Qualche mese fa Josefa Idem mi ha raccontato la sua vita di atleta donna che ama la canoa. Uno sport da maschi. Josefa ha battuto loro e i pregiudizi. Come? Vincendo, gareggiando, diventando madre e poi gareggiando e vincendo ancora. Era il 1995 quando nacque Janek, il primogenito di Josefa. Lo allattava prima di infilarsi nel kayak sotto gli sguardi inquisitori di chi ama giudicare ma non guardarsi dentro: o fai l’atleta o fai la mamma.
Josefa andò a gareggiare all’estero con Janek ancora in culla e l’alloggio che la avevano riservato era all’ultimo piano, distaccato dalle altre stanze. Le spalle larghe e forti, la passione e la professionalità sostenevano Josefa su e giù per quei ripidi gradini, tutti i giorni, con passeggino, seggiolone, pagaia. Quella stanza era la più scomoda da raggiungere e la più distante da tutti gli altri atleti: Josefa e il suo bambino non potevano permettersi di disturbare il riposo altrui.
Essere madre e atleta professionista è stata dura. Per tutti risultava inconcepibile. E fino al 19 novembre 2020 lo era anche per le calciatrici. Ma finalmente la svolta è arrivata: la FIFPro (federazione internazionale dei calciatori professionisti) e la FIFA hanno introdotto nuove tutele per per le donne nel calcio. Una data storica in cui è stato deciso che dal 1 gennaio 2021 alle calciatrici sarà garantito un minimo di quattordici settimane di congedo di maternità (almeno 8 delle quali dopo il parto) e un indennizzo pari ad almeno due terzi dei compensi previsti in precedenza.
Si può, dunque, essere calciatrici e madri. Atlete professioniste e mamme. Senza dover scegliere, finalmente. Le calciatrici avranno anche il diritto di rimanere tesserate con la loro società di appartenenza durante il periodo di maternità. Nel caso in cui poi, nel corso della maternità, le società dovessero decidere di rescindere il contratto, dovranno motivarlo in maniera valida e dettagliata e dovranno risarcire la giocatrice con 6 mensilità.
Questi nuovi regolamenti andranno a integrarsi anche nel percorso che il calcio femminile sta facendo in Italia, quando nella stagione 2022/23 verrà riconosciuto lo status di professioniste alle giocatrici, avvicinandoci sempre più a quelle che sono le reali esigenze dello sport al femminile. Come quando Josefa gareggiava con la sua canoa e in base alle condizioni doveva scegliere tra due modi di pagaiare, uno con l’acqua e uno contro, dove l’aspetto fondamentale era ed è comunque sempre quello di mantenere la direzione giusta.