
Settembre segna sempre un nuovo inizio, quello dell’anno scolastico, nel nostro emisfero. Milioni di bambini sono tornati in aula, ma per molti altri questo non è stato possibile. Dall’Ucraina, a Gaza, passando per l’Afghanistan arrivando in Sudan. Il diritto all’istruzione è sempre più messo in discussione dai conflitti armati che infiammano il mondo, ipotecando di fatto il futuro di un’intera generazione.
Sono circa circa 250‑270 milioni di bambini, adolescenti e giovani nel mondo non frequentano la scuola, secondo i dati più recenti dell’Unesco. Nella fascia della scuola primaria, tra i sei e gli 11 anni circa il 9‑10% dei bambininon va a scuola per un totale di quasi 65 milioni di bambini; nella fascia di età tra i 12 e i 14 si stimano all’incirca 60-62 milioni di ragazzi fuori dal persorso di studi; mentre dai 15 ai 17 il dato esplode e si arriva a 130-140 milioni di giovani che non frequentano un corso di istruzione.
Il futuro dei bambini di Gaza
“Generazione perduta“. Così l’Onu ha definito i bambini di Gaza che oggi vivono sotto le bombe. Bambini senza futuro che anziché portare in spalla zaini colmi di libri, sono costretti a scappare con le poche cose che hanno. Secondo l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, sono quasi 660.000 i minori che oggi non possono andare a scuola.

A causa del conflitto in corso, infatti, più del 90%o delle scuole di Gaza sono state distrutte o gravemente danneggiate. Ripararle e ricostruirle richiederà ingenti risorse e tanto tempo. Secondo un recente rapporto Onu, i 432 edifici scolastici classificati come “colpiti direttamente” in precedenza erano frequentati da circa 469.222 studenti e 17.564 insegnanti, che rappresentano circa il 75,8% della popolazione studentesca totale e il 75,9% del personale docente totale.
Secondo le Nazioni Unite, in 20 anni sono stati oltre 14.000 gli attacchi contro le scuole nelle zone di guerra. Sono quasi due attacchi al giorno per due decenni. L’anno scorso gli attacchi contro le scuole sono aumentati del 44% rispetto al 2023. Solo a Gaza oltre il 95% delle scuole risultano essere distrutte o danneggiate. Ma Gaza non è l’unica parte del mondo in cui il diritto all’istruzione è sotto attacco.
I bambini e il diritto all’istruzione nel mondo

Con oltre 12 milioni di sfollati e quasi 25 milioni di persone a rischio fame, il conflitto in Sudan ha innescato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. A causa della guerra, oltre l’80% dei bambini non va a scuola. In Ucraina, invece, dal 2022, più di 1.700 scuole sono state danneggiate o distrutte, privando così i bambini di strutture sicure dove poter studiare.
A Haiti, teatro di una guerra tra gruppi armati che dura da due anni, nel solo mese di gennaio di quest’anno, sono state distrutte 47 scuole nella capitale, mentre nel 2024 ne sono state distrutte 284 in tutto lo Stato. Secondo l’Unicef, a causa di questa situazione, un bambino su sette non va a scuola, e un altro milione è a rischio di abbandono scolastico.
Non solo guerre
Ad impedire l’accesso all’istruzione, però, non sono solo le guerre. Inondazioni, ondate di calore, siccità, non sono solo letali per l’economia e la vita di un Paese, ma lo sono anche, nello specifico, per il diritto all’istruzione. Secondo l’Unicef, nel 2024, almeno 242 milioni di studenti in 85 Paesi non hanno potuto accedere all’istruzione a causa degli eventi climatici estremi.
Tra aprile e maggio scorso, le temperature hanno toccato i 47 gradi in alcune parti del sud est asiatico. Proprio questa è stata la regione più colpita con 128 milioni di studenti che hanno affrontato interruzioni scolastiche a causa del clima. I governi hanno dovuto prendere dei provvedimenti per preservare la salute dei ragazzi. Il Bangladesh e le Filippine, infatti, hanno chiuso le scuole, mentre la Cambogia ha accorciato la giornata scolastica di due ore. In Afghanistan, oltre alle ondate di calore, il Paese ha subito inondazioni improvvise che hanno danneggiato o distrutto oltre 110 scuole a maggio, interrompendo l’istruzione per migliaia di studenti.
In contesti fragili, le chiusure prolungate delle scuole rendono meno probabile che gli studenti tornino in classe. Le indagini Onu dimostrano come in situazioni difficili dal punto di vista umanitario, la chiusura prolungata delle scuole renda meno probabile che gli studenti e le studentesse tornino in classe esponendoli così maggiormente al rischio di matrimoni precoci e lavoro minorile.
Le donne afghane messe a tacere “fino a nuovo avviso”
Il ritorno dei talebani al potere nel 2021, ha fatto ripiombare l’Afghanistan nell’insicurezza, e, i diritti delle donne duramente conquistati, sono stati messi nuovamente in discussione. Primo fra tutti il diritto all’istruzione. Oggi in Afghanistan le ragazze non possono frequentare la scuola oltre la sesta classe ed entro la fine del 2025, più di 2 milioni di ragazze saranno escluse dall’istruzione.

