
«Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo». Ponti, dialogo, incontro. Nel suo primo discorso, il nuovo pontefice Papa Leone XIV immagina una Chiesa missionaria, «con le braccia aperte a tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità». Solo qualche giorno prima dell’inizio del Conclave, nel territorio di Pomezia, a pochi chilometri da piazza San Pietro, il parroco di Torvaianica don Andrea Conocchia concretizzava nella sua esperienza il progetto della Chiesa che potrebbe essere e che, nella quotidianità dei piccoli territori in cui le parrocchie diventano riferimento, già è: più centrata sulle persone, senza discriminazioni.
Nella sua parrocchia Beata Vergine Immacolata, da cui si vede il mare, ogni persona è la benvenuta e viene accolta. Come è successo a centinaia di donne trans durante il periodo della pandemia. Grazie all’aiuto di don Andrea, sono riuscite a raccontare la loro storia a Papa Francesco e a ricevere il suo aiuto, economico e spirituale. «Non abbassare la guardia sulla persona e tenerla presente veramente, facendo più attenzione al sostantivo che all’aggettivo – spiega don Andrea ad Alley Oop -. Ogni persona è unica. Nel potere di incontrarsi reciprocamente si abbattono i pregiudizi».
«Una Chiesa aperta», quale spazio per i diritti Lgbtq+?
Un ponte di accoglienza che riscrive le gerarchie ecclesiastiche e spalanca porte nuove: dall’anno della pandemia, papa Francesco ha incontrato centinaia di persone della comunità Lgbtq+ proprio grazie al supporto di don Andrea Conocchia e di suor Geneviève Jeanningros. Il cambio di passo necessario per inaugurare un cambiamento concreto: anche Prevost, sulla comunità Lgbtq+, aveva inizialmente posizioni piuttosto conservatrici. Il New York Times ha riportato che nel 2012, un anno prima dell’elezione di Papa Francesco, il cardinale Prevost aveva espresso disappunto per il fatto che alcuni media occidentali «nutrissero simpatia per credenze e pratiche che sono in contrasto con il Vangelo», in particolare lo «stile di vita omosessuale» e le «famiglie alternative composte da partner dello stesso sesso e dai loro figli adottati». Tuttavia, pur mostrando cautela nell’approccio di apertura totale ai diritti Lgbtq+, più recentemente il nuovo papa ha sostenuto la dichiarazione “Fiducia supplicans” che apre alla possibilità di benedizioni pastorali per le coppie omosessuali. Una postura in linea con quanto inaugurato da Papa Francesco che, pur conservatore della dottrina, ha aperto una breccia nella tradizione incontrando esperienze e realtà diverse.
Nella basilica di Santa Maria Maggiore, per l’ultimo saluto a Francesco, gli “ultimi” sono diventati i primi: è a loro che l’ultimo papa ha parlato e, come spiega ad Alley Oop don Andrea – che nella sua parrocchia ha accolto e aiutato centinaia di donne trans – serve continuare a farlo per «aprire a tutti, con coraggio e profezia, anche quelle porte che il Papa ha iniziato ad aprire o ha lasciato mezze aperte».
L’Italia non è un posto sicuro per le persone Lgbtqia+
Le porte aprono spazi di sicurezza e mutuo aiuto. Un’esigenza che pesa particolarmente sulle spalle delle persone transgender: come riporta lo studio Rainbow Europe sui diritti Lgbtqia+ pubblicato ogni anno da Ilga Europe, principale organizzazione globale per la difesa dei diritti Lgbtqia+, in sette Paesi (Azerbaigian, Bielorussia, Bulgaria, Georgia, Kazakistan, Romania e Slovacchia) sono state promulgate o proposte leggi sulla cosiddetta “propaganda Lgbt”, che criminalizzano la visibilità delle persone trans e limitano la discussione sulle questioni Lgbtq+. Anche in Italia la situazione non migliora. Il Belpaese crolla al 36° posto su 49 Paesi per uguaglianza e tutela delle persone Lgbtq+: si colloca tra Lituania e Georgia, dietro l’Ungheria, a causa dell’assenza di politiche mirate ad ampliare i diritti e abbattere le discriminazioni.

Un’ulteriore fotografia dello stato dei diritti delle persone Lgbtqia+ in Italia arriva dall’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea che, nel suo terzo sondaggio sugli standard di tutela, evidenzia come le soggettività Lgbtq+ continuino a subire violenze omolesbobitransfobiche motivate da odio e da discriminazione, in totale assenza di una legge.
