Il 2016 è stato un anno di bilanci per le donne. Inevitabile visto che abbiamo celebrato i 70 da quando, il 25 giugno del 1946, a Montecitorio si sente per la prima volta il rumore dei tacchi delle 21 deputate della Costituente. Sono stati anni di grandi cambiamenti culturali, sociali, politici, economici, che la Costituzione, le leggi, l’economia e la società hanno pian piano recepito, quasi mai con facilità.
L’ultima grande conquista in ordine di tempo è certamente la legge 120 (che mi onoro di aver pensato, elaborato e portato all’approvazione del Parlamento) che ha introdotto per la prima volta le quote di genere in Italia, portando il numero delle donne nei CdA dal 5,6% del 2009 al 30% attuale: una vera e propria rivoluzione, anche culturale che oggi ci fa essere all’avanguardia in Europa. E grazie a quella norma, il dibattitto sulle donne, che sembrava ormai addormentato, riprende nuovo vigore e comincia a spirare un grande vento di cambiamento. Nel 2013, le donne in Parlamento arrivano al 31% e, almeno in partenza, sono la metà dei Ministri (con dicasteri mai espugnati come la Difesa e gli Esteri) mentre una serie di riforme da una parte, rafforzano la partecipazione femminile alla politica (con le nuove norme per le elezioni europee e amministrative) e dall’altra promuovono strumenti, come lo smart working, nella direzione di un welfare più efficiente.
Nel frattempo, la società marcia più veloce delle leggi e in tanti ambiti la parità da formale diventa sostanziale. Penso alla magistratura, dove abbiamo ormai attuato il sorpasso (50,7%) o alle tante professioni in cui le donne sono quasi la metà. Penso alla percentuale di laureati, che vede ormai le donne più numerose degli uomini e al recente impegno per aumentare il numero delle ragazze che seguono percorsi STEM. Penso all’esercito di “capitane coraggiose”, che rende l’Italia il Paese europeo con il maggior numero d’imprenditrici, in aumento anche nel momento più duro della crisi economica. Penso alla nomina alla presidenza nelle più importanti aziende pubbliche di tante donne e alla nuova squadra di Presidenza di Confindustria, composta per la metà da donne (3 Premi Bellisario!!!). Penso a tutti i “primati” che la Fondazione Bellisario ha voluto riconoscere e valorizzare con oltre 400 Mele d’Oro. Due Premi Bellisario per tutti: la prima donna e la prima italiana nello spazio, Samantha Cristoforetti, e la scienziata Direttore Generale del Cern che tutto il mondo ci invidia, Fabiola Gianotti.
In sostanza, tanti progressi sono stati fatti, concessi o conquistati, ambiti sono stati espugnati e pregiudizi sconfitti. Ma tanto resta da fare e in questo senso la presenza di associazioni come la Fondazione Bellisario e di “megafoni” e “aggregatori” di informazioni, idee ed esperienze come Alley Oop sono fondamentali. Lo storico Eric Hobsbawm definisce quella delle donne come “l’unica rivoluzione non fallita di questo secolo: anche se non ancora compiuta”. E noi possiamo e dobbiamo contribuire a compierla. Bisogna guardare avanti, rimboccarsi le maniche e coniugare al futuro i traguardi raggiunti. Perché per la legge sulle quote di genere come per molti altri fronti, i segnali della volontà di fare un passo indietro sono tanti e ci devono tenere in guardia.
Penso ai vertici, prima di tutto. Nelle imprese, dove la maggioranza dei ruoli esecutivi continua a essere maschile; nelle istituzioni e nella politica; nella finanza, dove gli istituti bancari (Banca d’Italia compresa) sono quasi tutti a guida maschile; nell’informazione, dove le donne in posizione apicale sono mosche bianche. L’elenco è lungo…Ma anche alla base della piramide c’è ancora tanto da fare. Solo il 48,1% delle donne lavora (28% in Sicilia!) e un’italiana in media guadagna 0,47 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo. La carriera femminile resta più impervia rispetto a quella maschile e gli stipendi più leggeri. La maternità continua a essere “vissuta male” da alcuni datori di lavoro ma soprattutto dalle mamme che – in assenza di servizi di assistenza – spesso e volentieri sono costrette a “scegliere” tra famiglia e lavoro. Ancora oggi, il 21% di loro lascia il lavoro al primo figlio, forse anche perché il congedo di paternità resta un’opportunità di cui solo il 6,9% degli italiani usufruiscono e oltre il 75% del lavoro familiare resta a carico delle donne…E in questo me la prendo anche con le donne che ai vertici ci sono arrivate e che, da una parte devono mandare giù l’ascensore di cristallo e consentire ad altre di salire in cime, dall’altra sono nella posizione – e devono esercitarla – di creare le premesse perché altre donne possano far carriera, diffondendo prassi di conciliazione e welfare aziendale nelle aziende che guidano.
Tutto questo mentre le risposte a importanti sfide poste alle società europee – tanto economiche quanto sociali e demografiche – sono strettamente legate all’uguaglianza di genere e alle politiche familiari e l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro si conferma una chiave fondamentale per utilizzare al meglio le risorse di crescita e produttività.
L’uguaglianza di genere non è solo una questione di valori ma una tematica centrale della modernizzazione sociale ed economica. Siamo davanti a uno snodo fondamentale e nei prossimi 10 anni ci giocheremo tanto. Noi donne, gli uomini, le istituzioni, la politica, l’economia, il Paese tutto e l’Europa. Cogliamo l’occasione del primo anniversario di Alley Oop per riflettere e andare avanti. Verso il progresso e la crescita. A cui voler e dover contribuire con l’entusiasmo di sempre e tanta, tanta determinazione.