
“I dipendenti sono stati grati di avere un lavoro, hanno sperimentato i benefici di una maggiore flessibilità e autonomia, si sono giovati dello sforzo di leadership fatto nel mantenerli coinvolti e hanno collaborato con i colleghi per mantenere tutto a galla. In breve, i dipendenti sono stati ispirati e tenuti insieme da un senso dello scopo condiviso“.
Questione di transizione
Tutto questo è vero ma, osserva ancora Gallup, come mai allora i livelli di engagement hanno subito delle variazioni anche in corrispondenza di alcuni eventi politici avvenuti negli Stati Uniti, per esempio peggiorando subito dopo l’uccisione di George Floyd, per risalire alcune settimane dopo al record storico del 40%? La ragione ce la dice la scienza delle transizioni.
Durante le transizioni, le persone hanno bisogno di rifare il punto mappa, di ricollocarsi nel tempo e nello spazio, di confermare, insomma, il proprio territorio di appartenenza, molto più che in tempi “standard”, quando tutto questo corre scontato sullo sfondo.
Durante le transizioni, la forte incertezza e il travolgente cambiamento, mentre impattano il nostro senso di noi, di chi siamo e di “perché” siamo, aumentano il nostro bisogno di riferimenti che restino saldi: dobbiamo verificare che la nostra rete sia ancora lì, abbiamo bisogno di fare l’appello e vedere “chi c’è”, a che cosa ancora apparteniamo. Quando questo capita a una persona singola che sta attraversando un evento importante nella propria vita, come una separazione, una maternità, un lutto, le aziende tendono a non riconoscere il suo accresciuto bisogno di appartenenza e nel migliore dei casi “fanno come se niente fosse”.
Ma questa volta, questa transizione non poteva essere messa ai margini perché complessa e personale: questa transizione ha messo insieme tutto e tutti, e così le aziende l’hanno vissuta insieme alle persone, mantenendo la prossimità. La vicinanza durante le transizioni vale doppio perché risponde a un bisogno forte. La vicinanza durante le transizioni vale doppio anche perché sono momenti di ridefinizione del sé, di conferma di senso e, se l’azienda c’è, la persona ci sarà cento volte di più. Forse non è visibile nel mezzo della transizione, quando si è nel pieno dell’apprendimento e della gestione dell’incertezza e della complessità, ma “dopo” sì: nel nuovo inizio che sempre segue alla fase neutra di una transizione, la vicinanza espressa in questa fase pagherà in termini di ingaggio, proattività, auto efficacia che le persone sapranno esprimere “al rientro”.
Si può quindi lavorare adesso su un ascolto diverso delle persone, su una valorizzazione dei diversi aspetti di sé che hanno rivelato nell’ultimo anno, malesseri e valori, attitudini, orientamenti, capacità, desideri. Si può lavorare per esserci e farle sentire viste adesso, senza aspettare il “dopo”: perché quel che le aziende fanno adesso sono semi che cadono in terreni particolarmente fertili di bisogni, ma anche di risorse naturali che potranno, dopo, fiorire.