Capisci che un argomento sta guadagnando importanza quando una delle principali società di consulenza del mondo mette al lavoro cinque tra i suoi professionisti più senior per produrre un documento che ne parli. E’ il caso del recente report di Boston Consulting Group dal titolo “Alleggerire il carico mentale che trattiene le donne”, risultato di un’indagine fatta su 6.500 dipendenti della società in 14 Paesi, tra cui l’Italia. Gli autori risolvono già nell’introduzione eventuali dubbi sul perché occuparsi di un tema simile:
Alcune aziende potrebbero obiettare che quello che succede a casa dei dipendenti non le riguarda. Visto quanto la vita lavorativa e quella familiare sono ormai intrecciate, è un punto di vista miope e obsoleto.
Partendo da un ricco set di dati che ci ricorda che ancora oggi – e anche nelle coppie in cui entrambi i coniugi lavorano a tempo pieno – le donne sopportano in maniera sproporzionata la responsabilità della gestione della vita famigliare, il rapporto evidenzia come questo costituisca una barriera alla loro possibilità di continuare a dedicarsi alla propria crescita professionale con la stessa libertà, disponibilità (quantomeno di tempo) e attenzione che si avevano prima di metter su famiglia. Il risultato è che le donne fanno un passo indietro, più o meno volontario, o comunque restano ferme, mentre i loro compagni proseguono, potendo:
“restare fino a tardi in ufficio, incontrare colleghi e client per un drink dopo il lavoro, assumere compiti impegnativi, viaggiare – e hanno comunque più tempo di decompressione dalla giornata lavorativa”.
Come risolvere una questione che è ormai diventata un tale mix di cultura, abitudini, stereotipi, aspettative, profezie che si autorealizzano, da non consentire di identificare una sola causa a cui applicare una soluzione lineare? Secondo BCG, le aziende possono fare molto, e in almeno due modi. Il primo riguarda tutta una serie di iniziative e servizi sempre più ricchi e avanzati per alleggerire il carico – senza dare a intendere che siano rivolti solo alle donne, ma anzi indirizzando in modo esplicito anche gli uomini – e proporre nuovi modelli, agendo sia dentro all’azienda che verso l’esterno, con strumenti coerenti e pianificati per durare – bando alle iniziative “one shot”, che consentono di mettere una crocetta sulla casella ma non hanno nessun impatto reale sulla vita delle persone e la performance delle aziende.
Il secondo tipo di intervento è particolarmente innovativo. Il report dice infatti:
“Noi di BCG non siamo degli esperti nelle relazioni di coppia, ma siamo esperti nel migliorare le performance sul lavoro. E pensiamo che molti dei principi che portano al successo sul lavoro abbiano il potenziale per aiutare le coppie a gestire il carico mentale insieme”.
Ecco quindi tre domande da farsi l’un l’altro nella coppia per migliorare la condivisione dei ruoli, ispirandosi a pratiche di comprovato successo in ambito lavorativo:
1) Cara, ma di “quanto” lavoro stiamo parlando? Nelle aziende ciò che viene misurato può essere cambiato, lo stesso principio può essere applicato alla vita famigliare. Quanto carico mentale reale comporta gestire una famiglia? Gli uomini lo sottovalutano, e a volte anche le donne. Misurare il tempo dedicato ai vari compiti, includendo tra questi anche la pianificazione, consente di ridurre l’asimmetria informativa e avere un piano di partenza per passare alla domanda successiva.
2) Caro, come abbiamo stabilito chi fa cosa e perché? Non a caso, la ricerca BCG è stata condotta solo su coppie eterosessuali. E’ tra queste infatti che il genere di appartenenza fa attribuire in modo quasi implicito ruoli e responsabilità, mentre nelle coppie omosessuali si segue di più l’inclinazione personale e la presenza di capacità e possibilità per disegnare ruoli su misura. Si può fare lo stesso nelle coppie cosiddette “tradizionali”, oggi vittime di ruoli stereotipati: inserendo nella valutazione non solo talenti e possibilità, ma anche una valutazione del costo opportunità per l’uno e per l’altra rispetto ai diversi ruoli ricoperti (casa, lavoro, altro). Non si tratta quindi di decidere che cosa le donne debbano delegare agli uomini, ma di ripensare completamente job description, retribuzione e incentivi (familiari). E a questo punto ci si può domandare…
3) …quali sono le nostre priorità? Qui il rapporto sembra alludere ad una necessità per le donne di lasciar andare un po’ di quell’ansia da prestazione che può rendere difficile cedere porzioni di controllo della vita familiare, mentre al tempo stesso interroga gli uomini con una domanda chiave: vestire un ruolo di maggiore seniority in famiglia potrebbe diventare una vostra priorità?
Siamo insomma tutti abbastanza motivati da voler cambiare piano industriale per liberare risorse e garantire risultati nel lungo termine? Il lavoro da fare c’è.