Per la prima volta nella storia italiana anche le carceri minorili sono sovraffollate. E’ l’allarme lanciato dall’associazione Antigone, che nell’ultimo rapporto sulle condizioni di detenzione evidenzia un sovraffollamento in 9 istituti minorili su 17, a partire da Treviso, Milano e Cagliari. Secondo i dati aggiornati a maggio 2025 del Dipartimento per la giustizia minorile, i minorenni e giovani adulti dai 14 ai 24 anni detenuti negli istituti penali minorili italiani sono 600, con un forte incremento rispetto agli anni precedenti, in particolare da fine 2023, quando è entrato in vigore il decreto Caivano.
Il decreto-legge, tra gli altri punti, ha inasprito le pene per i minori autori di reato e ampliato l’uso delle misure cautelari. Sovraffollamento, uso sempre più frequente di psicofarmaci, carenza di percorsi rieducativi efficaci hanno portato negli ultimi mesi a proteste e rivolte anche nelle carceri minorili. “Il carcere deve essere l’estrema ratio ma spesso non così. In questo momento storico di malessere giovanile generalizzato il carcere per i giovani può avere un effetto devastante”, sottolinea don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e fondatore della comunità Kayros. “Se si concepisce il carcere come luogo punitivo, non avrà mai effetti rieducativi”, continua don Claudio. Il sottosegretario alla giustizia, Andrea Ostellari sottolinea: “stiamo lavorando sui percorsi di rieducazione e a breve apriremo altre carceri”.
Chi sono i giovani detenuti
Complessivamente i giovani presenti nei servizi residenziali, ovvero carceri, comunità e centri di prima accoglienza, sono circa 1800, in salita rispetto ai 1300 di luglio 2023. I giovani in carico ai servizi della giustizia minorile al 15 maggio sono quasi 16 mila, sempre in aumento. Seicento i giovani detenuti negli ipm, per la stragrande maggioranza maschi – 30 le ragazze -, circa la metà minori stranieri non accompagnati.
Nel luglio 2023, cioè prima dell’entrata in vigore del decreto Caivano (novembre), i giovani detenuti negli istituti erano 420, 381 a fine 2022. Oggi oltre il 60% ha meno di 18 anni. Percentuale in crescita, visto che nel 2023 i minorenni rappresentavano il 56%. Il decreto Caivano permette, infatti, il trasferimento dei maggiorenni nelle strutture per adulti.
I trasferimenti nel carcere per adulti
«Sempre più accade che al compimento del diciottesimo anno di età i ragazzi vengano spediti in via punitiva al carcere per adulti. In questo modo diventano vite a perdere» avverte Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone e responsabile dell’osservatorio sulla giustizia minorile. Per il sottosegretario Ostellari, «non c’è nessun provvedimento generalizzato. Il trasferimento di giovani adulti dal minorile al comparto adulti non avviene indiscriminatamente, ma in base al comportamento del singolo».
Molte le proteste innescate dai crescenti trasferimenti, come a Bologna, dove detenuti maggiorenni, provenienti dal minorile, sono stati trasferiti in una sezione del carcere per adulti della Dozza. Senza dimenticare Marassi, il carcere per adulti di Genova, dove i primi di giugno c’è stata una forte protesta, dopo che un detenuto 18enne è stato abusato e torturato dai compagni di cella.
Stupefacenti e lesioni i reati più diffusi
Osservando i delitti a carico dei minorenni e giovani adulti entrati negli ipm, si nota che sono in aumento rispetto al 2022 i reati legati agli stupefacenti (122 nel primo semestre 2024 contro i 153 dell’intero 2022), le lesioni personali e volontarie (da 211 del 2022 a 263 del 2024), la violenza, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (da 108 a 178). A seguire tentato omicidio (da 38 a 76) e violenza sessuale (da 35 a 49).
Ricordiamo che un soggetto può entrare nelle strutture per uno o più delitti. Tra i reati più diffusi, complessivamente tra i giovani minorenni in carico ai servizi di giustizia minorile, troviamo sempre lesioni personali, furti, rapine, stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale, armi.
