Scuola: la condizione degli insegnanti, tra stress burocratici e stipendi non adeguati

Flash mob a Napoli 3 settembre 2025
ANSA/CIRO FUSCO

La lunga estate della scuola italiana è finita, si riaprono gli istituti e  i ragazzi riprendono la routine delle lezioni. Con loro, in classe, schiere di insegnanti. Precari. Con contratto stabile. Alla soglia della pensione o al primo incarico. Impegnati in strutture vicino a casa o a migliaia di chilometri dalla famiglia.

Come in tutto il mondo, la condizione di chi siede in cattedra è raccontata soprattutto in termini di criticità persistenti. Tra bassi stipendi e carichi di responsabilità burocratiche sproporzionate, affaticamento mentale e la percezione che il proprio lavoro sia scarsamente valutato. Persiste, inoltre, in tutto il mondo una carenza importante di personale docente, quando non si assiste proprio a una fuga dalle cattedre.

Evidenziava qualche tempo fa il documento dell’Ocse “Unravelling the layers of teachers’ work-related stress”* come, tra gli insegnanti «una lamentela comune (riguarda) il livello di stress legato al ruolo. Anche prima della pandemia, in media nei Paesi Ocse, il 48% valutava la propria esperienza tra “abbastanza” e “molto”stressante”. Questo è preoccupante, poiché lo stress legato al lavoro è spesso un fattore chiave che influisce sulla soddisfazione professionale degli insegnanti, sul loro benessere e sul desiderio di continuare a insegnare». Non una situazione di poco conto, anche solo considerando il loro fondamentale ruolo nel preparare le generazioni più giovani.

Continuava poi il documento Ocse: «Per quanto il 90% si dice soddisfatta in generale della propria occupazione, solo il 76% ritiene che i vantaggi della professione siano più significativi degli svantaggi. Un terzo di loro, inoltre, si chiede se avrebbe fatto meglio a scegliere una diversa professione».

Lo stress degli insegnanti. Il caso italiano

Stando all’indagine Talis (Teaching and learning international survey) dell’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo, insegnare resta la prima scelta di carriera per due insegnanti su tre (quasi il 60% dei docenti uomini, il 70% delle insegnanti). Nel 90% dei casi, a spingere su questi percorsi è la possibilità di incidere sullo sviluppo dei bambini o di contribuire alla società. Nonostante questo, però, solo il 30% dei rispondenti ritiene che il proprio ruolo sia ritenuto di valore sociale. Il 61% si dice insoddisfatto dello stipendio che riceve per i livello di studi effettuato. E per quanto il 90% si dica almeno sufficientemente soddisfatto dalla propria professione, molti lamentano di doversi caricare di responsabilità burocratiche onerose, trovarsi in relazioni complesse con dirigenti e genitori.

Questa tendenza mondiale è confermata anche dall’analisi effettuata di recente dal Centro studi Erikson e Università di Padova sulla situazione in Italia. Pubblicato sull’International journal of education research, lo studio mette sotto osservazione la condizione, i livelli e le cause dello stress tra gli insegnanti dello stivale. Anche qui, i principali fattori di rischio per il benessere dei docenti sono la burocrazia, relazioni umane di scarsa qualità (con colleghi e famiglie); il carico di lavoro. Uniti alla mancanza di riconoscimento professionale, sia in termini economici che di opportunità di carriera.

Non solo sfide però: sono infatti in linea con le rilevazioni globali le percentuali in positivo riguardo alla soddisfazione professionale. In particolare spiccano soprattutto buone indicazioni riguardo al rapporto con i ragazzi, il loro apprendimento. E lo stimolo intellettuale offerto da questo lavoro.

L’analisi sulla situazione italiana guarda anche alle abitudini che possono essere efficaci nel proteggere da condizioni di disagio. Hanno un impatto benefico, per esempio, il supporto tra colleghi e le interazioni informali con amici e parenti, “usati” come meccanismi di sfogo. Nelle situazioni più complesse, risulta utile poi il supporto psicologico scolastico. Strumento questo che però, stando alle rilevazioni, resta utilizzato ancora molto poco. I dati raccolti indicano che il suo uso si attesta sui 2.32/10 punti. E per quanto il ricorso a un professionista esterno è leggermente superiore, arriva comunque solo a 2.44/10 punti.

Il primo giorno di scuola

Se, in Italia, è il primo giorno di scuola per i ragazzi, lo è anche per molti insegnanti. Questo può generare per tanti un nervosismo legato proprio agli aspetti più pratici della professione. Cosa fare, dove andare. Quali documenti firmare. Come muoversi in classe. Utile allora avere una mappa dei primi passi necessari. Come quella pubblicata da  Discentis, startup italiana, “dalla vocazione sociale”.

