I laureati di genere maschile in Italia sono troppo pochi, sia relativamente alle laureate italiane, sia relativamente ai laureati europei del loro stesso genere.
L’Unione europea afferma che l’istruzione terziaria sta diventando sempre più importante nelle economie moderne perché «svolge un ruolo essenziale nella società promuovendo l’innovazione, la crescita economica e il benessere dei cittadini». Per questa ragione il Consiglio dell’Unione europea ha stabilito di raggiungere entro il 2030 una quota di giovani laureati almeno pari al 45%, ma il nostro Paese è ancora molto lontano da questo obiettivo. Nella popolazione di 25-34 anni i laureati sono solo 31% contro 43% della media europea, e la situazione peggiore si riscontra proprio con riferimento alla componente maschile: 24% in Italia e 38% in Europa (Eurostat 2025).
La sottorappresentazione maschile nell’istruzione terziaria è evidente da anni. Sia in Italia sia negli altri Paesi europei le laureate prevalgono sistematicamente sui laureati: posta uguale a 100 la quota maschile, le laureate sono 137 in Italia, 130 in Spagna e in Francia, 135 nella media europea; solo in Germania il rapporto di genere è più equilibrato: 104 laureate per ogni 100 laureati (Eurostat 2025). Da cosa dipende una differenza così marcata nel conseguimento del titolo, e quali conseguenze produce sull’occupazione e sui percorsi di carriera?
Le laureate superano i laureati dal 1991
Fin dall’ultimo decennio del secolo scorso le laureate hanno superato i laureati in ogni anno solare, e il divario si è ampliato sempre più nel corso del tempo (Istat Serie storiche). Questa scarsa presenza maschile nell’istruzione terziaria si traduce in un distacco altrettanto evidente sul mercato del lavoro: tra gli occupati di età 25-29 anni i laureati di genere maschile sono attualmente solo il 25% contro il 44% della componente femminile.
Occupati con laurea sul totale degli occupati tra 25-29 anni (1992-2023)

Elaborazioni su dati Eurostat
Il confronto con gli altri Paesi europei evidenzia l’esigua presenza di giovani con istruzione terziaria sul mercato del lavoro italiano; la componente maschile si colloca agli ultimi posti della classifica: solo Romania, Ungheria e Cechia hanno meno laureati di noi. La media europea si attesta a 38%, ma Spagna e Francia possono contare su una quota di occupati con istruzione terziaria più che doppia rispetto a quella del nostro Paese (Figura 2). Anche la componente femminile non supera la quart’ultima posizione nella graduatoria europea, ma la percentuale di laureate sale quanto meno a 44%.
Laureati uomini occupati sul totale degli occupati di 25-29 anni (2023)

Elaborazioni su dati Eurostat
Buone competenze matematiche a 15 anni
Perché sono così pochi i giovani italiani che studiano fino al conseguimento della laurea, mentre la maggioranza dei francesi e degli spagnoli riesce a raggiungere questo traguardo? Il confronto con gli altri Paesi mostra che i risultati scolastici rilevati dal PISA (Programme for International Student Assessment) sono abbastanza simili: le competenze matematiche dei quindicenni italiani di genere maschile sono anche migliori rispetto alla media, e in particolare sono superiori a quelle di Francia e Spagna (Figura 3). Il confronto di genere evidenzia il fatto che in Italia le ragazze sono più brave in lettura (491 contro 472) e i ragazzi sono più bravi in matematica (482 contro 461), ma anche in questo caso la differenza non sembra tale da giustificare il grande divario osservato nel conseguimento della laurea.
Punteggi in matematica degli studenti 15enni maschi nei Paesi Ocse (PISA 2022)

Elaborazioni su dati Ocse
Le prospettive dei diplomati sul mercato del lavoro
Una possibile spiegazione potrebbe essere rappresentata dalle prospettive occupazionali dei diplomati. La probabilità di trovare lavoro dei giovani diplomati è infatti nettamente maggiore di quella delle persone senza diploma: passa rispettivamente da 12% a 38% per la componente maschile e da 4% a 12% per la componente femminile (Figura 4), e questa maggior probabilità di occupazione dei diplomati di genere maschile potrebbe incentivarli ad interrompere gli studi dopo il conseguimento del titolo secondario.
Tassi occupazione dei 15-24enni per titolo di studio e genere (2023)