Nel decennio 2013-2023, come sottolinea il Rapporto sullo stato dei diritti in Italia, «sono state bocciate ben due proposte di modifica in tal senso. La prima nel 2013 “Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell’omofobia e della transfobia”, seguita dal ddl Zan del 2020». Dopo questo ultimo tentativo, la proposta è uscita dal panorama politico.
La tutela dalle discriminazioni rimane demandata alle disposizioni di rango europeo e internazionale, come la “Risoluzione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 sulla tabella di marcia dell’UE contro l’omofobia e la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere”. Nessun progresso legislativo sostanziale nemmeno sul fronte del percorso di affermazione di genere, la cui disciplina risiede ancora nella legge 164 del 1982, a cui segue l’emanazione del decreto legislativo 150/2011 perché l’intervento chirurgico finalizzato ad adeguare i caratteri sessuali avvenga solo «quando risulti necessario»: per eseguire l’intervento è comunque sempre necessaria l’autorizzazione del Tribunale competente.
«Aiutare, un ponte per incontrarsi»: la parrocchia che accoglie le donne trans
In questo contesto, accogliere e riconoscere le identità trans diventa un gesto di umanità e un’azione politica. «Tutto è iniziato nel marzo 2020 – racconta don Andrea –. Durante la pandemia ai cancelli della parrocchia di Torvaianica bussavano centinaia di persone in cerca di aiuto. Tra queste c’era Paola, una donna trans argentina che chiedeva di essere aiutata. L’aiuto è stato il ponte per l’incontro».
Come lei, sono arrivate alle porte di don Andrea tante altre donne trans. Di cui molte sex worker. Abbandonate a loro stesse, impossibilitate a lavorare, senza un’assistenza, ma soprattutto senza cibo: «Il 10 marzo 2020 è arrivata Paola, il giorno dopo erano due, poi tre. Fino ad essere 150». Don Andrea, definito dalla comunità un prete di frontiera, allarga i margini e li porta al centro, senza temere la diversità: «Ciò che conta è l’ascolto, la relazione che è iniziata e continua. Ho scoperto dopo che fossero donne trans e sex worker. Da loro ho imparato a chiedere come volessero essere chiamate, ogni persona va rispettata e riconosciuta per chi è».
L’aiuto del papa per le donne transgender
Dal riconoscimento al supporto: grazie all’iniziativa di don Andrea, la comunità trans ha fatto arrivare a Papa Francesco, attraverso il suo elemosiniere – il cardinale Konrad Krajewski – la sua richiesta di aiuto. «Ho suggerito a quattro ragazze argentine di scrivere una lettera al papa e raccontare la loro storia – spiega don Andrea – Le ho spronate dicendo loro “raccontate da dove venite, cosa fate, quali sono le vostre difficoltà e non abbiate paura di chiedere aiuto, il Papa vi aiuterà”». E così è stato: «Dopo un timore e grande pudore iniziale, le ragazze hanno scritto le loro storie: i fogli di carta erano bagnati dalle lacrime, le lettere sono state delle confessioni pubbliche. E anch’io, piangendo con loro, mi sono ritrovato a imparare». L’aiuto di Bergoglio non si è fatto attendere: «Sembrava impossibile che un Papa attraverso la sua carità sua potesse raggiungere anche queste persone – donne transgender e sex worker – e invece è stato così. Gli aiuti sono arrivati con le consegne delle lettere: è stata un’esperienza intensa, profonda e anche sorprendente».

Il bisogno e il diritto di essere viste per chi si è
Paola, la prima a chiedere aiuto a don Andrea, viene dal Paraguay e vive in Italia da 34 anni: «Conoscere don Andrea ha cambiato tutto, anche la mia religione: la chiesa cattolica ha creduto in me e io ho creduto nella chiesa», dice ad Alley Oop. Rugeria, invece, viene dal Brasile. In Italia da 30 anni, la fede la ha accompagnata in tutto il suo percorso. Anche quando nella Chiesa non si sentiva rappresentata: «Sentirmi finalmente vista e riconosciuta è una cosa non nuova. Siamo tutti figli e figlie di Dio e questa cosa papa Francesco l’ha capita: nonostante sia stata una persona tradizionale, come papa è stato aperto e recettivo. Ha di fatto aperto le porte alla comunità, vedendoci come persone quali siamo».