Disponibile qui, la guida “Primo giorno di scuola. Manuale di sopravvivenza per neo-docenti”, per quanto pensata soprattutto per gli insegnanti alla prima esperienza in classe, offre risorse a cui attingere e suggerimenti su come affrontare le ore di insegnamento e cosa fare dopo le lezioni. Insomma, uno strumento agile che può diventare utile e interessante anche per chi ha anni di esperienza in cattedra. Per meglio gestire la (ri)partenza, che ci si trovi in acque conosciute o in ambienti nuovi.

Una questione di soldi?

Dettagli pratici a parte, la salute mentale degli insegnanti, lo abbiamo accennato prima non è solo influenzata dalle responsabilità burocratiche o dalle relazioni interpresonali. A minare il benessere generale – non è difficile immaginarlo – incide anche la questione economica della professione. Particolarmente in un’epoca di costi della vita galoppanti, ma anche già pre-Covid, come indicano le rilevazioni Talis, almeno il 61% dei docenti non si diceva soddisfatto del proprio stipendio**.

Ma quanto vengono pagati gli insegnanti nel mondo? A fare una panoramica generale ancora l’Ocse. In termini assoluti i docenti meglio pagati sono quelli che lavorano in Lussemburgo. A partire dalla scuola primaria. In questo segmento, nella città stato i laureati che si siedono in cattedra possono aspettarsi di ricevere uno stipendio iniziale di circa 67mila euro annuali. Compenso che va poi a salire nel tempo, aumentando di circa 20mila euro in dieci anni e 31mila dopo 15 anni di esperienza***. Gli stipendi in Germania, al secondo posto in questa classifica, partono da un minimo di 1.300 euro mensili per arrivare a 4mila 500 al mese al picco della carriera.

Grafico di World Population Review sui salari degli insegnanti nel mondo

Non si discostano molto i numeri relativi agli stipendi medi annui riportati dal network Euridyce che guarda ai sistemi educativi di 43 nazioni europee. Sempre facendo riferimento alle scuole elementari, a inizio carriera sono ancora una volta gli insegnanti del Lussemburgo a essere meglio pagati – con una media di 53mila euro l’anno. In questo caso, ricevono gli stessi compendi quelli che lavorano in Germania. A “fine carriera”, se il Lussemburgo resta davanti a tutti (con una quota media annuale che supera i 93mila euro), al secondo posto seguono i Paesi Bassi (79mila) e la Svizzera (71mila).

Le maestre e i maestri italiani, a inizio carriera arrivano a cifre di circa la metà rispetto ai primi nella lista Eurydice. La media nello stivale è infatti di 26mila euro annuali, al pari di Romania e Turchia e appena poco sopra gli stipendi per gli insegnanti ungheresi. Non sale di molto poi il compenso quando raggiungono l’apice della carriera. Con 37mia euro, i compensi degli insegnanti delle scuole primarie del bel Paese appaiono sì uguali a quelli in Finlandia e appena sopra l’Islanda. Ma sotto Malta e Slovenia e lontani dai livelli, per esempio, delle “vicine” Spagna (54mila euro annuali) e Francia (48mila).


* Pubblicato nel 2023 dall’Ocse, questo testo esplora le risposte raccolte tra i docenti e dirigenti scolastici a livello mondiale dall’indagine Talis (Teaching and Learning International Survey), per «comprendere se i fattori di stress variano in base al background socio-economico degli studenti» a cui insegnano. «In aggiunta, guarda a quali fattori hanno maggiori probabilità di essere associati alla soddisfazione per il lavoro e all’intenzione di mantenere il ruolo».

** Si legge nel secondo volume delle rilevazioni Talis: «In termini di stipendi, il 39% degli insegnanti e il 47% dei dirigenti scolasitci si dice soddisfatta della paga che riceve».

*** Dati riportati dalla World population review, sulle statistiche dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

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  • Rosario Orlando |

    In Italia non si vuole comprendere l’importanza dell’insegnamento, il ruolo che si assume rispetto alle famiglie disagiate e non il supporto a giovani che a volte perdono l’orientamento. Le rivelazioni Talis al 39% mi sembrano un eccesso, una volta la famiglia con due insegnanti poteva rivelarsi ‘sgiata’ ora sommate le bollette domestiche (gli aumenti relativi) e i nostri salari 😭! Fin che la mandria va lasciale andare😂

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