Qual è la facoltà giusta per me? Ho davvero valutato tutte le opportunità? E se mi accorgo che è la scelta sbagliata?…
La scelta dell’università rappresenta uno dei momenti decisivi nella vita di noi adolescenti. L’urgenza di prendere una decisione che determinerà il nostro futuro provoca spesso l’ansia di non riuscire a soddisfare le aspettative, nostre e di chi ci sta vicino. È il frutto di pressioni sociali trasmesse a noi giovani in vari modi, più o meno espliciti, da parte della famiglia, della scuola, università, gruppo di amici o compagni di classe.
Un trend emerso anche da un piccolo sondaggio rivolto agli studenti del quinto anno che ho proposto nel mio liceo (Scientifico F. Redi di Arezzo) che, al di là del numero di risposte, rispecchia il comune sentire di noi giovani: da una parte un vasto campionario di paure di sbagliare, di non fare la scelta giusta, la preoccupazione di pentirsi del percorso intrapreso, ma dall’altra anche, seppur in minima parte, la curiosità di tuffarsi in un nuovo capitolo della vita, nonostante i timori.
Il sentimento di incertezza è una reazione naturale di fronte a un’opportunità che si presenta come indefinita e aperta a molteplici possibilità. Tuttavia diventa anomalo e, in alcuni casi, insostenibile, quando comincia a influenzare quotidianamente la vita di noi studenti, generando un’angoscia che rischia di compromettere la nostra serenità.
L’influenza delle pressioni esterne
Il dato che fa più riflettere è legato sicuramente all’influenza delle pressioni esterne: circa uno studente su 5 ha dichiarato di essere stato vincolato principalmente da aspettative familiari, da ambizioni di guadagno e da quelle che sono le professioni maggiormente richieste sul mercato.
Diventa quindi fondamentale l’analisi dei fattori che influenzano questa decisione, per poter scegliere autenticamente.
Il contesto familiare
La famiglia, in molti casi, si presenta come un ostacolo nella autonomia della scelta: alcuni genitori ritengono di poter decretare cosa è “meglio” per il proprio figlio e la propria figlia, senza tener conto delle loro passioni; altri, invece, ripongono aspettative sulla continuità generazionale delle “attività di famiglia”, che vengono presentate come le uniche percorribili e degne.
Circa il 35% degli intervistati ha infatti confermato la famiglia tra i fattori di influenza più rilevanti e determinanti.
Nonostante i genitori rappresentino le prime figure di attaccamento di ogni individuo, e come tali ricoprano un ruolo fondamentale di riferimento nei momenti di “transizione” della vita, è però necessario che aiutino i figli a sviluppare una propria identità e pensiero critico che li porti a riconoscere limiti e attitudini, senza pressioni emotive.
L’ansia di un “buon impiego”
Quando si parla di scelta universitaria spesso si tende a sacrificare anche interessi e desideri, per rispondere alle esigenze del mondo del lavoro. Ci si orienta su ciò che può garantire un futuro sicuro e raggiungibile in tempi ragionevoli e che soprattutto possa assicurare un salario “dignitoso”.
Tutti questi fattori intensificano la pressione della scelta, pilotando la decisione verso qualcosa che riduca al massimo la possibilità di pentirsi. Perché l’obiettivo diventa quello di evitare carriere professionali che possano portare a un’instabilità contrattuale o a salari troppo bassi, anche a scapito dei propri interessi.
Ripensare l’orientamento
In un contesto, in cui la scelta rischia di non essere autentica, sarebbe necessario ripensare l’intero percorso di orientamento. Sebbene le linee guida del MIUR, ispirate a quelle europee, descrivano l’orientamento come un «processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento», nella realtà spesso questo si riduce a una mera presentazione dei corsi di laurea o, ancor peggio, a una vera e propria propaganda degli atenei universitari.
Nonostante queste informazioni siano fondamentali, non sono sufficienti a fornire una visione chiara e completa dell’offerta a livello di esperienza formativa e di crescita personale.
Anche tra gli intervistati è emerso chiaramente il fallimento in termini di efficacia di questi percorsi, suggerendo tra le possibili modifiche un focus specifico sullo studente, mirato alla scoperta e ricerca delle proprie attitudini.
Nella modalità di orientamento attuale ci troviamo, invece, ad affrontare una scelta basata su dati tecnici e teorici, senza un adeguato supporto per comprendere quali siano i nostri talenti e interessi e quale strada possa valorizzarli di più.
L’introduzione di percorsi di autovalutazione con strumenti specifici come test psicometrici, workshop o sessioni di coaching, potrebbe accompagnare lo studente verso un’esplorazione delle attitudini individuali, correlata anche alla raccolta di dati su corsi e programmi, per giungere più consapevolmente al momento della scelta.
A tutte le scuole
Per evitare che la scelta universitaria diventi un peso, è quindi fondamentale che nel corso del quinquennio le scuole si impegnino per mettere realmente in atto le linee guida nazionali e considerino l’orientamento parte integrante della didattica, in modo da far riconoscere agli studenti i propri punti di forza e debolezza.
Ristrutturare il percorso orientativo permetterà sicuramente a noi giovani di fare scelte che siano veramente in sintonia con i nostri interessi, senza cedere così a pressioni e aspettative sociali.
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