Quante volte ci è capitato di dire “Vorrei mollare tutto e scappare su un’isola deserta”? Forse pensiamo che si tratti di un problema tipico della nostra epoca, il voler fuggire dagli affanni viaggiando. Eppure già Seneca ammoniva il suo amico Lucilio con queste parole: “L’animo devi mutare, non il cielo”. Talvolta però, e dubito che Seneca non lo sapesse, anche cambiare il cielo e la visuale quotidiana può mutare definitivamente il nostro animo, facendoci scoprire qualcosa di totalmente nuovo e impensabile di noi stessi. Dei nostri desideri, ambizioni, aspettative. Ci sono viaggi che ci cambiano la vita.
La letteratura di viaggio ci offre alcuni esempi di libri divenuti immortali per la ricchezza che contengono. Col digitale, alla narrazione si è aggiunta una partecipazione social per cui lo spettatore può seguire in diretta il viaggiatore che lo appassiona per scoprire come viaggia a costo zero con famiglia al seguito o come attraversa la Siberia in bicicletta in inverno. Non che equivalga a viaggiare da protagonisti, ma un effetto positivo sull’apertura mentale lo offre senz’altro. Certo è che una volta sperimentato quel tipo di viaggio, quello che ti cambia la vita, viaggiare non sarà più la stessa cosa.
È così che mi racconta i suoi viaggi Mariagrazia, 59 anni, artigiana. Ha cominciato presto, all’età di 15 anni, a muoversi in autostop. Dall’Italia, vicino casa, fino all’Europa, al Nordafrica, India, Sudamerica, in una progressiva scoperta di cui non sa nemmeno più trovare il bandolo per riavvolgere la matassa e mettere in ordine i ricordi.
Adesso viaggia ancora: va due volte l’anno in Senegal come volontaria in un orfanotrofio. Passa da Milano a salutare il figlio e le nipoti per poi salire sul primo degli aerei che la portano a Mbodièn, ad aiutare i bambini senegalesi a casa loro, come vorrebbe circa un terzo dei nostri connazionali. Ci sono persone che lo fanno, come Mariagrazia, solo che non tutte ci fanno le stories su Facebook. Anche se dovrebbero proprio sbandierare il movente che le conduce, una carità cristiana svuotata di ogni religione e santino, come racconta lei stessa: “Lo si fa per sentirsi felici, prima di tutto. Perchè dare amore fa bene soprattutto a chi lo dà. Per me è un’esigenza vera e propria, ma è la mia vita che è così, non solo in viaggio. O ce l’hai l’amore in te o non ce l’hai. E se ce l’hai non puoi fare a meno di spargerlo ovunque, con gentilezza. Perchè l’amore cura”.
C’è poi chi parte per cercarla, questa cura, questo amore universale. E talvolta persino riesce a trovarlo. Giulia è una studentessa di 25 anni, che qualche anno fa ha attraversato un momento di sconforto e insoddisfazione: designer d’interni, sulla carta, nei fatti disoccupata e senza un’idea ben chiara di cosa volesse fare del suo futuro. Parte come volontaria per un viaggio di 12 giorni in Albania, con l’associazione milanese AVS, che organizza missioni internazionali di clown dottori tra orfanotrofi, case famiglia, ospedali, centri disabili. Ed è lì, su una montagna, nel mezzo di nulla, che Giulia scopre la possibilità di ricominciare da zero.
Una donna nel gruppo dei disabili la prende per mano e la fa ballare fino allo sfinimento. “Ricordo che c’è stato un attimo preciso, in cui mi sono sentita libera, leggera, felice. Lei in quel momento mi ha insegnato che la felicità può essere anche questo. Ha fatto volar via ogni turbamento facendo spazio solo all’essenziale. Oggi se penso al concetto di libertà, penso a quel momento”. Quel viaggio ha cambiato così tanto Giulia, che una volta tornata a casa si è immatricolata al corso di Professioni Sanitarie, indirizzo Educazione Professionale. Dove tuttora studia, continuando la sua attività di volontaria come clown dottore. Perchè, come afferma tirando in ballo anche lei l’amore: “Ho capito che aiutarsi è una delle più alte forme di amore che si possano manifestare”.
In questi mesi estivi di viaggi usa e getta, mordi e fuggi, dove talvolta organizzare e riempire una giornata è più faticoso che la quotidianità lavorativa, forse fa bene ricordare la grande differenza che esiste tra turista e viaggiatore. Il turista cambia solo il cielo sotto cui dorme, e si merita l’ammonimento di Seneca. Il viaggiatore si lascia attraversare da ciò che incontra, non lo teme, e torna a casa più ricco. Di quella ricchezza di cui, davvero, abbiamo tutti tanto bisogno in questo momento.