Bigenitorialità perfetta, anche gli psicologi all’attacco del ddl Pillon

Family problem

Non c’è pace intorno al ddl Pillon. Mentre tutto l’arco del movimento femminista, insieme alle associazioni a tutela dell’infanzia e a eminenti giuristi italiani, insorge contro la riforma del diritto di famiglia voluto dal senatore leghista e sostenuto dai movimento dei padri separati, arriva un’altra spallata al disegno di legge. Questa volta a scendere in campo è il Consiglio nazionale delll’Ordine degli psicologi che in un parere reso all’indomani dell’audizione in Senato impallina alcuni istituti messi in campo nel testo di legge.

Gli psicologi contestano il mediatore familiare, il coordinatore genitoriale, la mediazione familiare obbligatoria così come incardinata nel ddl. Ma l’affondo più incisivo è rivolto alla bigenitorialità perfetta che altro non è che il cuore della riforma. “Il rischio – recita la nota a firma del presidente dell’Ordine, Fulvio Giardina – è che si obblighino i minori alla permanenza con un genitore non gradito per motivi che la norma non prende in considerazione ma che inevitabilmente avrà una influenza sullo sviluppo del minore stesso”. E ancora: “Nel testo del ddL non si tiene affatto nella necessaria considerazione l’età del minore, si trascura il fatto che la collocazione perfettamente simmetrica nei tempi e nei luoghi del minore può determinare alterazione del regolare processo di sviluppo emotivo, sociale, e soprattutto cognitivo, con oggettivo rischio di danno a carico del minore”.

Si contesta quindi l’affidamento alternato, con una divisione chirurgica dei tempi di permanenza dei bambini, a prescindere dall’età, con ciascuno dei genitori. In definitiva conclude il Cnop “la maggiore criticità riscontrata è che tutto il provvedimento sembra mirare più alla soluzione dei conflitti tra i genitori, piuttosto che tutelare il benessere del minore, infatti le numerose rigidità presenti nel testo impediscono o limitano fortemente quella valutazione soggettiva che compie il Giudice caso per caso e che, almeno in teoria, deve portare a prendere i provvedimenti giurisdizionali nel solo interesse del minore”.

Sullo sfondo c’è anche l’alienazione parentale che il ddl Pillon pretende di combattere usando il pugno di ferro della perdita dell’affidamento da parte del genitore cosiddetto “manipolante” e il collocamento dei minori in case famiglia. “Il ddl Pillon – spiega Andrea Coffari, avvocato, autore del libro “Rompere il silenzio” dedicato proprio all’alienazione genitoriale – traduce il rifiuto di un bambino a vedere il padre o anche il genitore maltrattante, perverso, violento in una operazione di alienazione e questo indipendentemente dalle ragioni del rifiuto. Il bambino viene automaticamente considerato alienato e il rimedio è quello di essere collocato in una struttura specializzata per essere riprogrammato. Si fa fatica a capirlo ma è così”.

Coffari studia da anni l’”affaire” Pas, oggi ribattezzata dai suoi stessi propugnatori manipolazione, o alienazione parentale, in due parole “disturbo relazionale”. E non si dà pace, portando il suo libro su e giù per l’Italia, per tentare, appunto, di “rompere il silenzio” su una teoria che in Italia è già entrata di straforo nei tribunali.  “Un bambino – tuona Coffari – viene considerato alienato secondo le teorie di un apologeta della pedofilia, Richard Gardner, per il fatto di denunciare violenze e di rifiutare il genitore che esercita quelle violenze: quel bambino secondo il ddl Pillon viene sottratto al genitore protettivo e portato in una struttura: fine della storia. Ma se il padre verrà poi condannato per le violenze, per le mostruosità che ha compiuto ai danni di suo figlio, di questo non importa niente a nessuno, perché fino a quel momento, fino alla sentenza irrevocabile quel bambino dovrà per forza vedere, frequentare, avere a che fare con quel genitore. E quand’anche quel padre, chiamiamolo così, venisse condannato potrà, secondo il ddl Pillon, comunque frequentare suo figlio. Questo dice il ddl negli articoli 11, 12, 17 e 18”. Coffari non sfugge alla domanda se esistano casi di manipolazione di un bambino da parte di un genitore in assenza di violenza: “Si tratta di casi isolati, non certo di un fenomeno – spiega -e comunque parliamo di reati che vanno individuati attraverso la valutazione delle prove, non attraverso diagnosi”.

