Con questa intervista Alley Oop comincia un viaggio a puntate, ideato e curato da Manuela Perrone, tra le “donne di editoria”, le professioniste che a vario titolo lavorano nel settore dei libri: editrici, libraie, scrittrici, bibliotecarie, comunicatrici, traduttrici, illustratrici. Tutte responsabili, ciascuna nel proprio ambito, di disegnare un pezzo importante del nostro immaginario e della nostra cultura. Buona lettura. #donnedieditoria
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“Pronto, potete leggermi l’Infinito di Leopardi?”. L’ultima telefonata ricevuta da Samanta Romanese prima di Natale è stata quella di una signora che, con estrema gentilezza e poesia, chiedeva che qualcuno le declamasse i versi del poeta di Recanati. Romanese lavora alla libreria Ubik di Trieste, viene dal mondo delle lettere, ha una laurea in storia della letteratura moderna e contemporanea, un dottorato di ricerca in Storia della letteratura di massa, un’esperienza ventennale nel mondo dell’editoria e da tre anni si è appassionata allo studio delle neuroscienze della lettura. Ma soprattutto è una donna che crede fermamente nel valore positivo della bellezza della lettura. Anche per questo, durante la seconda ondata della pandemia, ha proposto ai titolari Gaspare Morgante e Laura Terdossi il suo progetto contro l’isolamento sociale, in particolare degli anziani: una sorta di versione riveduta e corretta delle “Favole al telefono” di Gianni Rodari, ovvero letture gratuite ad alta voce per chi vuole consolarsi ascoltando bellezza.
Siamo abituati a pensare la lettura come un fatto individuale. Lei lo ha trasformato in relazione. Perché?
Sono contraria al “purché si legga”. Le persone e soprattutto i giovani devono imparare ad apprezzare e a circondarsi di bellezza anche quando si legge. Le letture al telefono rappresentano un momento di incontro a più voci: il narratore-volontario e il ricevente. In pochi giorni siamo stati sommersi dalle richieste dei volontari. È stata una dimostrazione di solidarietà e di bellezza che è andata oltre le nostre aspettative. In una quotidianità dove i rapporti umani si sono distanziati e gli abbracci sono diventati sempre più virtuali, è importante recuperare una solidarietà autentica, che metta da parte i social e torni a essere realmente sociale. Perché chi sa sorridere con la voce, si vede anche dall’altro capo del cavo e parole, suoni e pause scaldano il cuore di chi le riceve.
Qual è l’identikit di chi vi chiama?
Chi richiede il servizio è molto spesso una persona anziana, che trascorre la maggior parte delle giornate in solitudine o in isolamento. Ci sono persone che hanno letto poco nella propria vita ma che riconoscono nella lettura un momento piacevole e di valore, ma ci sono anche persone di cultura che hanno letto molto e che adesso per età o salute, non hanno più la possibilità di farlo con la stessa assiduità di un tempo. Ogni utente ha una propria storia e un vissuto e per questo l’aspetto più delicato è saper abbinare il volontario giusto. Mettere in contatto le persone richiede quella sensibilità che è richiesta come quando si affida un libro a un nuovo lettore.
La voce può sostituire il contatto fisico in questo momento difficilissimo?
I volontari sono scelti con attenzione e selezionati come cura proprio perché, come i libri, portano con sé una storia e un vissuto che rimarrà al lettore. In pochi giorni siamo stati sommersi dalle offerte di candidati volontari. Una vicinanza che è andata oltre la risposta cittadina, arrivando a un pediatra di Londra, un lettore da New York, tanti giovani, persone che provengono dal mondo dell’associazionismo, ma anche disoccupati che hanno cercato di continuare a rendersi utile alla società . Al momento sono oltre 200 i volontari che prestano la propria voce e il proprio tempo a chi ne sente la necessità. La lettura non è un servizio “qui e ora” ma è un rapporto aperto che va oltre la lettura del libro, che si crea tra i due capi del telefono. Non è un audio-libro. Sono persone che raccontano e che ascoltano e il calore reale è insostituibile.
Il lockdown ha reso più difficile il rapporto con i lettori?
Di certo “Libri al telefono” affianca e non sostituisce l’attività in presenza in libreria, dove il lavoro della ricerca della qualità dei libri rimane sempre il principale obiettivo. In un mondo editoriale che è bulimico non è semplice trovare il fil rouge della qualità. Richiede preparazione e studio continuo. La mia formazione mi ha dato gli strumenti di base, ma io stessa spesso vado a rileggermi quali sono le caratteristiche di un buon libro perché il mio impegno è andare oltre quello che io chiamo “il marketing delle fascette sui libri”. Mi piace tenere a mente le basi: il personaggio, il ritmo e tutte le caratteristiche che compongono un buon libro.