Nuove carceri e comunità per giovani con disagio psichico
Per contrastare il sovraffollamento, il ministero della giustizia ha annunciato l’apertura di nuove carceri, oltre a rimodernare e ristrutturare strutture già esistenti. Entro l’anno aprirà un nuovo istituto a Rovigo, poi a Lecce e L’Aquila. Il ministero ha annunciato anche l’apertura di comunità ad alta intensità sanitaria per giovani con disagio psichico, in collaborazione con le regioni. La prima è stata aperta a Casteggio, in provincia di Pavia ed è gestita da Recovery for life.
A marzo ha accolto il primo paziente, ora sono 9. «I tempi di permanenza degli ospiti nella nostra struttura vanno da 3 mesi a massimo un anno, con l’obiettivo di valutare il percorso migliore per il ragazzo, ovvero il trasferimento in un’altra comunità o il rientro in famiglia» sottolinea Giovanna Cuzzani, psichiatra e direttrice sanitaria.
La carenza di percorsi rieducativi efficaci
Altro punto cruciale riguarda le attività, perchè se il percorso in carcere o comunque nella giustizia minorile, non passa da una rieducazione, da un reinserimento nella vita sociale e nelle relazioni con gli altri, allora il ragazzo quando esce si trova al punto di partenza. «Sempre di più la detenzione minorile somiglia a quella degli adulti. C’è uno stato di abbandono. I ragazzi passano molto tempo in cella senza fare niente» sottolinea Marietti.
Anche per don Claudio Burgio mancano ancora le opportunità formative e lavorative che «potrebbero essere di gran lunga più esplorate. Soprattutto il tempo estivo è un tempo vuoto. Bisogna fare qualche sforzo in più» dice don Claudio.
Le comunità
Altra criticità l’assenza di una forte rete di accoglienza che, ad esempio, per i minori stranieri, soli senza famiglia, è spesso l’unica via. Al momento le comunità sono in affanno e gli educatori sempre meno. Secondo i dati aggiornati a maggio 2025 del dipartimento per la giustizia minorile, sono tre in Italia le comunità ministeriali, che accolgono 18 ragazzi. Oltre mille sono, invece, quelli accolti nelle strutture private.
«La criticità del carcere non è solo la criticità dell’istituto penale. Il vero problema è fuori, dove mancano le strutture comunitarie. Ciò influisce sul sovraffollamento: ci sono ragazzi che restano in carcere a lungo proprio perché non si trovano comunità in cui ospitarli‘ precisa Burgio.
Per i giovani serve un nuovo modello
«La tendenza è ancora quella repressiva, di contenimento, di un regime di sorveglianza che si vede ed è palpabile anche negli istituti minorili. Ed è proprio l’idea di fondo che bisogna rivedere. Oggi sembra un delitto parlare dell’abolizione del minorile e non si lavora in questo senso. C’è molta strada da fare» racconta don Claudio Burgio, che 25 anni fa ha fondato la comunità Kayros per accogliere i ragazzi.
«In questo momento storico di estrema fragilità dei giovani, il carcere rischia di slatentizzare una situazione di malessere esistenziale psichico molto profondo. I ragazzi arrivano in un ambiente molto violento, hanno paura, iniziano ad assumere farmaci e rischiano di uscire ancora più incattiviti o sofferenti a livello psichico». Don Claudio spiega che i ragazzi non cambiano in forza delle legge o dei codici e che l’inasprimento non fa da deterrente. Per don Claudio bisogna ripensare il modello: «non servono altre carceri, servono piccole comunità in cui aiutare i ragazzi a ricostruire i rapporti sociali».
Tante sono le storie che arrivano dalle carceri e dalle comunità italiane. Ve le racconteremo nelle prossime puntate del viaggio di Radio24 Il Sole 24 Ore che ci porterà negli istituti penali minorili italiani
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