La donna tra le vittime del Covid, una su due rinuncia ai propri progetti

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I progetti delle donne sono stati falcidiati dal Covid-19. Una donna su due ha dovuto abbandonare piani e prospettive a causa del carico di lavoro aumentato che ha portato la pandemia. E 6 donne su 10 in Italia hanno dovuto gestire da sole famiglia, figli e persone anziane. Il tutto spesso accompagnato dal carico del proprio lavoro da portare avanti. Lo scenario poco confortante emerge dall’indagine “Donna e cura in tempo di Covid 19”, uno studio di Ipsos per l’organizzazione italiana WeWorld, in seno alla campagna #Togetherwebalance lanciata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che le famiglie e i più fragili stanno attraversando durante l’emergenza.

Le più sofferenti sono quelle nella fascia 31-50 anni: il 71% non ha avuto aiuti
L’attuale emergenza Covid ha infatti messo a dura prova molte famiglie. E le figure più provate sono state proprio quelle femminili, chiamate a riorganizzare i ritmi della quotidianità dividendosi tra lavoro, cura della casa, gestione delle attività scolastiche e dei momenti di gioco dei figli e spesso assistenza ai familiari più anziani. Il sovraccarico ha riguardato tutto il territorio nazionale, da Nord e Sud, anche se non sempre con la stessa entità. Le donne, per il 60%, hanno gestito da sole il carico familiare contro il 21% degli uomini. Ad avere il maggior carico di lavoro sono state le donne della fascia di età intermedia, tra i 31 e 50 anni. In questa categoria sale al 71% la quota di donne che dichiarano di fare tutto da sole. La percentuale sale ancora se si guarda solo all’ambito della cura dei bambini; l’85% delle donne tra i 18 e i 30 anni si prende cura dei propri figli senza alcun aiuto. Al Sud solo il 7 % di donne fa gestire ad altri figli, anziani o disabili. Gli uomini, secondo l’indagine, sono convinti di dare un supporto maggiore di quello percepito dalle partner: il 47% degli uomini dichiara di essersi preso cura dei figli insieme alla compagna contro solo il 22% delle donne che percepisce di aver collaborato con il proprio partner.

Donne penalizzate anche in fase di ripresa finché le scuole saranno chiuse
Uno dei maggiori nodi dolenti ha riguardato la gestione della didattica a distanza. Prendiamo il caso di I.L., mamma romana che lavora in smart working, ha due figli piccoli, non riesce ad accedere al bonus babysitter, e il marito lavora fuori casa. Morale della favola: il suo lavoro lo svolge di notte visto che durante il giorno si occupa della casa, sta dietro ai figli minori e alla didattica a distanza di uno dei due. Tra i vari tipi di assistenza, quello che pesa di più soprattutto per le donne tra i 31 e i 50 anni è proprio l’assistenza ai figli per compiti e la didattica online, enfatizzato dal fatto che tutte le mansioni quotidiane si sono dovute svolgere in contemporanea. Le donne sono penalizzate anche in fase di ripresa, e lo saranno finché nidi, asili e scuole resteranno chiusi. Di fronte a questo scenario il Comitato “Priorità alla scuola” ,che ha recentemente organizzato manifestazioni in tutta Italia, chiede al più presto maggiori assunzioni di insegnanti, stabilizzazione dei e delle precarie, e più spazi scolastici per garantire la riapertura degli istituti a tutti gli studenti””.

Solo l’1% dei genitori utilizzerà il bonus baby sitter
Secondo l’indagine di We World, una volta ripartita nuovamente la macchina produttiva, la situazione non sarà molto diversa. Dovranno prendersi cura dei figli esclusivamente da sole il 63% delle donne italiane, contro il 12% degli uomini. Significativo il dato che nonostante il bonus, solo l’1% delle mamme e dei papà dichiarano che si avvarranno del supporto di babysitter. “Questi dati mostrano come le misure messe in campo dalle Istituzioni siano inadeguate o insufficienti a rispondere ai bisogni delle donne in particolare e delle famiglie in generale per garantire i loro diritti. Le donne dichiarano un senso di oppressione, di difficoltà nel gestire un carico mentale e fisico enorme, nella maggior parte dei casi senza poterlo condividere con nessuno”, commenta Marco Chiesara, presidente di WeWorld. “Il Coronavirus – aggiunge – ha agito come amplificatore di una situazione già presente, e purtroppo spesso ignorata: il senso di oppressione e il carico familiare e di cura delle donne hanno infatti radici profonde nel nostro contesto culturale”.

