Sharenting, come tutelare i minori con patologie gravi dalla condivisione di immagini sui social

Lo “sharenting” è la pratica con cui i genitori condividono online immagini, video o informazioni personali riguardanti i propri figli. Il termine deriva dalla fusione di “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità). Visto per lo più come un modo per celebrare momenti familiari da chi lo mette in atto, solleva questioni legate alla privacy, alla sicurezza e al diritto all’identità digitale dei bambini, che spesso non possono esprimere consenso per l’uso della loro immagine o delle loro informazioni personali. Il fenomeno riguarda anche i bambini con disabilità o patologie gravi o inguaribili, in una questione complessa e sempre più attuale: come coniugare la necessità di condividere esperienze per contrastare l’isolamento, costruire reti di sostegno e sensibilizzare l’opinione pubblica, senza compromettere la dignità, i diritti e la privacy dei minori coinvolti?

È recente l’interrogarsi su strategie e pratiche per proteggere la privacy, la sicurezza e il benessere dei minori online. Tuttavia, quando si tratta di condividere l’immagine di un bambino con malattia inguaribile, le problematiche si fanno ancora più delicate e si amplificano, perché le informazioni condivise possono includere dettagli medici o situazioni che potrebbero esporre il minore a giudizi, stigmatizzazioni e rischi futuri, come l’uso improprio dei dati o l’impossibilità di gestire la propria narrazione personale quando crescerà. Per quanto sia indietro la riflessione sulla gestione dell’identità digitale, sia giuridicamente sia eticamente, in questo caso non c’è solo il rischio di violare la dignità del minore, ma anche l’eventuale conflitto con obiettivi sociali più ampi, come la sensibilizzazione e l’inclusione.

Una guida per dare risposte concrete

Lo scorso novembre, nel corso dell’ultimo Congresso della SICP (Società Italiana di Cure Palliative) è stata presentata la prima guida italiana dedicata alla tutela dell’immagine dei minori con patologie gravi o inguaribili nell’ambito delle cure palliative pediatriche. Il manuale è scaricabile gratuitamente, ed è realizzato dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio ETS: si intitola “IMA-GO! Condividile con Cura. Manuale per la condivisione consapevole delle immagini dei minori con malattia inguaribile”. L’obiettivo che si propone, è quello di supportare le famiglie, i professionisti  e gli enti coinvolti nel prendere decisioni informate e rispettose sulla condivisione di foto e video dei piccoli pazienti.

Grazie alla partecipazione di esperti provenienti da diversi ambiti – giuridico, sociale, medico e comunicativo – la guida è stata sviluppata come uno strumento pratico per educare gli adulti a un uso consapevole delle immagini, promuovendo una riflessione profonda sui valori di rispetto e protezione dei più piccoli. Nel vademecum dedicato ai genitori, ad esempio, si va dai consigli presumibilmente più scontati come “Presta attenzione alla condivisione sui social media di immagini/video di tuo figlio e chiediti sempre qual è la finalità per cui lo stai facendo”, a quelli più pregnanti come “Non affidare esclusivamente ai social i tuoi bisogni relazionali ed emotivi, trascurando i rapporti umani con familiari, amici e conoscenti nella vita reale”, che lascia intendere la complessità della situazione emotiva in cui versano molti caregiver.

“Ricorda che i social media non sono la sede opportuna per formulare diagnosi”; “Raccomanda ai genitori di non inviarti immagini dei loro figli. Accettale solo in caso di reale necessità, in considerazione del migliore interesse del minore”; “Non condividere immagini/video che offendano la dignità dei tuoi pazienti o dei loro familiari e caregiver”: sono solo alcuni dei consigli che si trovano nella guida dedicati al comparto sanitario e agli enti. Ogni sezione è corredata da domande che guidano la riflessione, oltre a racconti e aneddoti che aiutano a comprendere meglio le implicazioni delle nostre azioni digitali e la loro portata a lungo raggio.

«La guida vuole essere un aiuto per le famiglie, i professionisti e la comunità ed è stata pensata – dichiarano gli autori, Simona Cacace e Matteo Asti – per aprire una riflessione sul tema e dare consigli pratici con l’obiettivo di aiutare i genitori, caregiver, operatori sanitari ed enti a navigare in situazioni spesso difficili, in cui il desiderio di condividere la propria esperienza si scontra con il rischio di ledere l’identità e i diritti del minore».

Consigli pratici che valgono per tutti

Quanto siamo indietro, ancora, nella riflessione sulle implicazioni che le nostre azioni online hanno sulla vita reale, nostra e di chi ci circonda? Ancora a troppi non è chiaro che «un contenuto, una volta postato sul web, “è per sempre” e può contribuire a formare l’opinione che gli altri hanno di noi. Rimuovere in un secondo momento dal web immagini e video potrebbe rivelarsi difficile o impossibile», si legge nella guida. Ma se i minori sono giustificati nel non aver compreso questo aspetto del web, lo sono molto meno gli adulti, a cui oggi più che mai si richiede contezza e discernimento nell’uso degli strumenti digitali.

Fa storcere il naso uno dei consigli trovati nella sezione dedicata agli operatori sanitari: “Non strumentalizzare la carica emotiva di immagini/video particolarmente toccanti o eccessivamente penosi a scopo di autopromozione”. Davvero abbiamo bisogno di dircelo? Sì, ne abbiamo un prepotente bisogno, e occorre che questi spazi di pensiero che non possono per loro natura essere occupati dall’intervento giuridico, siano pervasi dall’educazione, dall’informazione, da una nuova cultura dell’Altro che si basi davvero sul rispetto e sulla parità: solo così termini come “privacy” e “consenso” potranno essere riempiti di senso. A beneficio di tutti e tutte.

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