Le differenze di genere nelle retribuzione sono più alte nel privato che nella PA

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Il differenziale retributivo di genere (GPG: Gender Pay Gap[i]) nel nostro Paese è pari al 6,2%. Questo dato, appena pubblicato dall’Istat nel Rapporto sulla Struttura delle retribuzioni in Italia – anno 2018, aggrega però due valori molto diversi tra loro a seconda che si consideri il comparto a controllo pubblico (l’insieme delle istituzioni pubbliche e delle imprese a prevalente controllo pubblico) oppure quello a controllo privato (l’insieme delle imprese sulle quali il controllo privato è totale o prevalente). Il rapporto dell’Istat evidenzia infatti che il GPG nel comparto a controllo pubblico è pari al 2,1%, mentre nel comparto a controllo privato è pari al 18,0% (Tabella 1).

Tabella 1 – Gender Pay Gap per classe di età e tipo di controllo economico

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Fonte: ns. el. su dati Istat, Rilevazione RCL-SES

E’ interessante notare, nella Tabella 1, il valore negativo del GPG nel settore pubblico per le persone con età minore di trent’anni; il segno meno indica che all’inizio del percorso di carriera la retribuzione media della componente femminile supera, e non di poco (-11,4%), quella media della componente maschile. Questo vantaggio iniziale si rovescia però, col passare degli anni, a favore della componente maschile, fino a raggiungere il 5,3% per le persone con più di cinquant’anni. Nel settore privato, invece, il GPG presenta fin dall’inizio un consistente vantaggio della componente maschile (8,2%), che cresce regolarmente al crescere dell’età fino a raggiungere il 24,4% per gli individui con più di cinquant’anni.

I dati sulla struttura delle retribuzioni orarie per genere, gruppo professionale e tipo di controllo economico sono riportati nella Tabella 2. In ogni gruppo professionale, gli occupati del settore pubblico guadagnano più di quelli del settore privato, con due sole eccezioni: i dirigenti di genere maschile e gli impiegati d’ufficio di genere maschile; per le donne, invece, le retribuzioni nel settore pubblico sono sempre maggiori di quelle del settore privato, senza eccezioni.

La retribuzione più alta per la componente femminile si registra tra i dirigenti del settore pubblico (36,1), mentre la retribuzione più alta per la componente maschile si osserva tra i dirigenti del settore privato (46,9). La retribuzione più bassa, per entrambi i generi, è quella rilevata tra le professioni non qualificate del settore privato (9,1 per le femmine; 10,3 per i maschi).

Tabella 2 – Retribuzione oraria per genere, gruppo professionale e tipo di controllo economico – Ottobre 2018 (valori assoluti in euro).

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Fonte: ns. el. su dati Istat, Rilevazione RCL-SES

Nella Figura 1 è rappresentato il livello del GPG per gruppo professionale. La classifica vede al primo posto la categoria dei dirigenti con un differenziale del 27,3%, mentre al secondo posto si posiziona la categoria degli artigiani e operai specializzati con un gap del 18,5%, seguito, al terzo posto, dalle professioni tecniche intermedie con un gap del 16,9%. L’unica categoria in cui il GPG scende sotto la soglia del 10% è quella delle professioni non qualificate (9,3%).

Figura 1 – Gender pay gap per gruppo professionale – Italia 2018

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Fonte: ns. el. su dati Istat, Rilevazione RCL-SES

Prof, la laurea serve a ridurre il GPG?

No, il GPG aumenta tra gli individui con istruzione terziaria (Tabella 3), e non di poco, perché i laureati sono occupati prevalentemente in professioni dove il gap è alto (come ad es. tra i dirigenti). Il differenziale retributivo di genere dei laureati è complessivamente pari al 18%, e più specificamente è pari al 13,4% nel settore pubblico (dove il dato per l’insieme di tutti i titoli di studio è solo del 2,1%) e al 31,7% nel settore privato (dove il dato per l’insieme di tutti i titoli di studio è del 18,0%).

Tabella 3 – Retribuzione oraria per genere, livello di istruzione e tipo di controllo economico – Ottobre 2018 (valori assoluti in euro e GPG in %).

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Fonte: ns. el. su dati Istat, Rilevazione RCL-SES

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[i] Il Gender pay gap è calcolato come differenza tra le retribuzioni orarie medie di uomini e donne espressa in percentuale della retribuzione maschile.