Tra le voci critiche sul ddl Pillon anche quella di Patrizia Romito, docente di Psicologia sociale dell’Università di Trieste ed esperta di violenza sulle donne.  “Con questa riforma si paralizzeranno le donne che cercano di proteggere i loro figli e figlie da un padre abusante, che si tratti di maltrattamenti psicologici, trascuratezza o violenza sessuale – spiega -. Se i periti o i giudici aderiscono a questa credenza non ci sono vie di uscita: se la madre tace il minore non viene protetto e gli abusi continueranno; se parla, denuncia, insiste, sarà considerata alienante e sarà punita togliendole l’affidamento condiviso o addirittura il diritto di visita”. Secondo Romito “questa è la perversità dell’alienazione parentale: se si accetta il modello, non è più possibile smentirlo”.

Caustico il commento di Marcella Pirrone, avvocata e coordinatrice del gruppo internazionale di Dire, Donne in rete contro la violenza, oggi vicepresidente di Wave, la rete europea dei centri antiviolenza che definisce il ddl Pillon “l’ennesimo tentativo di limitare l’autonomia delle donne con l’aggravante di concentrare tutti gli sforzi in una inquietante battaglia contro le madri, quando invece la giusta battaglia degli uomini dovrebbe concentrarsi sul muovere qualcosa nella società per essere messi nelle condizioni di fare i padri e quindi paternità, congedi, cambiamenti nel mercato del lavoro”. Pirrone invoca il rispetto della Convenzione di Istanbul: “Il problema – dice – è che questa Carta non è ancora conosciuta e applicata dagli operatori del diritto”. Peccato che la Convenzione sia legge dello Stato italiano. Con buona pace, si fa per dire, delle donne vittime di violenza.


A seguito delle polemiche innescate dalla posizione del Cnop in audizione parlamentare, il 15 febbraio il Consiglio ha diramato una nota ribadendo la sua contrarietà alla bigenitorialità perfetta contenuta nel Ddl Pillon. Contrarietà per altro confermata ad AlleyOop dal presidente Cnop Fulvio Giardina. Ecco il testo del comunicato:

Vogliamo superare l’inutile polemica relativa al parere che il Cnop ha formulato in merito al DdL Pillon sull’affidamento dei minori in discussione al Senato. Questo DdL prevede, nelle separazioni conflittuali, la collocazione paritetica dei figli minori al 50% tra padre e madre. Il Cnop ha evidenziato che detta collocazione deve essere frutto di una valutazione da parte del giudice circa le condizioni specifiche del minore (i bisogni di un bambino di un anno sono ben diversi da quelli di un adolescente). A supporto del parere del Cnop sono stati citati tre articoli scientifici, uno dei quali della prof.ssa Nielsen, la quale ha evidenziato nei suoi studi la positività della collocazione paritetica dei minori ad entrambi i genitori, decisa però in modo giuridicamente ragionato, e non indiscriminata per legge. Per altro, il DdL così come è formulato rischia di escludere ogni intervento psicologico a tutela del minore. Purtroppo, invece di contestare il contenuto del parere, è stata attaccata proprio la citazione della prof.ssa Nielsen perché ritenuta non in linea col pensiero dell’autrice. Tutto ciò non corrisponde al vero. Nessuno vuole mettere in discussione la validità dell’affidamento condiviso dei minori tra i genitori separati, né tanto meno i tempi e i luoghi di frequentazione, purché ne vengano rispettate le esigenze specifiche. Il Cnop è una Agenzia pubblica che svolge un ruolo istituzionale. Non ha alcun interesse a manipolare citazioni bibliografiche. Il presidente Giardina: Il nostro parere è stato formulato nel superiore interesse del minore, che, nei conflitti genitoriali, è sicuramente il più fragile”.