Come è cambiato il suo lavoro in questi anni?
Molto. La figura della libraia è passata dall’essere quella di una persona che poteva imporre le proprie scelte e il proprio gusto a una persona in grado a sua volta di imparare e di arricchirsi costantemente con gli stimoli che provengono dai lettori. Gli utenti di oggi sono diversi da quelli di vent’anni fa, sono più esigenti e, a volte, più preparati di chi in questo settore ci lavora da anni. A volte, invece, semplicemente fanno richieste difficili perché affidano al libro aspettative molto alte. Mi sta capitando di ricevere sempre più richieste da utenti che vogliono regalare o acquistare per se stessi libri che trattano il tema della perdita di una persona cara. E mi rendo conto che affidare nelle mani di una persona libri di questo genere rappresenta una grande responsabilità. Anche per questo, noi libraie e librai abbiamo il dovere di scegliere con sempre più cura e attenzione i libri che appaiono sugli scaffali delle nostre librerie.
Lei è un’appassionata di neuroscienze della lettura. Come hanno influito gli studi delle neuroscienze nella scelta e nella proposta dei libri?
Le neuroscienze mi hanno insegnato a guardare i libri con occhi diversi. Ho imparato a capire come funziona il cervello quando si legge e come la lettura, oltre a creare empatia tra le persone, cambia la struttura cerebrale. Appena una persona impara a leggere, il suo cervello si modifica per sempre, sia fisiologicamente sia intellettualmente. È questo che cerco di trasmettere anche agli studenti quando entro nelle scuole a parlare di libri e di lettura. Dico sempre loro che “noi non siamo nati per leggere”, facendo mia una celebre frase di Maryanne Wolf, una delle più accreditate studiose del “cervello che legge”, nonché ricercatrice dei disturbi dell’apprendimento e del linguaggio. È affascinante capire e spiegare come un’innata plasticità del nostro cervello ci permetta di interpretare i segni grafici astratti attivando aree dedicate non solo al linguaggio, ma anche alla visione. Quando leggiamo e ci immergiamo nella lettura, riusciamo a visualizzare il racconto. Per questo è fondamentale leggere e consigliare “libri belli”, perché il cervello cambia in positivo e riporta immagini positive.
In quest’ottica, come consiglia un libro a un giovane lettore o lettrice?
Una delle attività di cui vado più orgogliosa è stata proprio la riorganizzazione del reparto dedicato ai libri per bambini e alla letteratura per l’infanzia. Tralasciando la divisione libri-rosa e libri-blu che per fortuna non c’è mai stata nelle nostra libreria, lo spazio per i più piccoli è stato totalmente rivisto spostando il focus sul libro e non sul bambino. La divisione per età è secondaria, il focus è sul libro e sul gusto del bambino che non deve sentirsi inadeguato se a 9 anni legge “libri per 7”. Quando qualcuno entra in libreria e mi chiede un libro per una bambina di 5 anni, rispondo a mia volta con domande che poco hanno a che vedere con l’età o con il fatto che il libro è per una bambina o per un maschio. Ho diviso la narrativa per bambini a seconda del genere: stampato maiuscolo, il primo minuscolo e i primi lettori in autonomia.
Qual è il primo passo verso un futuro da lettore o lettrice felice?
Sono convinta che sia proprio assecondare le passioni del giovane, indipendentemente dall’età, poi il percorso continuerà con il tempo. Quando ci si rivolge al pubblico dei più piccoli, non si tratta di “vendere un libro” ma di indirizzare verso un percorso che può essere di grande ispirazione e forte crescita. Penso che questa sia stata e continui a rappresentare una delle mie attività lavorative più impegnative fatta di continua ricerca, costante studio e formazione personale. La mia prossima sfida sarà proprio la condivisione di questo percorso con le persone, come i genitori o gli insegnanti, che si occupano della scelta dei libri per i giovani. Sono convinta che ci sia la necessità di affrontare, insieme, un lavoro comune per andare oltre la copertina.
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“Libri al telefono”. Per richiedere il servizio o proporsi come volontario
Libreria Ubik Trieste
Galleria Tergesteo – Piazza della Borsa 15 – 34121 Trieste (TS)
Tel. +39 040 762947 email: trieste@ubiklibri.it