La situazione è destinata a peggiorare dopo il blackout totale di internet che sta riguardando tutto il Paese. “Le prove tecniche di disconnessione” andavano avanti da settimane in varie regioni, e raggiungere telefonicamente le persone sul posto era diventato gradualmente impossibile. Niente più internet, niente più comunicazioni con l’esterno, social media inaccessibili e voli cancellati a causa dei sistemi di controllo messi fuori uso.
L’Afghanistan e la sua popolazione stanno diventando inaccessibili sia fisicamente che virtualmente. Il provvedimento rimane in vigore “fino a nuovo avviso” con l’obiettivo – dicono i talebani- di “attuare misure sulla moralità”. L’effetto, però, è quello di isolare totalmente il Paese. Le più danneggiate da questo provvedimento sono soprattutto le donne, molte delle quali, grazie ad internet, riuscivano ad aggirare i divieti sull’accesso all’istruzione e a continuare a studiare attraverso corsi online. Ora, imprigionate dentro ai confini del proprio Paese senza possibilità di comunicare con il mondo esterno, il loro futuro si fa sempre più buio.
Il futuro incerto del diritto all’istruzione
A causa dei drastici tagli ai finanziamenti globali per l’istruzione, entro la fine del 2026 circa 6 milioni di bambini in più potrebbero non frequentare la scuola, di cui circa un terzo in contesti di aiuto umanitario, secondo un report dell’Unicef pubblicato lo scorso 3 settembre.
Non solo. Gli aiuti pubblici allo sviluppo destinati all’istruzione diminuiranno di 3,2 miliardi di dollari, con un calo del 24% rispetto al 2023. Questo calo farebbe aumentare il numero di bambini non scolarizzati in tutto il mondo, passando – dice l’Onu- da 272 milioni a 278 milioni, l’equivalente di svuotare tutte le scuole primarie della Germania e dell’Italia messe insieme.
L’Africa occidentale e centrale subiranno l’impatto più forte, con quasi 2 milioni di bambini a cui non sarà garantita l’istruzione, mentre il Medio Oriente e il Nord Africa potrebbero registrare un aumento di 1,4 milioni di bambini non scolarizzati.
Il destino dei bambini che rimangono senza istruzione
Ma la scuola non significa solo apprendimento. Per molti bambini nel mondo, andare a scuola è l’unica ancora di salvezza. I minori che non vanno a scuola sono in balìa del mondo, privi di controllo e protezione. A Haiti, ad esempio, i bambini che non possono andare a scuola sono condannati a sfruttamento o reclutamento nei gruppi armati. L’anno scorso si è verificato un aumento del 70% del numero di bambini reclutati e ad oggi la metà dei membri dei gruppi armati è costituita da minori, alcuni dei quali hanno solo otto anni.
Senza parlare del fatto che vengono a mancare loro dei sostegni concreti nella quotidianità: dall’avere un adulto di riferimento a fare un pasto decente a poter usufruire di servizi igienici. I numeri sono enormi e sembrano dare la misura di un problema difficilmente affrontabile. Invece le iniziative locali e le istutizioni e le associazioni che si occupano di specifici progetti possono fare la differenza e tutti insieme creare la massa critica per invertire la rotta.
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