L’amore ai tempi del Covid-19, l’importanza dei libri che raccontano il reale

manzini

Qualche minuto di distrazione in quei primi assurdi, irreali giorni di lockdown. “Credevo, speravo, che un racconto di Rocco immerso in questa realtà potesse portare un briciolo, una virgola, di sollievo” confida Antonio Manzini ad Alley Oop “equivocando o non comprendendo magari le vere aspettative delle persone”.

Manzini non è un medico, un infermiere, un virologo, non guida ambulanze, lui scrive. Aveva voglia e bisogno di fare qualcosa in piena pandemia. E ha deciso di regalare ai lettori il racconto “L’amore ai tempi del Covid-19“, pubblicato gratuitamente sul sito di Sellerio, come segno di gratitudine e sostegno, con la possibilità, chi voleva, di compiere un piccolo gesto di solidarietà, una donazione a favore dell’Ospedale Spallanzani di Roma.

Nel grande romanzo a puntate con protagonista Rocco Schiavone, il vicequestore è alle prese con un’indagine in un’Aosta blindata, specchio fedele dell’Italia del coronavirus. Tra le sue abitudini, nei libri come nella serie televisiva, c’è quella di elencare le sue “rotture”, ponendole secondo una scala che va fino al decimo grado, in genere occupato dai nuovi casi da risolvere. Il vicequestore esce per affrontare un decimo livello, un uomo trovato morto chiuso in casa, nei giorni in cui tutto è fermo a causa del Covid-19.

Lo scenario è la reclusione ai tempi del virus. Era cominciato come un raffreddore dall’altra parte del globo. La maggior parte delle persone reagiva come un’ alzata di spalle, dopo che quel raffreddore stagionale diventò più grave, moriva gente, i morti diventarono migliaia, e l’alzata di spalle non basto più. Vediamo il vicequestore intento a fumare tranquillo davanti al panorama delle Alpi della sua Aosta, mentre nella narrazione si intrecciano le varie teorie sulla pandemia, da quella che i cinesi mangiano i pipistrelli al complotto statunitense che l’economia cinese aveva superato quella americana e andava frenata, oppure le teorie vendicative di un movimento religioso avverso al partito comunista cinese, il virus scatenato dai tibetani. “Di tutto aveva bisogno l’Italia, tranne essere invasa da un virus assassino a forma di corona”. 

Manzini entra nel corpo sociale della pandemia, descrive i sintomi di trasmissione di quel bastardo di covid 19, lo starnuto, una stretta di mano, un respiro. L’esplosione dei tuttologi in tv e sui social, i riferimenti ai cialtroni inglesi o argentini, mentre tuonavano su gli italiani che stavano approfittando per fare “la siesta”, oppure sul virus che ha colpito l’Italia perché “la sanità fa schifo”. I medici e gli infermieri erano gli eroi, producevano i fatti, non le chiacchiere. Rinchiusi tutti in quel grande carcere in cui si era trasformata l’Italia con la tradizione di cantare l’inno di Mameli fuori dai balconi, lo sfogo degli italiani sui fornelli, “e poi qualcuno scoprì anche i libri, quei curiosi parallelepipedi in bella mostra che mai mano familiare aveva sfiorato”.

Ma Rocco Schiavone non poteva chiudersi in casa, perché era un poliziotto. Una bomba sociale innescata e il fattaccio in arrivo, trovato un morto nella vasca da bagno. Manlio Sperduti, parrucchiere, con lui vivono la moglie, due figli, il fratello della moglie, e i genitori della moglie. Una famiglia di sette persone costrette a rimanere chiuse in una casa di 90 metri quadrati. Il viaggio in macchina di Schiavone e il viceispettore Antonio Scipioni verso la casa dove è avvenuto il fatto, si svolge tra battute sul rispetto della distanza di sicurezza, l’ autocertificazione, il fatto che Schiavone fuma con la mascherina, indossata per forza da tutti i familiari della vittima dentro casa, e da cui spuntavano gli occhi enormi, sconvolti. C’è anche la didattica a distanza, inscenata nel quadro familiare dell’appartamento di Schiavone con Gabriele, ragazzino quindicenne che vive con lui insieme alla madre Cecilia, “zumato” da particolari come i visi dei professori sul monitor, il fatto che non si vestiva prima delle tre del pomeriggio, i giochi online fino alle tre del mattino.

L’interrogatorio in Questura è un affresco realistico, dove compare un’altra abitudine riconoscibile nello Schiavone del grande romanzo. I bambini di Lorenza, moglie di Manlio, urlano perché hanno fame, la figlia Cristina si scaraventa sulla ciotola di Lupa, la cagnolina del vicequestore in ufficio, ma lui gli risponde con la somiglianza a un animale enciclopedico, un maiale che si mangia i bambini, rivelando il suo carattere maleducato, scontroso contro una creatura che aveva appena perso il padre. Pietro, il fratello di Lorenza, si rivela un cocainomane, la madre di Lorenza non si ricorda che faccia aveva Manlio, il padre Egisto critica il fatto che per un raffreddore si sta a casa,  mentre lui che è alpino con 39 andava a svernare, e confessando al vicequestore che il genero si faceva mettere i piedi in testa da tutti. Ma alla fine si tratta di suicidio, e Rocco Shiavone lo svela con il suo carattere sarcastico, cinico, proprio a casa di Manlio Sperduti, dove ai familiari dice che sono i responsabili morali della sua morte. “Non posso augurarvi una vita di merda, già la condividete, ma almeno considerate questa galera forzata la giusta punizione che spetterebbe a ciascuno di voi”.

Crudo come Niccolò Ammaniti, scrittore profetico che compare citato due volte nel racconto, nella stessa frase “avevano ragione quelli che si vedevano già protagonisti del romanzo Anna”, libro pubblicato nel 2015, e ambientato in Sicilia nel 2020, dopo la diffusione inarrestabile della Rossa, un’epidemia causata da un virus che uccide tutti gli adulti, ma resta latente nei bambini fino alla pubertà. Ammaniti, l’amico fraterno di Manzini, aveva letto il futuro anche quando aveva avuto il merito anni fa di incoraggiarlo a scrivere del personaggio del poliziotto, il primo romanzo di Rocco Schiavone finito a Sellerio.

La conclusione del racconto, sempre al tempo passato, svela la preveggenza del giallista che aveva già sceneggiato la soluzione, la fine del lockdown, sottolineando il fatto che questi giorni maledetti e surreali avrebbero lasciato agli italiani un’eredità di orrendi lutti, dolore, lacrime, ma anche abitudini apprezzabili per chi aveva la fortuna di sopravvivergli.  Come il valore della vita non più legato all’età, ma valore assoluto, la riscoperta dell’ importanza della lettura, la convivenza  con i propri familiari. “Soprattutto non si videro più tuttologi, idioti e cazzari impazzare sull’etere e online, ma si cominciò ad ascoltare opinioni di persone serie, preparate, ma soprattutto disinteressate”.

Ecco il motivo per cui Manzini ha scritto, “… che poi non è lontano dalle ragioni per cui mi metto a lavorare ogni giorno. Raccontare una storia a chi la vuole ascoltare; credere che libri, romanzi e racconti, siano necessari, vitali e che l’unico compito che noi narratori dobbiamo assolvere è cercare di raccontare il tempo che viviamo, il paese in cui viviamo, con le sue bellezze e le sue storture”.


Titolo: “L’amore ai tempi del Covid – 19″
Autore: Antonio Manzini
Editore: Sellerio
Anno: 2020
Gratuito