Lo ribadisce ad Alley Oop anche Delfina Montoya: «Vengo da una famiglia molto credente, cattolica cristiana. Ma in passato era troppo difficile andare in chiesa e sentirsi giudicate, segnalate». Un trauma, pubblico e intimo insieme, che si risana lentamente: «Da cattolica tradizionalista sentivo dire sempre a mia madre che gli omosessuali fossero tutti peccatori. Oggi, a 37 anni, per la prima volta non sto male quando entro in chiesa – spiega Montoya -. Ho sentito pregare per noi, per le sofferenze che arrivano dalle discriminazioni della società e dall’abbandono delle istituzioni. Queste preghiere arrivano durante le messe, da tanti credenti e famiglie che ci mettono al centro dell’attenzione: per me è una cosa meravigliosa, che non ho mai sentito prima».
Mentre si raccontano, alle porte della parrocchia di Torvaianica la messa è quasi finita: altri credenti salutano Paola, Delfina e Rugiera. Si scambiano chiacchiere e appuntamenti. La comunità che si rafforza nel fare quotidiano: essere parte semplicemente per chi si è, sedendosi insieme a pranzo. «Non avremmo mai sognato di entrare in Vaticano, pranzare con il Papa: ci sentiamo molto fortunate rispetto alle nostre sorelle brutalmente uccise e discriminate – raccontano -. Stiamo vivendo un momento unico nella storia della Chiesa: il prossimo papa non può fare un passo indietro perché Francesco ha innestato il seme dell’amore, della speranza e della gratitudine».

Diritti Lgbtq+, dagli Stati Uniti al Regno Unito la strada è in salita
Mentre la Chiesa comincia ad accogliere raccogliendo esperienze virtuose, la politica internazionale sembra chiudersi. Nonostante il 9,3% degli adulti statunitensi si identifichi come Lgbtq+ (è quanto emerge dall’ultima analisi condotta da Gallup), Donald Trump ha inaugurato la sua presidenza firmando un ordine che richiedeva al governo federale di riconoscere le persone esclusivamente in base alla «classificazione biologica di maschio o femmina».

Oggi i cittadini e le cittadine transgender che devono richiedere o rinnovare il passaporto in America sono costrette a dichiarare il loro sesso biologico. Più recentemente, sempre negli Stati Uniti, la Corte Suprema ha stabilito che per il momento l’amministrazione Trump può procedere con il divieto di ingresso nel servizio militare per i membri transgender, revocando un’ingiunzione di un tribunale di grado inferiore contro questa politica considerata «di esclusione infondata, drammatica e palesemente ingiusta».
Nel Regno Unito la legge britannica prevede che il sesso di una persona è una questione biologica stabilita alla nascita: la decisione della Corte Suprema, mettendo la parola fine a un contenzioso apertosi anni fa in Scozia con una sentenza cruciale, ha stabilito all’unanimità che la definizione legale di donna dell’Equality Act del 2010 non comprende persone transgender che hanno ottenuto il “gender recognition certificate” che attesta il loro cambiamento di sesso.
Il giudice Patrick Hodge ha raccomandato di non interpretare il testo come “il trionfo” di una parte ai danni dell’altra, sottolineando che esso non mette in discussione in alcun modo la piena «protezione delle persone transgender da qualsiasi discriminazione». A riguardo J.K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter e paladina della difesa, ha festeggiato la decisione della Corte suprema e rivelato il suo rammarico per non aver espresso “molto prima” le sue opinioni critiche sui diritti delle persone transgender. «Vi sfido ad arrestarmi, la prossima volta che dirò che le transgender non sono donne» aveva scritto in una serie di post su X. Una posizione a cui le donne trans rispondono con pacifica lungimiranza e solidarietà: «Anche le persone che ci escludono, negandoci l’identità, sono parte di Dio. Credono di pensare per noi e di sapere tutto: ci fa male ascoltare le loro parole ma crediamo anche che ogni cosa accade per qualcosa di più grande. Quindi siamo convinte che J.K. Rowling, nonostante quello che dice su di noi, sia una persona eccellente: magari un giorno cambierà idea, come è accaduto con Papa Francesco. Perché tutti siamo in completa evoluzione».
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