Elaborazioni su dati Eurostat
È da notare anche, per contro, l’esigua differenza di retribuzione tra occupati con e senza diploma, che potrebbe agire nella direzione opposta riducendo l’incentivo all’abbandono degli studi. In Italia, infatti, posta uguale a 100 la retribuzione di un occupato senza diploma (che lavora a tempo pieno per l’intero anno), la retribuzione di un diplomato risulta sostanzialmente identica (103). Dopo la laurea, invece, la retribuzione di un occupato della stessa classe d’età diventa sensibilmente maggiore (170), e questo incremento dovrebbe incoraggiare il proseguimento degli studi da parte dei diplomati (Figura 5). Il confronto con gli altri Paesi evidenzia il fatto che solo in Italia l’incremento di retribuzione conseguente al diploma è così inconsistente: per la media Ocse la retribuzione sale infatti a 122, a 110 in Spagna, e a 139 in Francia, senza per questo ridurre l’incentivo al conseguimento del titolo terziario.
Nel grafico di seguito la retribuzione per titolo di studio di un occupato di genere maschile e di età 25-34 anni, che lavora a tempo pieno per l’intero anno, in percentuale della retribuzione di un occupato senza diploma in alcuni Paesi europei al 2023.

Elaborazioni su dati Eurostat
La carriera
Infine, un ulteriore incentivo al conseguimento del titolo terziario potrebbe essere rappresentato dalla maggior probabilità dei laureati di accedere a ruoli apicali, ma in Italia questo incentivo è debole perché la probabilità di un occupato con laurea di essere dirigente non è molto diversa da quella di un occupato non laureato. Nel nostro Paese infatti la probabilità di un occupato senza laurea di essere dirigente è pari a 4,3% per la componente maschile e a 2,3% per la componente femminile. Questi valori non sono molto diversi dalla media europea (rispettivamente 4% e 2,2%), ma mentre negli altri Paesi la probabilità dei laureati di arrivare alle posizioni apicali cresce di gran lunga rispetto ai non laureati, in Italia la differenza è sensibilmente più ridotta. Nel nostro Paese infatti si passa da 4,3% a 5,9% per gli uomini e da 2,3% a 2,7% per le donne, contro un incremento che va da 4% a 10,6% per gli uomini e da 2,2% a 6,1% per le donne nella media europea.
Di conseguenza, mentre nei Paesi europei la maggioranza dei dirigenti possiede un titolo di studio terziario, in Italia i dirigenti con laurea sono solo una esigua minoranza. Per la componente maschile la quota dei manager laureati è del 57% in media europea, ma scende a 25% in Italia (Figura 6). Per la componente femminile le percentuali sono più elevate: 67% in media europea e 36% in Italia.
Occupati dirigenti laureati 15 anni e più in percentuale del totale occupati dirigenti maschi

Elaborazioni su dati Eurostat
Gli stereotipi hanno ancora un ruolo?
Gli stereotipi di genere hanno un ruolo fondamentale nella spiegazione delle differenze di occupazione, retribuzione e carriera della popolazione femminile, e di conseguenza la lotta agli stereotipi trova ampio spazio nelle politiche europee di gender equality. Qual è il loro ruolo nella spiegazione delle differenze di istruzione terziaria, dove lo svantaggio è del genere maschile? E, in particolare, quanto pesa lo stereotipo del breadwinner, per cui è l’uomo che deve reggere il peso economico del sostentamento familiare?
I primi dati disponibili della recente Indagine sugli stereotipi sui ruoli di genere nel nostro Paese (Istat 2023) evidenziano che è ancora ben presente nella componente maschile la convinzione che debba essere soprattutto l’uomo il principale sostegno economico della famiglia. Nella Tabella 1 è riportata la percentuale di persone che sono d’accordo con alcuni stereotipi sui ruoli tradizionali di genere: gli uomini che concordano con l’affermazione «è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia» sono il doppio delle donne (23% contro 11,5%).
% di persone tra 18-74 anni molto-abbastanza d’accordo con stereotipi sui ruoli tradizionali di genere

Istat 2023
Gli obiettivi dell’Unione europea
Sia l’Unione europea sia l’Ocse evidenziano la persistenza degli stereotipi nel tempo e il loro condizionamento sulle scelte dei percorsi formativi, e di conseguenza la nuova Strategia per l’uguaglianza di genere del Consiglio d’Europa mette la lotta contro gli stereotipi al primo posto delle sei aree strategiche di intervento per il periodo 2024-2029. In particolare, per quanto riguarda la scelta degli studi, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato una risoluzione in tema di istruzione e formazione (Verso uno spazio europeo dell’istruzione e oltre 2021-2030) che sottolinea la necessità di «individuare misure politiche in grado di incrementare il successo scolastico di tutti i discenti», e ha stabilito un obiettivo secondo cui la quota di laureati, tra le persone di 25 e 34 anni, dovrebbe essere almeno del 45% entro il 2030. Attualmente (2023) la componente femminile ha già superato questo obiettivo in Europa (49%), mentre si attesta a 37% in Italia. La componente maschile, invece, è ancora ferma a 38% in Europa e a 24% in Italia (Eurostat 2025). La lotta agli stereotipi richiede tempi lunghi. Non sarà facile, per il nostro Paese, raddoppiare in cinque anni i giovani uomini laureati.
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