La mia giornata metropolitana è fatta di spostamenti in questa giungla trafficatissima. Penso sempre, e pensando scrivo qualche spunto di ricerca anche sul telefonino, ma, per evitare di farmi male, alzo la testa dallo schermo. E allora realizzo che siamo tutti tuffati in questi schermi 10-15 pollici, fagocitati dalle loro luci blu.
La metropolitana newyorkese è popolata di le creature, le cosiddette “subway creatures”. Pendolari per lavoro o per studio, turisti con mappe e guide, giovani colorati dai capelli alle scarpe. Un grogiuolo di etnie, origini, lingue, vite.
A New York si ha paura
Oggi, una di queste creature urlava, urlava con tutto il corpo, un urlo angosciante: “You all are pigs, pigs, that is what you all are!“. Ce le canta per le rime: siete un branco di maiali. Non mi sono offeso, ma certo mi sono spaventato tanto, perché urlava, strillava, indossava cuffie enormi, quelle per ascoltare la musica cha annullano tutti i rumori, ma non annullano l’odio. Le cuffie gli fasciavano la testa, le orecchie, facendo estrudere gli occhi dal volto. Occhi che ci fissavano: tutti, uno ad uno come voler andare in profondità. E noi altri lo guardavamo attoniti, sgomenti.
Nessuno di noi, però, ha avuto il coraggio di chiedergli: che succede, perché urli? Che cosa hai? Non lo si fa per la paura, tutti abbiamo paura, costante paura qui a New York City. A sassate nella testa, a spinte e a calci io proprio non ci vorrei finire e allora il rifugio naturale sono gli schermi dei cellulari. Questo fenomeno schiva-sguardi non mi era nuovo, lo avevo incontrato anni fa in Giappone: nel silenzio assoluto dei vagoni della metropolitana tutti timidi rifugiati negli schermi per non incrociare mai gli sguardi degli altri e poi scendere di fretta. Lì però non era la paura a far scomparire i volti, era altro.
Tanti non hanno mai visto il mare
Chissà se i newyorkesi, immersi nei loro schermi anche in superficie, si sono accorti quanta acqua è sgorgata dagli estintori aperti dai ragazzini a cercare spruzzi di sollievo di questa estate passata, caldissima. Estintori forzati per trovare conforto alla calura perché non hanno mai visto il mare, perché ancora in tanti non hanno i mezzi, la curiosità, la possibilità di staccare anche per pochi giorni e magari andare alle spiagge che si possono raggiungere anche in mezzora di metro. Qui perdura il concetto: vacanza zero. Senza il passaporto, tantissimi newyorkesi non hanno mai visto una distesa di acqua immensa e abbagliante con i piedi che affondano nella sabbia. In moltissimi pagano ancora usando gli assegni che si perdono spesso spediti via posta, in tanti usano il contante e senza limiti e in altrettanti ancora non hanno un tetto né da mangiare e non sono pronti all’arrivo dell’inverno.
Come è cambiata la città?
Chissà se hanno notato che moltissimi negozi chiusi durante gli anni di pandemia non hanno mai riaperto. Quattordici anni fa il mio primo cicerone newyorkese per insegnarmi la città e ad identificare i quartieri mi aveva mostrato una mappa di negozietti come punti di riferimento nella cartina mentale che stavo disegnando per non perdermi. Poi un giorno sono tornato a cercare un bel negozio di bottoni e non c’era più. Allora ci ho fatto caso: quei quartieri codificati per le consegne a domicilio e presidiati dai negozi più impensabili specializzati in bottoni, piume, candele, pizza a $1, ferramenta, tappeti, cornici, fotografia, gomma, tubi, sartoria istantanea, usato di ogni genere, si sono estinti, a volte rimpiazzati da supermercati, megalopoli di frigoriferi e freezer senza cassieri al cui esterno campeggiano file di scooter elettrici gestiti dall’ennesima app. Scooter che ti portano a casa tutto quello che ordini e nel tempo stabilito, altrimenti hai il rimborso assicurato.
È ormai inutile cercare dove e se aprire un negozio o un ristorante, contando i passaggi delle persone nelle fasce orarie e pensare di applicare la mia inutile regola delle tre P: prodotto, posizione, personale. Con il tempo sul lavoro ho mantenuto le P, ma ho cambiato i vocaboli: passione, perseveranza e pazienza, perché sono questi che ora fanno la differenza in un mondo che va ad una velocità fortissima. Un mondo in cui tutto si genera dall’incrocio di dati: geolocalizzazione, recensioni, indicizzazione, SERP, click funnel, SEO e per affinità a ciò che più volte abbiamo comprato!
Eppure ci sarà stata una prima volta di un acquisto ingenuo dovuto ad un passaggio, ad un negoziante che ci ha convinti con un sorriso? Ma quella casualità sta diventando ormai rara e d’altra parte come possono sopravvivere quei negozi indipendenti con gli affitti alle stelle. Vale anche per i ristoranti: per uno che lavora, due restano vuoti. Certo in pandemia ci si è convertiti alle consegne a domicilio, ma ora sembra che non ci sia più neanche chi fa quel lavoro. E così cambia il volto di una via alla volta e i quartieri rischiano di perdere la loro anima fatta di visi, punti di riferimento, insegne storiche e ritrovi per genereazioni e generazioni.
Gli anni di pandemia hanno cambiato non solo il volto di New York, ma anche la vita. Fra remote working, persone che si sono trasferite fuori o che hanno tempi diversi da quelli a cui eravamo abituati. La vera settimana lavorativa si è ridotta, con auto-risponditori di email che scrivono cose mai lette prima:
Sorry I rather enjoy more life than being in the office, write me back Tuesday!
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