Mi unisco al coro. Anch’io voglio dire la mia su “come sopravvivere allo smart working”. Anzi, dirò di più: non siamo in smart working, ma in un raro (speriamo) caso di “Extreme smart working”: TUTTI casa, tutti insieme, i bisogni degli uni sugli altri, adattandoci piano piano all’idea che non è un lungo weekend e che in realtà non sappiamo né quando né come finirà.
Ancora una volta il mondo si divide in più categorie: chi di questo periodo paga l’estrema solitudine, chi invece fa i conti con il caos, tutti insieme però stiamo così, accomunati dall’incertezza e da un magone di fondo, perché ormai lo sappiamo che il coronavirus fa paura e fa male, e che tante persone stanno morendo in solitudine. Strapparci la possibilità di tenere la mano di chi muore sembrava contro tutte le regole di senso comune, eppure è successo.
E’ difficile essere leggeri, ma i bambini ce lo chiedono – mentre ci chiedono anche verità e meritano forse finalmente di guardare il telegiornale con noi, adesso che parla di cose vere, vicine e quotidiane. E allora forse un po’ di lucidità professionale può aiutare: ribaltando la metafora della maternità come master su cui ho costruito il mio lavoro, si potrebbe dire anche che il lavoro è un master che può aiutare a gestire i casi di “Extreme smart working”.
Come? Vi propongo un approccio in dieci mosse per organizzarsi in famiglia ai tempi del covid-19.
Le prime quattro provengono dalle più classiche teorie di management:
1) prendere atto che bisogna riorganizzarsi, proprio come avviene con le ristrutturazioni aziendali, e per farlo occorre:
2) coinvolgere tutti, mettere tutti attorno a un tavolo (compagni, figli, nonni…),
3) far emergere talenti e possibilità di ognuno,
4) responsabilizzare ciascuno: ovvero definire compiti, motivare, verificare e dare premi.
Quattro consigli sono invece diretti in modo più specifico a donne e uomini:
5) nel caso delle donne: non sovraccaricarsi automaticamente, per abitudine:
6) per le donne è l’occasione buona per iniziare a delegare di più,
7) nel caso degli uomini, cogliere l’opportunità della convivenza coatta e continua per riacquistare quello spazio di responsabilità familiare che gli automatismi possono aver ridotto
8) e scoprirne sfide e opportunità – sono molte!
Infine, ci sono due suggerimenti che valgono per tutti, e forse valgono sempre, solo che quando andiamo col pilota automatico possiamo dimenticarcene, mentre adesso abbiamo il privilegio di potervi dedicare un momento di attenzione:
9) Qualunque sia il carico di responsabilità e attività, è essenziale riconoscere il bisogno di un momento per sé, o la situazione diventerà velocemente insostenibile. Il tempo per sé, la cura di sé, vengono sempre all’ultimo posto nelle nostre vite: ma se non riusciamo a trovarli e a difenderli dal resto, la nostra capacità di gestire le cose ne risentirà, e a catena ne risentiranno tutti coloro che contano su di noi. Volersi bene è quindi un dovere, non solo un piacere: un dovere verso noi stessi e verso gli altri.
10) Infine, dovendo ridurre il contatto fisico con le persone, ma essendo, come specie umana, bisognosi di contatto fisico per il nostro benessere psichico ed emotivo, se possibile abbracciare e toccare di più le persone con cui viviamo, stare più vicini, volerci “più bene”, per compensare tutta la prossimità e l’umanità di cui stiamo sentendo la mancanza ogni giorno.
Quanto ci mancano, infatti, quegli abbracci che persino il Presidente del Consiglio non ha potuto fare a meno di nominare alla fine di uno dei discorsi più difficili della storia recente del nostro Paese?