Londra, per la prima volta le donne nei board del Ftse 350 superano il 30%

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C’è anche chi non ha bisogno di quote obbligatorie. E’ il caso della Gran Bretagna, che per la prima volta vede i consiglio di amministrazione delle prime 350 aziende del Paese avere una percentuale di donne oltre il 30%.

“I dati mostrano un continuo aumento della rappresentanza delle donne nei consigli di amministrazione delle società Ftse 350. Nonostante le sfide affrontate dalle imprese attraverso la pandemia di COVID-19, la rappresentanza delle donne al vertice delle imprese è aumentata del 3,8% nell’ultimo anno” si legge nel comunicato del governo britannico.

Certo la crescita della rappresentanza femminile nei board non è avvenuta naturalmente. Le società del FTSE 350 avevano l’obiettivo posto dal governo con l’Hampton-Alexander Review di arrivare a una percentuale del 33% di donne nei consiglio di amministrazione. Ed è anche vero che nel complesso l’obiettivo è stato raggiunto, ma nel dettaglio di sono società che ancora non sono arrivate al target. E non sono poche: gli ultimi dati mostrano che il 41% delle società del Ftse 350 non ha raggiunto il 33% della rappresentanza femminile, e il governo chiede ora che tutte le aziende agiscano in modo da garantire il raggiungimento dell’obiettivo prima della fine di dicembre 2020.

Nel dettaglio, dall’analisi, emerge anche che ci sono 18 cda all’interno del Ftse 250 definiti “one and done, in cui cioé siede nel board una sola donna e non vanno oltre. C’è poi un’ultima società ancora tutta al maschile. A guarda bene un gran passo avanti dal momento che nella stessa condizione erano ben 152 nel 2011.

Mentre sono lieto che il Ftse 350 nel suo complesso abbia finalmente raggiunto questo traguardo storico, più di 100 delle principali società del Regno Unito non sono riuscite a raggiungere l’obiettivo“, commenta  il secretary of State for Business, Energy and Industrial Strategy Alok Sharma, aggiungendo: “La ricerca mostra che diversi team di leadership sono più innovativi e prendono decisioni migliori. Mentre l’economia del Regno Unito continua a riprendersi dal coronavirus, una crescente rappresentanza delle donne nei consigli di amministrazione rappresenta un’opportunità d’oro non solo per ricostruire, ma anche per ricostruire meglio“.

Dicevamo all’inizio, un processo che non è stato guidato da una legge che obbligasse a quote di genere come in Italia con la legge Golfo-Mosca, o come in molti altri Paesi europei. In Gran Bretagna nel 2016 l’Hampton-Alexander Review, incaricata dal governo, fece una ricognizione della situazione e pose degli obiettivi (il 33% entro il 2020) per le società quotate nella City. Una sorta di moral suasion, che ha visto nel febbraio scorso lo stesso ente, insieme all’Investment Association (IA), scrivere a circa 40 aziende nel Ftse 350 con una sola donna o nessuna nel consiglio, sottolineando la preoccupazione per la mancanza di diversità di genere nel loro board. Alle aziende è stato chiesto anche di indicare quali azioni stessero intraprendendo i loro consigli di amministrazione per garantire che venissero compiuti progressi per raggiungere l’obiettivo del 2020 del 33% di rappresentanza femminile. La maggior parte delle aziende ha risposto in modo propositivo, riconoscendo i vantaggi della diversità dei consigli di amministrazione e negli ultimi mesi si è adoperata per affrontare il divario di genere.

Un’altra cultura, ma lo stesso obiettivo e sempre di iniziativa del governo. Il volto dei board sta cambiando, molto più lentamente quello dei vertici aziendali. Così l’Hampton-Alexander Review aprirà dal 2 al 30 novembre alle imprese, in modo che possano caricare sul sito la situazione della composizione di genere del loro management. Un nuovo monitoraggio che servirà come cartina di tornasole per verificare se il cambiamento sta avvenendo solo perché “imposto” o se qualcosa si muove “naturalmente” all’interno dei percorsi di carriera delle aziende.