Una donna su due costretta a rinunciare a un progetto
Ma veniamo alle rinunce e all’aggravamento delle diseguaglianza sociali, eredità del Covid. Una donna su due del campione ha rinunciato ad almeno un progetto a causa del Covid a fronte di 2 uomini su 5 che hanno dovuto fare un passo indietro. Soprattutto nella fascia 31-50 anni le rinunce sono più pesanti. Tra le donne che avevano progetti, il 31% annulla o posticipa la ricerca di lavoro e il 24% annulla o posticipa le attività programmate per i figli, nella fascia 31-50 anni arriviamo addirittura rispettivamente al 40% e al 38 per cento.

WeWorld: prendere in considerazione i diritti di bambini, ragazzi e donne
E infine le richieste che WeWorld, associazione che da 50 anni si occupa di diritti di donne e bambini, rivolge alle istituzioni. Si parte dall’assunto che venga riconosciuta la centralità della scuola e dei diritti delle famiglie. Inoltre le istituzioni, secondo WeWordl, devono considerare bambini e bambine non sono solo studenti, figli o fonti di trasmissione del coronavirus, ma come individui con diritti ed esigenze propri; ricordare che servizi per l’infanzia non sono parcheggi cui lasciare bambini e bambini; coinvolgere nella ripresa il terzo settore; stanziare fondi per i campus estivi che vadano a colmare le disuguaglianze di offerta dei territori; garantire per settembre lezioni il più possibile in presenza. Se dovesse ancora esserci attività a a distanza, non solo va digitalizzata la scuola, ma sono necessari corsi di educazione digitale per ragazzi e famiglie. Infine urgono azioni ad hoc per la fascia di bambini dai 0-5 anni che non possono usufruire della didattica a distanza. In conclusione: non va lasciato tutto sulle spalle delle donne.

  • Marco |

    Quando si citano queste ricerche, non sarebbe male mettere un link allo studio originale in modo da dare la possibilità di poter accedere alle informazioni su come sono stati rilevati questi dati, come si fa nelle “note metodologiche” delle rilevazioni ISTAT.
    I dati sono qui presentati come qualcosa di oggettivo ma a leggere questo articolo, almeno parte di essi, sicuramente sono stati rilevati intervistando a campione “il percepito” di uomini e donne.

    “(…)Gli uomini, secondo l’indagine, sono convinti di dare un supporto maggiore di quello percepito dalle partner: il 47% degli uomini dichiara di essersi preso cura dei figli insieme alla compagna contro solo il 22% delle donne che percepisce di aver collaborato con il proprio partner.”

    Non è che il “percepito” non conti in una indagine statistica su queste tematiche, sia chiaro, anzi, ma sarebbe opportuno conoscere almeno quali sono i dati ricavati mediante il “percepito” dell’intervistato/a e quali no, perchè certamente oggi andrà di moda l’hermanaiositecreo e la donna sempre vittima a prescindere, ma dovrebbe essere dichiarato esplicitamente l’ambito dove si vuol far valere l’applicazione di questo criterio, dato che il “percepito” di un sesso non può diventare in senso assoluto l’ “oggettivo” su cui misurare la distanza tra realtà e percezione dell’altro.
    I motivi di ciò, dovrebbero essere evidenti.

  • Stellina Piscitelli |

    L indagine mi descrive in pieno, non riesco a staccarmi dai doveri di casa per essere puntuale alle attività di lavoro. La conseguenza di tutto è un malessere di non sentirsi né una buona madre né una buona lavoratrice. Non ho tempo per me, la casa è sempre da sistemare e pulire, la spesa e la cucina, il controllo compiti e se non dedico attenzione ai figli ho sensi di colpa. Per sopravvivere abbasso l asticella dei mie obiettivi di vita e lavoro, sono umana, ho i mie limiti e devo accettarli per sentirmi inaguata. Forse da me pretendo la perfezione e vorrei dare sempre il massimo ma questo mi logora così scelga tra la mia salute ed essere una superdonna.

  • Irene |

    Infatti in Fase2 si sono affacciati in ufficio solo i lavoratori, le lavoratrici sono rimaste a casa sotto le macerie delle infrastrutture che con tanta fatica avevano costruito per poter continuare a lavorare nonostante la cura dei bambini e degli anziani…

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